Vi presento Toni Erdmann, un padre, una figlia e il capitalismo in mezzo

In una Romania di liberismo e multinazionali, un padre anticonformista e una serissima figlia manager cercano un modo per capirsi. Una commedia satirica insieme comica e drammatica, pubblica e privata, intima e politica. Un film che non assomiglia a nessun altro.

Vi presento Toni Erdmann della regista Maren Ade

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Vi presento Toni Erdmann della regista tedesca Maren Ade è il film d’autore europeo dell’anno. Ha dominato gli Efa, gli Oscar continentali, è stato adorato dai critici (miglior film del 2016 secondo Sight & Sound e Cahiers du Cinéma), adesso è persino annunciato il remake americano con Jack Nicholson.

Vi presento Toni Erdmann è una commedia singolare – a partire dalla durata inusuale per il genere, due ore e quaranta – e ambiziosa, che intreccia l’intimismo d’una storia familiare con un affresco malevolo del capitalismo contemporaneo. Winfried (Peter Simonischek) è un insegnante di musica in pensione, un quasi anziano giocherellone che si diverte a travestirsi per non prendere la vita troppo sul serio. La figlia Ines (Sandra Hüller, molto brava), all’opposto, è serissima, manager workhaolic d’una multinazionale, di stanza in Romania, dove sta lavorando al processo di outsourcing delle attività di un’azienda petrolifera (tradotto: smantellamento e licenziamenti di massa).

Il padre va a Bucarest per riannodare i difficili rapporti con lei e per starle vicino si finge Toni Erdmann, sedicente life coach di top manager, truccato con tanto di imbarazzante parrucca e denti finti. Diventa l’ombra della figlia, mettendola in imbarazzo coi superiori, ma anche spingendola a riflettere sulla sua vita.

Vi presento Toni Erdmann ha una struttura da screwball comedy hollywoodiana, le commedie “svitate” incentrate su personaggi dal comportamento bizzarro. Film che negli anni Trenta (titoli come L’impareggiabile Godfrey, Incantesimo), con la loro vena di follia mettevano in scena con tono ridanciano ma scopertamente politico la follia di un paese fotografato nel bel mezzo della sua più grave crisi economica, tra striscianti conflitti di classe tra ricchi e poveri e la battaglia dei sessi tra uomini e donne.

Allo stesso modo la chiave comica e paradossale, affondata nel mezzo della più grave crisi europea recente, serve a Maren Ade per raccontare la logica intrinseca del capitalismo selvaggio, con le sue ricadute sull’economia e, soprattutto, sulla vita e il modo d’essere delle persone. Un punto di vista sintetizzato dal confronto privatissimo tra una figlia che riproduce fiduciosa il modello dominante e un padre che vi si sottrae con l’istintivo anticonformismo.

Vi presento Toni Erdmann registra con occhio spassionato le dinamiche tipiche del mondo del lavoro: le riunioni coi colleghi, il rispetto inflessibile delle gerarchie (per far sentire il peso del suo ruolo, Ines obbliga un sottoposto con cui ha una tresca a un umiliante gioco sessuale), il maschilismo imperante (il cliente che mortifica volutamente Ines chiedendole di accompagnare la sua compagna a fare shopping). Tra di loro parlano tutti quella lingua di gomma che è l’inglese standard internazionale, insapore, impersonale, basato su pochi vocaboli e formule ripetitive (tanto i contenuti non hanno importanza, come spiega alla manager il coach che la invita a concentrarsi sul proprio linguaggio del corpo e non su quello che dice l’interlocutore).

Maren Ade, la regista tedesca quarantenne di “Vi presento Toni Erdmann”.

Il ritratto del mondo delle corporation è chirurgico e tanto più interessante per come racconta le dinamiche di un capitalismo importato in un paese ex comunista. Fin qui, però, Vi presento Toni Erdmann resta nei confini dell’intelligente film drammatico. Ma la sua ambizione è quella di mescolare dei toni, per rincarare la sua dose di critica attraverso una chiave ironica e paradossale. Purtroppo, proprio il celebrato registro comico del film è la cosa che funziona di meno. In primo luogo perché la screwball comedy, come insegnava Howard Hawks, ha bisogno di un ritmo indiavolato. Mentre il film prosegue lento, impassibile, fedele a un realismo della messinscena quasi documentaristico – camera a mano, campi medi, tempi morti – che diluisce e spegne quasi sempre le gag.

Il film vorrebbe essere una sulfurea satira sociale. Ma per riuscirci avrebbe dovuto puntare o su un protagonista dotato d’una vera consapevolezza politica, antagonista esplicito del mondo la cui logica vuole sovvertire; o un personaggio talmente eterodosso da scompigliare con la sua sola presenza le regole dell’ambiente con cui si confronta. Winfried-Toni non è né l’uno né l’altro: non è un autentico contestatore e nemmeno abbastanza folle. Il suo è il blando e istintivo anticonformismo d’un mattacchione inoffensivo, un padre – magari un filo sopra le righe – che ha a cuore la felicità della figlia, ma è scarsamente consapevole della realtà spietata che gli ruota intorno. Infatti, solo nel momento in cui incontra gli operai della compagnia petrolifera di cui si sta occupando Ines – sono passate ormai due ore di film – finalmente realizza che il compito della figlia è spedire tutti quei lavoratori in mezzo a una strada.

I limiti del personaggio di Winfried, perciò, rendono schematica la satira di Vi presento Toni Erdmann, affidata a generiche dichiarazioni d’intenti (il capitalismo brutale che si prende molto sul serio da un lato; i valori dell’umanesimo e la capacità di ridere di se stessi dall’altro) e gag lente e macchinose (anche se è vero che ognuno possiede il proprio senso dell’umorismo). L’ultima parte, poi, è piuttosto discutibile, tra l’immotivata trasformazione di Ines e il dialogo finale tra i due, che offre un messaggio troppo esplicito, ripiegato sui toni malinconici d’una storia sentimentale, che guarda molto al personale e pochissimo alla dimensione pubblica che sembrava essere il tema polemico del film. Resta lo sforzo apprezzabile della regista Maren Ade, che con Vi presento Toni Erdmann cerca di fare un film insieme comico e drammatico, pubblico e privato, intimo e politico. Un’operazione difficilissima, che fatica a trovare un equilibrio.