Grey’s Anatomy 13×09 è un classico ricco di emotività e cliffhanger: recensione del winter finale

Grey's Anatomy 13 si congeda dal pubblico con tanti cliffhanger: recensione del winter finale del 17 novembre

Grey's Anatomy 13x09

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Se si va a fondo, si va a fondo tutti insieme“. Così la voce fuori campo di Meredith apre Grey’s Anatomy 13×09, una frase che è un po’ la sintesi filosofica del medical drama, in un finale di metà stagione che lascia il pubblico orfano della serie fino a gennaio. Il palazzo che si sgretola di fronte ai chirurghi è la metafora perfetta di come Alex percepisce al sua vita in quel momento: alla vigilia del suo processo, tutto ciò che ha costruito è sul punto di crollare, per effetto di una sentenza per cui Karev si aspetta dagli 8 ai 10 anni di galera, se tutto va bene.

In quella stessa Seattle dove negli anni ci sono stati scontri d’auto, allagamenti, tempeste perfette, incidenti navali, crolli stradali e perfino leoni a spasso per le vie del centro, stavolta l’ennesima tragedia è un’implosione realizzata con effetti speciali che per la loro evidente mancanza di verosimiglianza fanno anche un po’ ridere. Comincia così una nuova giornata di ordinaria follia al Grey Sloan Memorial Hospital, una di quelle da “protocollo dei disastri” che tante volte, soprattutto nelle stagioni dalla prima alla decima, ha animato gli episodi cruciali. Questo winter finale non fa eccezione: l’evento catastrofico è il preludio ad un’adrenalinica attività chirurgica in ospedale, con decine di casi da affrontare mentre sullo sfondo i drammi personali dei medici sono sempre lì lì per venire a galla, nonostante si sia nel bel mezzo di un’emergenza.

Un classico alla Grey’s Anatomy, come quello smoking che si tira fuori per le grandi occasioni: riproponendo uno schema consolidato già in passato, quest’episodio è tradizionale quanto basta per essere ricordato come un buono spartiacque tra la prima e la seconda parte di questa stagione, finora ottima dal punto di vista dei singoli episodi ma deludente se vista con uno sguardo d’insieme che dovrebbe collegarli e identificali come parte di un tutto. Eppure, per quanto non si colga quell’unitarietà di temi e atmosfere che da sempre ha caratterizzato le migliori stagioni di Grey’s Anatomy (dalla seconda alla sesta, per citare le più memorabili), in ogni episodio di questa stagione ci sono motivi per ridere, riflettere e piangere.

E stavolta si piange a partire dal caso più duro di quest’episodio, quello della dodicenne Winnie che muore in sala operatoria nonostante gli sforzi di Richard per rianimarla. L’incapacità dell’ex capo Webber di abituarsi alla morte è la stessa incapacità dello spettatore ad abituarsi a veder spirare i pazienti: in Grey’s Anatomy ci sono stati centinaia di decessi in questi anni, eppure ognuno emoziona e incupisce come fosse il primo. Soprattutto quando la regia e il montaggio giocano così efficacemente sui personaggi. In questo caso, oltre alla morte della ragazzina nel crollo, c’è l’ulteriore dramma che alza la tensione, ovvero il tentativo della madre di soffocare il proprietario del palazzo che sapeva del pericolo e non ha avvertito nessuno. Come sempre a mettersi nei guai, permettendo alla donna di accedere alla stanza dell’uomo lasciandosi ingannare da una foto, è Ben Warren. Ma è sempre lui, come in altri numerosi casi, a risolvere la situazione impedendole di soffocare l’uomo.

Un episodio difficile per Webber, che dopo aver perso la sua paziente si rende conto di essere sul punto di dover lasciare il campo alla nuova consulente formativa Eliza Minnick: è lei, che si aggira per l’ospedale come ne fosse la padrona e riesce ad ottenere un appuntamento con Arizona, la persona che prenderà il suo posto alla guida del programma di specializzazione, con buona pace della Bailey. Vedere un pilastro come Webber che diventa tutto d’un tratto “ornamental” (ipse dixit) per fare posto all’ultima arrivata stimola necessariamente quella solidarietà immediata e incondizionata nei confronti del capo storico, del papà degli specializzandi, dell’uomo che ha formato la Bailey e gli altri accompagnandoli dal primo giorno da matricole (col famoso discorso sulla cosiddetta “arena”) fino alla piena autonomia da chirurghi. Un’istituzione, ma anche un simbolo di familiarità, di umanità, di lealtà.

https://youtu.be/pWPjBQSOTsY

Ed è proprio la mancanza di lealtà che oggi imputa alla Bailey, ormai sempre timorosa di non rispettare abbastanza la famosa ‘separazione tra Stato e Chiesa’: “Ci introduciamo nei corpi delle persone –  spiega Webber – abbiamo le loro vite e il loro futuro nelle nostre mani, non c’è nulla di più personale di questo lavoro, di come curiamo un paziente, di come istruiamo i nostri medici e gli insegniamo a fare questo mestiere. Ogni decisione che prendi dovrebbe essere una decisione personale. Se non è così, allora non dovresti essere capo“. Posizione discutibile, che probabilmente contrasta con i principi della deontologia medica, ma inevitabilmente contiene in sé un riferimento generale a tutta la storia di Webber in oltre dieci anni di storia di Grey’s Anatomy. La solidarietà dei medici cui ha fatto da mentore, oltre quella scontata della figlia Maggie, è un tributo ad un personaggio amatissimo nonostante tutte le sue debolezze.

https://youtu.be/IotnYqSsR80

Sul fronte Karev, finalmente la trama si smuove: Jo confessa tutta la verità sul suo precedente matrimonio con un uomo violento e sulla sua falsa identità, mettendo Alex nuovamente alla prova. Karev sa che le paure di Jo sono fondate, che davvero si sarebbe messo dei guai se l’avesse saputo prima. Tanto che, guarda caso, nei guai ci è finito per un equivoco di proporzioni ben minori. E il nuovo Alex si vede proprio da qui, da quella volontà di chiarire con Jo incoraggiandola a restare a Seattle, a vivere la sua vita, senza avere paura del suo passato.

Probabilmente è anche per lei che Karev decide di patteggiare accettando di fare due anni di galera piuttosto che rischiarne dieci e doverle dire addio per sempre. A provare a distoglierlo da questo intento che gli rovinerebbe la vita è Meredith, con un discorso che, sulle prime, sembra non fare breccia, ma che servirà a far riflettere Alex prima di incontrare il procuratore. “Io me la caverò, me la cavo sempre, non lo sai? Questo riguarda te, è la tua vita che sarà rovinata” prova a convincerlo Meredith. Salvo poi scoprirsi definitivamente e far leva sul sentimento che Alex innegabilmente prova per lei: “Abbiamo cominciato in cinque, ora siamo solo in due: non puoi lasciarmi da sola“.

Il cliffhanger di quest’episodio riguarda proprio la scelta di Alex: accetterà il patteggiamento o affronterà la corte? Ma non solo: Jo ha detto di voler affrontare serenamente le conseguenze di quanto potrà emergere dal processo, ma la sua intenzione di andare via potrebbe essere usata come un buon espediente per sopperire alla gravidanza dell’attrice Camilla Luddington, che sarà mamma in primavera, allontanandola dallo show per qualche mese. Lo stesso espediente è stato usato per Caterina Scorsone, attualmente in maternità.

https://youtu.be/8QTgq8BmnuE
In quest’episodio il povero Owen ripercorre la sua vita grazie a Nathan, dal tradimento di Cristina alla fine del loro matrimonio perché lei non voleva figli, fino a ritrovarsi nella stessa situazione con Amelia che, colpo di scena, lo lascia con un biglietto chiedendogli di non sentirsi in colpa. La sovrapposizione del discorso di Meredith alle altre storyline in corso è la chicca di quest’episodio, finalmente quell’elemento di coesione che era mancato finora e di cui si sentiva il bisogno. La lealtà è il filo rosso di Grey’s Anatomy 13, adesso sembra sempre più evidente.

https://youtu.be/EVjuxRXzrtQ

Grey’s Anatomy 13×09 è stato un ottimo winter finale, col giusto tasso di emotività e finalmente dei passi in avanti nelle storyline principali di questa stagione. Un episodio che fa ben sperare per l’appuntamento con la seconda parte di stagione in onda dal 19 gennaio su ABC.

https://youtu.be/06bIOdodyKc