Condotta – a Cuba si cresce in fretta

Arriva nelle sale cinematografiche italiane questo lungometraggio cubano che ha convinto pubblico e critica. Condotta è la storia di un’educazione difficile, di un’insegnante ostinata e di un contesto da risanare. È Cuba, ma potrebbe essere mille altri posti: la differenza è nei particolari, non in certa sostanza.


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Quanto è difficile crescere? Tanto più quando accade lì dove non c’è il minimo indispensabile; quei sacro santi diritti che ogni norma civile di buon senso definirebbe inalienabili. Ci si addentra in certe argomentazioni e inevitabilmente si finisce a parlare di scuola e educazione. Non solo in Italia dove l’argomento, soprattutto dagli addetti ai lavori, è quasi sempre sinonimo di polemica; a torto o a ragione, non è questo il post per deciderlo. Ma a parlare di scuola e del lavoro degli insegnanti, soprattutto quelli in “prima linea” ci si appassiona inevitabilmente; forse perché c’è la consapevolezza anche da parte di chi è distante anni luce da certe logiche elementari, che la scuola è, per chiunque e ovunque, il primo e inevitabile passaggio utile a far addentrare l’essere umano nella comprensione del tutto. Della società, del lavoro. Della vita, in poche parole. E questo, a suo modo è quello che viene descritto anche da questa pellicola, che ha fatto parlare non poco di sé: tante le gratificazioni e i riconoscimenti. Meritati.

Il film è drammatico e si intitola Condotta. È la storia di un bel rapporto, professionale e umano, tra Carmela, una brava insegnante e Chala suo alunno con una vita non facile, come tanti altri suoi coetanei. Sua madre è tossicodipendente e lui porta avanti l’economia della famiglia con attività non del tutto legali. Costretto, perché alternative non ne vede. Il tutto assume significati piuttosto precisi anche in virtù dell’ambientazione: c’è l’isola di Cuba sullo sfondo, con i suoi problemi, i suoi guai, le sue belle cose e le sue sfumature. A colori e in bianco e nero. È per questo che la descrizione della storia poggia inevitabilmente anche su un sottofondo politico, tratteggiato senza enfasi: il che, calcolando le restrizioni culturali che hanno contraddistinto l’isola, sembrerebbe già inequivocabile segno di transizione. Verso cosa e chi, non è ancora dato saperlo.

Chala si muove in un contesto troppo adulto per essere quello di un ragazzino. Perché è un contesto di sopravvivenza e quindi di privazioni, sacrifici e maturità; nel pensare e nell’agire prima del tempo. Quella maturità che è propria di chi è costretto a crescere in fretta, per non soccombere. Rischiano però di soccombere una serie di principi e di valori messi in campo con orgoglio e professionalità dall’anziana insegnante: è innanzitutto lei che si trova a combattere tra mille difficoltà, contro certe pochezze di vedute che vorrebbero condannare il ragazzino ad una sorta di rieducazione. È la vecchia storia del puntare il dito sull’effetto e non sulla causa. E, perdonate il gioco di parole, fa sempre un certo effetto.

La regia di Condotta è di Ernesto Daranas; nel cast ci sono Miriel Cejas, Yuliet Cruz, Armando Valdes Freire, Idalmis Garcia, Armando Miguel Gómez, Amaly Junco, Alina Rodríguez, Silvia Aguila. Il film esce in Italia il prossimo 24 novembre. Potrebbe essere un bel momento per ribadire ancora una volta quanto importante sia il saper insegnare, nel senso di saper trasmettere. Magari poco, ma con estrema umiltà puntando sempre all’orizzonte del giusto. Ovunque e per molti, se non proprio per chiunque.

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