Cannes 2017, il penultimo giorno arrivano Polanski e Joaquin Phoenix

Sta per terminare un'edizione di Cannes non indimenticabile. L'ultima opera in concorso è della britannica Lynne Ramsey. Fuori concorso il nuovo film del maestro polacco. Arriva un premio per il cinema italiano, al film "A Ciambra" di Jonas Carpignano, nella Quinzaine.

Cannes 2017, in chiusura arrivano Polanski e Joaquin Phoenix

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Sono già vari giorni che si susseguono i bilanci sulla edizione numero 70 del festival del cinema di Cannes, rilanciando i tanti giudizi degli addetti ai lavori e dei critici più accreditati. Riflessioni che, lo si accennava già ieri, lamentano una qualità media non alta, soprattutto per il concorso, che anche ieri, non ha rialzato le sue quotazioni, vista l’accoglienza riservata all’intrigante ma pasticciato film di François Ozon – per Variety “un thriller erotico piacevolmente contorto”; “stupidità da softcore”, invece, la stroncatura del Guardian – e al dramma della vendetta del turco-tedesco Fatih Akin – “il tv movie della settimana”, ancora Peter Bradshaw sul Guardian.

Per l’ultimo giorno di proiezioni di Cannes 2017 arrivano Joaquin Phoenix e Roman Polanski. L’attore americano è il protagonista dell’ultimo film in gara, You were never really here di Lynne Ramsey, una delle pochissime registe donna in competizione (quello della sottovalutazione dell’altra metà del cielo è un’altra delle dolenti note del festival). Polanski invece, sul cui ritorno – fuori concorso – sono comprensibilmente puntati tutti i riflettori, giunge sulla Croisette con un film, D’aprés une histoire vraie, interpretato ancora una volta dalla moglie Emmanuelle Seigner.

Nel frattempo giungono i primi responsi, i premi assegnati dalla Quinzaine des Réalisateurs, e c’è anche un pezzetto di Italia: il premio più importante l’Art Cinema Award, è stato dato a The Rider, opera seconda della regista cino-americana Chloé Zhao; all’italiano Jonas Carpignano, autore di A Ciambra, racconto tra fiction e realismo documentario ambientato nella comunità Rom di Gioia Tauro, è invece andato l’Europa Cinemas Label Award, riconoscimento assegnato dagli esercenti per favorire la distribuzione del film vincitore nelle sale europee; Claire Denis (Un beau soleil interieur) e Philippe Garrel (L’amant d’un jour), hanno invece ottenuto il SACD Prize, assegnato dal sindacato dei registi e sceneggiatori francesi.


You were never really here di Lynne Ramsay, in concorso

You were never really here di Lynne Ramsay è solo il terzo film diretto da una donna sui 19 totali in concorso, dopo le pellicole di Sofia Coppola e Naomi Kawase – anche se alcune delle cose più belle viste in questo Cannes 2017, rigorosamente nelle rassegne collaterali, sono stati firmati da donne, da Un beau soleil intérieur di Claire Denis alla Agnès Varda di Visages Villages.

La regista britannica Ramsey è molto apprezzata in patria (spesso presente in nomination ai Bafta, gli Oscar inglesi) e anche a Cannes vanta ben cinque partecipazioni nelle varie sezioni. Anche il suo ultimo film, …e ora parliamo di Kevin (2011), la sua produzione internazionale più nota, era passato in concorso. Stavolta l’autrice, che ha al suo attivo storie anche dure (Morvern Callar), torna con una vicenda decisamente forte, basata su un racconto dell’ideatore della serie televisiva Hbo Bored to Death Jonathan Ames, con al centro un veterano di guerra dal passato tormentato che vuole salvare dalla strada una prostituta, scontrandosi ovviamente con i protettori.

Il protagonista, come accennavamo, è uno dei più talentuosi attori americani, quel Joaquin Phoenix che in questi ultimi anni tra Her e i due ultimi lungometraggi di Paul Thomas Anderson, The Master e Inherent Vice ha disegnato alcuni dei più indimenticabili personaggi del cinema statunitense contemporaneo. Nonostante la sua fama di attore “difficile” il lavoro con la Ramsey sembra essere filato molto liscio: “C’è qualcosa in lei – ha dichiarato Phoenix – ha un modo di sentire le cose molto forte. Stavamo filmando questa scena con io che galleggiavo in una piscina, e Lynne ci si è buttata dentro, per starmi il più vicino possibile. Una volta finito, era sera, lei mi ha salutato e s’è avviata alla macchina, ancora tutta bagnata. Ho una grande ammirazione per persone così, che dànno tutto quello che hanno e sono devote al proprio lavoro”.

You were never really here, quarto lungometraggio della Ramsey, vanta anche una colonna sonora firmata dal chitarrista dei Radiohead, Jonny Greenwood. L’autore del racconto di partenza presenta la sua storia come un omaggio alle atmosfere di Raymond Chandler e Donald Westlake, mentre il cinefilo in questa vicenda di riscatto e redenzione, vedendo anche le prime immagini, non potrà evitare di riandare a Martin Scorsese e a quell’ambientazione tra alienazione e solitudine urbana di film come Taxi driver. Il film sarà distribuito da Amazon, ma non è ancora annunciata una data di uscita.


D’aprés une histoire vraie di Roman Polanski, fuori concorso

Il meglio alla fine. Una regola che vale anche per Cannes 2017, che lascia volutamente quasi in chiusura il nuovo film di Roman Polanski, D’aprés une histoire vraie (Based on a True Story), la cui partecipazione è stata annunciata solo all’ultimo minuto. Il regista ha sempre avuto un rapporto molto intenso con la Francia, d’altronde sebbene polacco, è nato a Parigi nel 1933, e in Francia, paese di cui ha la cittadinanza, ha realizzato alcuni film, tra cui il bellissimo L’inquilino del terzo piano, con cui partecipò nel 1976 in concorso a Cannes, festival che ha anche vinto una volta con Il pianista, nel 2002 (che gli fruttò anche l’Oscar per la regia).

D’aprés une histoire vraie arriva a quattro anni distanza dall’ultimo Venere in pelliccia, è tratto dal romanzo omonimo di Delphine de Vigane e si avvale d’una sceneggiatura scritta una quattro mani dal regista insieme ad Olivier Assayas (che a Cannes l’anno scorso vinse il premio per la regia con Personal Shopper). Oltre alla moglie Emmanuel Seigner vede come coprotagonista Eva Green: la prima è una scrittrice in pieno stallo creativo e preoccupata delle lettere anonime che l’accusano d’aver spiattellato la sua vita familiare nel romanzo che le ha dato il successo; l’altra invece è una sua ammiratrice che s’avvicina alla scrittrice, finendo per invaderne la vita. Eva contro Eva, un gioco al massacro di burattini e burattinai, un thriller psicologico attraversato da una palpabile tensione erotica: tutti tratti caratteristici del cinema dell’anziano maestro.

Non è escluso che in occasione di questa partecipazione a Cannes si torni a parlare della condanna per violenza sessuale a una ragazza di tredici anni per la quale il regista abbandonò gli Stati Uniti nel 1978 non potendovi fare più ritorno. Il caso è tornato d’attualità recentemente perché un giudice del tribunale della California ha rigettato la richiesta di chiusura con la motivazione che Polanski non può discutere la causa mentre si trova all’estero. Nel gennaio scorso, inoltre, sempre per la stessa ragione, il regista ha dovuto rinunciare all’invito a presiedere la giuria del premio Cèsar, il più importante riconoscimento del cinema francese, viste le proteste di diverse associazioni femministe, rincarate dalla voce della ministra francese per i diritti delle donne Laurence Rossignol, che si dichiarò “scioccata e sorpresa” per l’infelice scelta di Polanski come presidente.