L’eccezione alla regola, il mito di Howard Hughes rivive con Warren Beatty

La stella di Hollywood torna al cinema con un film ambiziosamente "scritto, diretto e interpretato". E sceglie un personaggio controverso, l'eccentrico miliardario Howard Hughes. Una tragedia raccontata nei toni di una farsa.

L'eccezione alla regola, il ritorno al cinema di Warren Beatty

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Per L’eccezione alla regola (Rules Don’t Apply, 2016), suo ritorno al cinema quindici anni dopo l’ultima apparizione, l’ottantenne Warren Beatty ha scelto di raccontare uno dei più controversi miti americani, Howard Hughes.

Hughes è stato magnate dell’industria multimilionario, appassionato d’aviazione e cinema (interessi che mise insieme nell’unico film da lui veramente diretto, Hell’s Angels; altri ne ha prodotti, e rovinati), un eccentrico preda di ossessioni ai limiti della follia (e oltre). Un personaggio bigger than life, fatto apposta per le pagine d’ un romanzo o un film.

Il cinema l’ha ripagato con un interesse costante: morboso nel caso di Orson Welles, altro carattere bigger than life, che oscuramente proiettando qualcosa di sé su Hughes, lo usò come modello per l’enigmatico Charles Foster Kane di Quarto potere, ritornandovi anche nel testamentario F come falso. Ed è giusto il caso di ricordare, data la morte pochissimi giorni fa, la commedia di Jonathan Demme, Una volta ho incontrato un miliardario, storia tra verità e leggenda d’un Howard Hughes barbone munifico che nomina suo erede l’uomo che l’ha raccattato nel deserto; e ovviamente The Aviator, biopic di Martin Scorsese.

Col quale L’eccezione alla regola, scritto, diretto e interpretato da Warren Beatty (che ha quasi trent’anni più del personaggio) condivide poco. Ci sono le ossessioni di Hughes, naturalmente, ma inserite in un contesto quasi da commedia, nel quale a far da reagente alla storia del miliardario c’è quella sentimentale tra la giovane attrice Marla (Lily Collins) messa sotto contratto dal magnate (ne manteneva decine, senza far fare loro nulla) e l’autista Frank (Alden Ehrenreich), il cui obiettivo è entrare nelle sue grazie per proporgli un affare immobiliare.

Il tira e molla tra i due, religiosissimi e irretiti dalle mille luci del cinema e della possibile ricchezza, è la parte più debole de L’eccezione alla regola. Conta l’Howard Hughes di Warren Beatty, che duplica nel narcisismo del personaggio il suo personale di star hollywoodiana, trovando però la chiave per raccontarne l’eccentricità capricciosa e pericolosamente infantile. “Temo di essere ancora più un figlio che un padre”, dice Hughes, e la paura di crescere pare la vera ossessione del personaggio.

L’infantilismo dilaga nei personaggi che gli fanno da corte: sedotti sì pragmaticamente dai suoi soldi, ma anche dall’aura di eccezionalità che il potere gli dà. E ne restano soggiogati tutti – “Dovrebbe essere presidente, nessuno è come lui”, dice Marla -, su su fino alle stanze del potere politico e finanziario. E tanti mettono letteralmente a repentaglio la vita per lui, negli spericolati voli cui Hughes li costringe.

L’eccezione alla regola è sbilanciato, di stile classico anche superato, com’era da aspettarsi dal vecchio leone Beatty per il suo ritorno al cinema. Ma il ritmo ondivago tra tragedia e farsa rende bene l’instabilità attraente del personaggio, e nella sua follia si riflette qualcosa che, palesemente, non riguarda solo lui. Il film è stato un fiasco, ovviamente: quasi tutto quello che tocca Hughes (e pure Beatty) è destinato a fallire.