Gimme danger, per due giorni al cinema il documentario su Iggy Pop e gli Stooges

Il 21 e il 22 febbraio nei cinema esce il film di Jim Jarmusch dedicato al più incendiario gruppo della storia del rock. Un atto d'amore, pieno di filmati inediti che restituiscono in presa diretta lo spirito di un'epoca. Da non perdere per ogni appassionato di rock che si rispetti.

Gimme danger, il documentario di Jim Jarmusch su Iggy Pop e gli Stooges

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Grazie a Bim e Nexo Digital, il 21 e il 22 febbraio nei cinema italiani viene distribuito Gimme danger, il documentario di Jim Jarmusch su Iggy Pop e gli Stooges, il più incendiario gruppo della storia del rock.

Gimme danger è un atto d’amore. Non è un lavoro di scavo da filologo del rock, ma il tributo di un fan che nella musica cerca il brivido del mito, non l’oggettività della ricostruzione storica. Jim Jarmusch lo ammette, comparendo in apertura per dire enfaticamente che gli Stooges sono “la più grande rock and roll band di sempre”. E per circondare di un alone ancora più leggendario il racconto, sceglie di cominciare dalla fine, da quando, nei primi anni Settanta e dopo soli tre dischi, il gruppo si scioglie.

La storia finisce prima ancora di cominciare. Sintesi perfetta dell’idea romantica e nichilista del rock delle origini, una cultura musicale messa in piedi da giovanissimi (gli Stooges avevano vent’anni all’epoca) che non pensavano al futuro e si nutrivano della pienezza dell’istante. Lo spiega bene Iggy Pop a un certo punto: “Io non voglio appartenere a niente e nessuno, non voglio essere un punk o un alternativo. Io voglio semplicemente essere”.

Qui e ora, nient’altro. Ecco perché, interrogato su quale sia stato il suo contributo alla musica rock, Iggy Pop risponde: “Penso di aver aiutato a spazzare via gli anni Sessanta“, di cui non apprezzava né la cultura hippie né la verbosità dylaniana (“tutto quel bla bla, io volevo scrivere canzoni di venticinque parole”).

Grazie a eccellenti materiali di repertorio inediti, Gimme danger restituisce intatto lo spirito selvaggio degli Stooges, che raggiungeva l’apice in concerti dal sapore teatrale, con canzoni dal significato programmatico come Gimme danger, No fun (che anticipa il “no future” del punk), le perversioni masochiste di I wanna be your dog, che un Iggy Pop allucinato cantava a torso nudo, indossando un collare da cane e contorcendosi come un ossesso, portando alle estreme conseguenze il modello di performer istrionico e sensuale di Mick Jagger e Jim Morrison.

Gimme danger attraverso filmati e documenti restituisce in presa diretta lo spirito di un’epoca, di cui ritrae la leggenda e, inevitabilmente, il malessere, l’estremismo d’una band consumata dalle droghe e dall’incapacità di gestire la realtà. Il documentario racconta anche le origini del complesso, i rapporti con altri artisti, Mc5, Velvet Underground (John Cale produsse il primo disco degli Stooges), David Bowie. Ed emerge l’enorme ascendente che il gruppo avrà sulla scena musicale successiva, dai Ramones ai Sex Pistols ai Sonic Youth.

Comunque, al film manca una messa in prospettiva storica più lucida. Parlano solo i diretti protagonisti, non un critico, non uno degli artisti influenzati dagli Stooges. Così quando nel finale racconta la reunion del 2003, Gimme danger sembra ancora il documentario del fan Jim Jarmusch, che dopo la rabbia giovanile si rifugia nella nostalgia della mezza età per il suo complesso preferito, Iggy Pop e gli Stooges. Ma il sentimento della nostalgia è quanto di più lontano dagli Stooges. Così il tutto suona piuttosto stonato.