Cane mangia cane, il cinema inattuale di Paul Schrader (recensione)

Nome simbolo della New Hollywood anni Settanta, Schrader firma un noir scostante e senza romanticismo, interpretato da Nicolas Cage e Willem Dafoe. Un film che volutamente si pone ai margini della Hollywood di oggi. A cinema dal 13 luglio.

Cane mangia cane, il film di Paul Schrader con Nicolas Cage

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Nei saldi di fine stagione può capitare che compaia anche l’ultimo film, Cane mangia cane (Dog Eat Dog, 2016), di un maestro riconosciuto come Paul Schrader. Un cineasta colto, anche saggista – si pensi all’imprescindibile Il trascendente nel cinema –, figura essenziale della New Hollywood, sceneggiatore dei capolavori di Scorsese (Taxi Driver, Toro scatenato, L’ultima tentazione di Cristo) e regista di film importanti, persino un grande successo di cassetta, però raffinato e cinefilo, come American Gigolò.

Da anni, ormai, Paul Schrader è relegato in una posizione defilata, firmando film pessimisti sulla fine di Hollywood (The Canyons) e persino progetti sottratti al suo controllo (Il nemico invisibile, che ha disconosciuto). È tutto indiscutibilmente suo invece Cane mangia cane, che dopo esser passato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2016 ha fatto pochissima strada (si guardi lo sconfortante box office).

La patina della storia, tratta dal romanzo omonimo di Edward Bunker, assomiglia a un noir. I protagonisti, come vuole il genere, sono dei predestinati alla sconfitta, un terzetto di criminali di mezza tacca, il leader Troy (Nicolas Cage), il tossico psicolabile Mad Dog (Willem Dafoe), il corpulento Diesel (Christopher Matthew Cook). I tre, per svoltare, accettano di rapire un bambino per conto di un boss della mala. Un errore fatale compromette il colpo: da lì in poi le cose non potranno che peggiorare.

Nonostante il nome del personaggio di Dafoe sia probabilmente memore del Mad Dog Earle di Humphrey Bogart in Una pallottola per Roy, caposaldo del romanticismo noir, in Cane mangia cane di romanticismo non c’è traccia. I tre criminali sono troppo repellenti per poter attivare qualunque immedesimazione nello spettatore. Schrader predispone il tono del film sin dalla prima sequenza, in cui Mad Dog si macchia d’un crimine tanto crudele quanto inutile, mostrato con una brutalità respingente (l’attrazione ambivalente per il sangue, tra sacralità e orrore, è un tratto che il regista condivide con Scorsese).

Se la verbosità dei personaggi ricorda lo humour nero alla Tarantino, il modo con cui la violenza è messa in scena è assai più tragico e disperato. E nonostante il gusto della citazione, da Bogart a Marlene Dietrich, il film non indulge nella confortevole nostalgia per il cinema d’una volta. Attraversato da una tensione per nulla pacificata, la forma di Cane mangia cane è sempre sul punto di esplodere, saltando senza ragioni apparenti dal bianco e nero al colore e a colori densi e saturati, split screen, immagini survoltate e drogate come i protagonisti di questa storia destinata a inabissarsi in un vicolo cieco.

Forse Cane mangia cane, che dal punto della coerenza della sceneggiatura desta qualche perplessità, non va preso nemmeno troppo sul serio. Difficile però, vista anche la cinefilia di Paul Schrader, resistere alla tentazione di leggere una consapevolezza teorica in un film che suona come una scheggia di cinema inattuale (come la faccia di Nicolas Cage, ormai fuori dal mainstream hollywoodiano), che con la sua struttura apolide, debordante, disillusa, pare volutamente estraniarsi dal panorama estetico che lo circonda.