Tributo a Chester Bennington: le 5 migliori canzoni dei Linkin Park, simbolo degli anni Duemila

Scegliere solo 5 canzoni nella sterminata produzione di qualità dei Linkin Park è stato molto difficile; un piccolo omaggio ad un enorme talento.


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Pensare di scegliere solo 5 canzoni nell’immensa quantità di brani di qualità prodotti da Chester Bennington e i Linkin Park nei loro 18 anni di carriera è un’impresa davvero difficile, soprattutto in una giornata come oggi.

I Linkin Park sono una delle band simbolo della musica alternativa degli anni 2000 e brani come In The EndSomewhere I Belong o Numb sono stati la colonna sonora di chiunque fosse adolescente in quel periodo, soprattutto la mia.

Pensare ad oggi che One More Light sarà il loro ultimo lavoro discografico, o almeno l’ultimo con l’inconfondibile voce di Chester Bennington, porta a fare una lunga riflessione sulla loro carriera ed evoluzione musicale.

Per questo ho scelto più che i 5 brani più belli in senso assoluto, quelli che personalmente ho ritenuto più significativi, per la band e per chi almeno una volta ha pensato che quei testi rispecchiassero esattamente le sue emozioni in quel momento.

In The End è stato il singolo che per primo nel 2001 ha consacrato i Linkin Park al successo internazionale, estratto dall’album Hybrid Theory, disco di maggiore successo del genere nu metal e album di inediti piú venduto di tutti gli anni 2000.

Numb invece viene dall’album Meteorasecondo disco pubblicato dai Linkin Park nel 2003 e, se posso, il mio preferito. Numb esprime, con tutta la rabbia adolescenziale possibile, la sensazione di essere invisibili pur diventando costantemente oggetto di critica da parte dell’autorità (scolastica, genitoriale…). Numb urla tutta la frustrazione di non poter esprimere se stessi, costretti troppo spesso a camminare in binari prestabiliti che non consentono di fare errori e affermare la propria identità, portando a sentirsi impalpabili e vuoti, ma soprattutto diversi.

What I’ve Done è stato l’ultimo brano ad essere stato composto per il disco Minutes to Midnight nel 2007, e vuole spingere chi lo ascolta a interrogarsi su cosa abbia fatto per il mondo in cui vive e in generale della propria vita. Il singolo è stato colonna sonora del film Transformers uscito lo stesso anno.

Burn It Down è stato il primo singolo estratto nel 2012 da Living Things, scelto dalla band per il debutto del disco e ritenuto da Bennington il più difficile da cantare dell’intera tracklist.

Heavy invece è stato il primo singolo pubblicato dalla band con il featuring di una voce femminile, la cantante Kiiara. A molti fans della vecchia guardia non è piaciuta la svolta pop dell’ultimo album One More Light, uscito quest’anno. Personalmente mi sono trovata d’accordissimo con Bennington e il suo rispondere alle critiche, dicendo che a 41 anni fosse assurda la richiesta di continuare a comporre brani pregni di quel sentimento di rabbia adolescenziale che li aveva contraddistinti in passato.

Fa molto effetto vedere il video con Chester Bennington che lotta contro i propri demoni interiori e, a posteriori, la frase “I don’t like my mind right now” con cui il brano comincia, si carica di una tristezza insopportabile.

Sono moltissimi gli altri brani che andrebbero citati, da Castle Of Glass   a My December, ma voglio chiudere con una nota di speranza e quella Battle Symphony che da oggi, almeno per me, sarà ancora più un incentivo a non arrendersi di fronte alle difficoltà.

If my armor breaks, I’ll fuse It back together.