Come ti ammazzo il bodyguard, un insopportabile mix di violenza e risate in stile anni Ottanta

Il film con la strana coppia Ryan Reynolds e Samuel L. Jackson è l’esempio d’un genere vecchio di trent’anni che mescola action e buddy movie. Scene d’azione e battute si sovrappongono. Così la violenza diventa divertente, e si ride quando si ammazza qualcuno. Inguardabile.

Come ti ammazzo il bodyguard, con Ryan Reynolds e Samuel L. Jackson

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Come ti ammazzo il bodyguard, con la coppia Ryan Reynolds e Samuel L. Jackson, successo planetario da quasi duecento milioni di dollari è la conferma del fatto che gli anni Ottanta, purtroppo, non muoiono mai.

In quel decennio, infatti, prese piede un nuovo sottogenere cinematografico, che metteva insieme il buddy movie – due personaggi caratterialmente agli antipodi costretti a convivere, modello La strana coppia – con l’action fracassone, eliminando la separazione tra scene d’azione e scene comiche. Insomma, le sequenze di sparatorie e ammazzamenti si trasformano in gag: e la violenza diventa divertente.

I primi timidi tentativi di mescolamento dei generi risaliva agli anni Settanta (Una strana coppia di sbirri), ma è nel decennio successivo che il genere giunge alla canonizzazione. All’inizio, con un residuo pudore, mantenendo separate le risate dalla violenza: e infatti in 48 ore (1982), con la perfetta coppia Nick Nolte e Eddie Murphy (poliziotto e malvivente, bianco e nero, grasso e magro), sequenze d’azione e divertenti ancora si alternano, restando nettamente distinte.

Ma le cose cambiano velocemente, le sceneggiature aumentano il tasso di battute e attori come Bruce Willis e Arnold Schwarzenegger (non inganni la sua apparente freddezza) spingono sempre più sul pedale del comico. L’esito finale, esempio insuperato di un genere che della moralità dello sguardo non sa che farsene, è Arma letale, la serie con Mel Gibson e Danny Glover, che frulla senza vergogna torture e sghignazzi.

Dopo ci sono stati solo aggiustamenti, filtrando attraverso il tarantinismo anni Novanta, ovviamente riutilizzato in versione degradata, un gusto della messinscena sempre più estremizzato, brutale e parossisticamente spassoso. Così si può tranquillamente giungere a un film quale Come ti ammazzo il bodyguard, variazione stanchissima che si fatica a immaginare uscito fuori dalla penna di uno sceneggiatore, talmente ripetitivi sono i caratteri e le situazioni.

Stavolta abbiamo a che fare con una guardia del corpo eccezionale, il noiosetto e perfettino Ryan Reynolds, che deve salvare la vita al più terribile dei killer a pagamento, lo sboccato e però travolgente Samuel L. Jackson. Il tipo ha ucciso almeno 250 persone: ma per renderlo simpatico agli occhi dello spettatore ci si inventa un passato lacrimevole, e soprattutto un vero cattivo su cui si concentrano tutte le antipatie, il solito signore della guerra di imprecisato paese dell’est Europa che s’è macchiato di ignominie inimmaginabili (interpretato da Gary Oldman al di sotto del minimo sindacale).

Jackson è l’unico che può testimoniare contro di lui, per cui alla fine è il buono. Anche perché è un vero cucciolone, innamorato perso d’una donna più pericolosa di lui (Salma Hayek), di cui s’è invaghito quando l’ha vista sgozzare un tizio durante una rissa, un momento che mette insieme violenza insostenibile, comicità e romanticismo (con tanto di colonna sonora sentimentale). I morti non si contano. Ma quante risate. Un film impresentabile: non metterebbe conto parlarne, se non fosse spia d’uno scadimento del gusto e d’una anestetizzazione emotiva di noi spettatori che dura ormai da decenni.