Il popolo di Fedez e affini. La musica e i giovani vivono la loro Era Glaciale?

L’avanzare del vuoto e la cultura tramortita. Soffiano venti gelidi e rotolano cespugli. La profezia dei Maya era vera e si è compiuta sulla musica e i giovani d’oggi. Aridatece Gimme Five.

Fedez

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Oggi esiste uno stuolo di scontenti, ognuno di noi ne conosce almeno uno, che eleva il suo lamento timido o sfacciato contro l’inconsistenza di tutto ciò che che viene dai ggiovani. Contro questi ragazzi bellocci e tormentati che circolano oggi guardando un display. Sommi sacerdoti di cotanta tecnologia, di roba supersmart, di velocità luminari e multitasking estremi, ma senza una corrispondenza reale di tutto quel valore nel livello culturale e nella qualità dei contenuti espressi o seguiti (o followati per chi ha lo stomaco forte).

Come se tutta questa carriolata di innovazione fungesse in realtà da perfido debilitante, una lenta e inesorabile flebo che inietta un potente veleno quotidiano in milioni di giovani corpi vaganti senza un apparente destino.

È chiaro che le generalizzazioni sono il diavolo ma stiamo tralasciando le eccezioni, parliamo di fenomeni di massa esistenti e tangibili, come se ne parlerebbe nei peggiori bar di Carrara.

Quelli che ne sanno di più dicono che una certa coglionaggine è sempre stata tipica di giovani e giovanissimi. Anche noi, per dire, ci siamo beccati Jovanotti con gimmefive, piccoli di Pooh con canzoni del capitano, tettone che invocavano ‘boysboys’ perché loro stavano pronte ‘looking for the good time’, e via dicendo. Così come andando indietro nel tempo ci imbatteremmo in capelloni agitati, zampe d’elefante che garriscono nel vento, orridi bacini battenti, vinili rotanti, beat a palla e balli di simone. Amatissimi bimbiminkioni d’epoca che poi, divenuti notai, idraulici e padri di famiglia hanno per lo più ridicolizzato e rinnegato quel loro stadio scimmiesco.

Oggi i nuovi fenomeni musicali si somigliano, per comodità prendiamo Fedez ma il discorso rimane simbolico, non si prende lui i peccati del mondo, sia chiaro.

Dunque Fedez, testa non sul collo ma su un tatuaggio, musiche e liriche con la profondità di una pozzanghera, saccenza tipica da cosmogonia acquisita, soldi facili e consensi a pioggia. Che fare?

Come gli esploratori che cercavano le sorgenti del Nilo potremmo metterci in marcia nella junglagiovane e cercare le sorgenti del consenso di Fedez, cosa scopriremmo? Ebbene ci faremmo largo tra tribù di ragazzine e ragazzini con lingue e nasi traforati, trachee tatuate e orecchie allo spiedo, popoli del piercing e del tattoo estremo. Nel cammino ci fermeremmo a parlamentare con i popoli del ciuffo alla Stash, esemplari con mezzo metro di capello bananiforme in testa e risvoltini ai pantaloni. Salendo ancora troveremmo il popolo delle caviglie nude, adoratori di una feroce divinità che anche a -10 gradi gli impone di calzare scarpe senza calzini ed esporre le carni al gelo e alla cancrena. E via ancora tra fighetti con orologi di lusso, scarpe che valgono lo stipendio di un operaio, ragazzine incomprese in guerra con madri, padri, fratelli, professori e se stesse.

Quasi vicini alla sorgente troveremmo il popolo dei mojito-unzunz, adoratori degli dei Morales, Guetta, Sinclair. Sono notturni, dimenano aree a caso del corpo con un bicchiere in mano, pasticche in tasca e timpani sfondati. Per rilassarsi a casa si concedono una clip di Gandalf con un loop di sax su youtube (al momento oltre 13 milioni di views e vari duplicati).

Ancora in marcia ci difenderemmo da pericolosi esemplari di Rovazzini, Skillini, sciami di fashion bloggers, rocchihunts, favij, amicidimaria e qualche timido papaboy nascosto in un cespuglio.

Ci siamo ecco la sorgente del consenso che cercavamo. C’è dell’acqua, sembra un pozzo. È un pozzo di ignoranza. Missione compiuta, mettiamo la X sulla mappa.

Stanchi e provati dal viaggio di risalita ci sediamo a riflettere sotto un baobab. Se l’Italia è agli ultimi posti nella lettura di libri, se in tv ci sono tronisti e sparatorie, se la politica sembra una puntata dei Simpson, se la scena musicale è pressoché ferma e lo scambio di cultura interpersonale è stato affidato a facebook e whatsapp, quali sono le contromisure possibili? Come possiamo difenderci dal collo di Fedez? Non lo sappiamo, navighiamo a vista.

Asciugandomi la fronte mi appoggio al tronco per un pisolino, mi viene in mente che ‘La mia moto’ di Jovanotti non era poi così male, e mentre il sonno mi prende mi pare di risentirla.