Moglie e marito, con Favino e Smutniak un’esile commedia fantasy sullo scambio di ruoli

Nel film di Simone Godano, la Smutniak finisce nel corpo di Favino e viceversa. Lo scambio d'identità vorrebbe spingere a riflettere sul modo in cui maschi e femmine si rapportano all'altro sesso. Ma la recitazione caricaturale di entrambi rafforza gli stereotipi invece di abbatterli.

Moglie e marito con Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak

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Come deve recitare un attore che interpreta un personaggio dell’altro sesso? È la sfida di Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak, alle prese con i ruoli di Moglie e marito di Simone Godano (sceneggiatura di Giulia Steigerwalt), nel quale vengono scambiate le identità d’una coppia di lunga data – ovviamente in crisi coniugale. Così nel corpo del neurochirurgo Andrea s’installano pensieri e memorie della giornalista televisiva Sofia. E viceversa.

Come affrontare dunque l’immersione nel sesso opposto? Howard Hawks, maestro della commedia hollywoodiana, raccomandava di evitare assolutamente la caricatura. E raccontava una storiella su Cary Grant, che in Ero uno sposo di guerra (1949) doveva interpretare un ufficiale che si traveste da donna. Grant pensava di puntare sul classico repertorio di vezzi e moine. Hawks, per dimostrargli che si sbagliava, indossò lui degli abiti femminili, e insieme all’attore andò a una festa, durante la quale si comportò con naturalezza, senza fare niente di speciale. Praticamente un uomo vestito da donna. L’effetto fu spiazzante, credibile e, soprattutto, esilarante. E così Cary Grant nel film, pur indossando una improbabile parrucca di crine di cavallo, resta integralmente se stesso, con effetti comici impagabili e stranianti.

L’aneddoto è probabilmente inventato – Hawks era un impenitente contaballe. Ma è importante la lezione di recitazione che se ne ricava, più o meno la stessa della Katherine Hepburn de Il diavolo è femmina (1935) di George Cukor, in cui si fingeva uomo attraverso, abbigliamento a parte, dettagli impercettibili, mai grotteschi. Ma sono modelli evidentemente antiquati per Moglie e marito, che pesca la vicenda dall’immaginario cinematografico americano degli anni Ottanta, pieno di commedie con scambi d’identità, tra uomini e donne (Un ragazzo come gli altri), genitori e figli (Tale padre tale figlio), bianchi e neri (Soul man).

Quasi sempre quei film, per un malinteso senso di comicità, puntano su una recitazione macchiettistica, esasperata. Col risultato che queste pellicole, nate forse per mettere in discussione i luoghi comuni identitari, finiscono per rafforzarli. Cioè quel che succede in Moglie e marito, in cui la femminilità di Pierfrancesco Favino è giocata su un assortimento di mossette, sospiri e mani pendule, mentre la mascolinità di Kasia Smutniak è presa di peso dall’interpretazione di Ellen Barkin di Nei panni di una bionda (1991) di Blake Edwards, con gag identiche su goffaggini e insofferenza ai capelli lunghi.

Paradossalmente in Moglie e marito le versioni ribaltate dei sessi sono più stereotipate degli originali. Così mentre la Sofia di Kasia Smutniak è una donna di carattere, la Sofia di Pierfrancesco Favino diventa una femminuccia iperemotiva e piagnucolosa. Simone Godano ha rivendicato la scelta di aver fatto un film poco italiano. Che effettivamente guarda alla commedia statunitense: però, appunto, di trent’anni fa, vista meccanicità del racconto e presenza di oggetti terribilmente vintage, come l’apparecchiatura a valvoloni responsabile dello scambio d’identità che avrebbe potuto inventare lo scienziato pazzo Doc Brown. Datata è pure la morale consolatoria: perché una volta indossati i panni dell’altro, i coniugi impareranno a comprendersi, superando la crisi e trasformandosi nella famiglia carosello con bimbi al parco.