Di padre in figlia su Rai1, recensione in anteprima: un film in 4 puntate per un romanzo femminista

Va in onda dal 18 aprile Di padre in figlia su Rai1, un racconto dell'emancipazione femminile in Italia diretto da Riccardo Milani con Alessio Boni, Cristiana Capotondi e Stefania Rocca

Di padre in figlia su Rai1

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Debutta il 18 aprile Di padre in figlia su Rai1, ennesima proposta di Rai Fiction che si prepara a macinare grandi ascolti in media con gli ottimi risultati di questa stagione: gli ingredienti per conquistare il pubblico dell’ammiraglia Rai ci sono tutti, a partire dall’ottimo cast e dalla scrittura di qualità, passando per la fascinazione naturale che esercita l’effetto “come eravamo” mescolata ad un’inevitabile tendenza a strizzare l’occhio melodramma.

La programmazione di Di padre in figlia su Rai1 prevede 4 puntate, in onda il 18, 25, 26 aprile e 2 maggio in prima serata: la fiction è pensata e realizzata come un grande romanzo popolare al femminile, per raccontare le conquiste delle donne nella società italiana patriarcale e maschilista che si è evoluta con enormi difficoltà sul terreno dei diritti civili e della parità di genere dal dopoguerra ad oggi.

Le vicende della famiglia di grappaioli Franza si snodano lungo la seconda parte del secolo scorso, in trent’anni dal 1958 agli anni ’80, sullo sfondo di una provincia, quella bassanese, poco raccontata ma emblematica dell’Italia di quegli anni. Di padre in figlia è il ritratto dello spaccato di un’Italia bigotta e retrograda, o almeno così la definiremmo oggi. Per l’epoca, invece, quella era l’unica forma mentis conosciuta, come ha spiegato il cast nella conferenza stampa di presentazione della fiction: una società fondata sull’autorità maschile, con le donne relegate ad angelo del focolare (d’altronde avevano da poco conquistato il diritto al voto), frutto di retaggi culturali duri a morire. Eppure nel fermento sociale degli anni ’60 qualcosa cambia, già prima del ’68, come dimostrano le inquietudini delle protagoniste: dalla determinazione di Maria Teresa (Cristiana Capotondi), decisa a studiare chimica quando era quasi impensabile farlo per una donna, alla libertà sessuale di Elena (Matilde Gioli), passando per la voglia di riscatto di Franca (Stefania Rocca), moglie infelice di un marito e padre padrone, e per la prostituta interpretata da Francesca Cavallin che si emancipa tra mille pregiudizi.

Un femminismo non ideologico ma de facto, quello mostrato attraverso le storie delle singole protagoniste. Mentre le donne Franza devono combattere con l’autoritarismo e l’analfabetismo del ruvido capofamiglia Giovanni (Alessio Boni), si fanno strada nel paese le lotte per il diritto al divorzio, quello allo studio, quello all’aborto: battaglie da combattere non solo nelle piazze, ma anche in forma privata nelle famiglie, con la progressiva presa di coscienza delle donne di non essere soltanto un complemento al potere maschile.

Tutti i personaggi di Di padre in figlia sono imperfetti e manchevoli: gli uomini sono prigionieri di schemi mentali destinati a fare i conti con una realtà in mutamento, ma anche le donne non sono immuni da lati oscuri (ne sia esempio il fatto che Maria Teresa rapisca il fratello per gelosia nelle prime scene della fiction). Eppure le donne sono accomunate da una motivazione: hanno ancora tutto da guadagnare in termini di libertà, che si tratti di quella di disporre del proprio corpo e della propria vita, o semplicemente di provare ad affermarsi sul lavoro facendo concorrenza agli uomini. Ragioni che le spingono ad emanciparsi coi pochi mezzi a loro disposizione in una società ancora governata da una visione maschilista e padronale, in cui è impensabile che sia una donna e non l’erede maschio a prendere le redini di un’azienda familiare.

L’idea di Cristina Comencini era quella di raccontare l’evoluzione del ruolo delle donne nella famiglia e nella società con una storia in cui gran parte delle famiglie di quelle generazioni possano riconoscersi: per raccontare il cambiamento sociale all’interno dei rapporti familiari e contemporaneamente nel Paese si è fatto ricorso ad un soggetto specifico – una famiglia di contadini poi diventati produttori di grappa nel Veneto degli anni ’60 – e ad una impostazione cinematografica del racconto. Di padre in figlia, per la regia di Riccardo Milani, è quasi un film in 4 episodi che percorre trent’anni di storia avvalendosi anche di immagini di repertorio delle teche Rai, di una colonna sonora che riscopre il cantautorato italiano da Patti Pravo a Lucio Dalla passando per Tenco e la PFM, di una scrittura di qualità che affronta temi di grande importanza storica e generale adattandoli a lotte e ribellioni personali e collettive.

Prodotta da Rai Fiction con Bibi Film Tv da Angelo Barbagallo, scritta da Francesca Marciano, Giulia Calenda e Valia Santella, Di padre e figlia è frutto di un importante impegno produttivo che si fa vedere nella cura dei dettagli, nella capacità di stabilire uno standard di qualità cinematografico e preservarlo nonostante i tempi serrati della lavorazione, come spiegato da Alessio Boni.