Che vuoi che sia, la commedia sui social conferma il talento di Edoardo Leo

Claudio promette in un video di girare un porno con la compagna Anna se il crowdfunding raggiunge la cifra richiesta. I social impazziscono. Anche Anna e Claudio, attratti dal guadagno. Una commedia imperfetta, ma cattiva e vitale, sulla seduzione del denaro e sulle forme di prostituzione cui siamo disposti a sottoporci per averlo.

Che vuoi che sia

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In Che vuoi che sia, quarta regia di Edoardo Leo, l’ingegnere informatico Claudio (Leo) e la supplente di matematica Anna (Anna Foglietta) sono una coppia dalla vita professionale tribolata  che vive a Milano. Claudio ha una buona idea d’impresa tra le mani e per finanziarla lancia una campagna di crowdfunding su internet. Le donazioni scarseggiano e nell’avvilimento, una sera che hanno bevuto troppo, lui posta un video in cui promette di fare un porno amatoriale con la compagna se le donazioni raggiungeranno la cifra richiesta. In men che non si dica il il video diventa virale e le offerte schizzano, superando i duecentomila euro. Anna e Claudio sono catapultati in un vortice di notorietà, con richieste di sponsorizzazione, ospitate in discoteca e in televisione. Ma per incassare la cifra, la coppia è obbligata a esibirsi nel famigerato porno casalingo. Che fare?

Guardando Che vuoi che sia, si finisce fatalmente per paragonarlo alla commedia italiana di maggior successo del 2016, Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, che racconta una generazione di quarantenni talmente dipendenti dai cellulari da essersi inventati una doppia vita: la prima pubblica, rispettabile, la seconda, assai meno irreprensibile, nascosta nella memoria del telefonino. Che vuoi che sia invece ritrae i medesimi quarantenni stritolati dal meccanismo pervasivo dei social network, nei quali ogni nostro atto, una volta postato in rete, è sottratto al controllo individuale e messo nella disponibilità di una comunità indistinta che ne fa ciò che vuole.

Le similitudini tra i due film sono evidenti ed è chiaro che entrambi, con quella propensione tipica della commedia italiana per il racconto in presa diretta dell’attualità, partono da fenomeni di costume socialmente condivisi, legati alla rivoluzione apportata dalla tecnologia nelle nostre vite.

Ma con Che vuoi che sia Edoardo Leo compie un’operazione, almeno in parte, più rischiosa. In Perfetti sconosciuti, infatti, la rottura della membrana protettiva del cellulare scoperchia una realtà di meschinerie che, per quanto sgradevoli, sono confinate in gran parte alla camera da letto e riguardano tradimenti e tendenze sessuali. Vicende che, oltretutto, restano circoscritte nella piccola rete di ipocrisie amicali (ciò che permette l’escamotage del finale alternativo in cui tutti si comportano come se nulla fosse accaduto).

In Che vuoi che sia, invece, di fronte al meccanismo messo in moto dai social network, la distinzione tra pubblico e privato salta completamente. Resta soltanto una dimensione pubblica di nuovo tipo, invasiva e distorcente, in cui gesti, affermazioni e video del singolo vengono riassorbiti in un flusso moltiplicatore di voci che rilanciano, manipolano, spesso dileggiano con una virulenza che si fa forte dell’anonimato e del confortevole senso di irresponsabilità che dà un’aggressione sferrata nella distanza immateriale della rete.

Claudio e Anna, però, non sono le semplici vittime del gioco. Che vuoi che sia è una commedia che, per una volta, invece di ruotare intorno alle solite e in fondo tranquillizzanti storie di corna, ha al centro quell’oggetto di seduzione assai più potente che è il denaro, dal quale dipendono tutte le altre forme di desiderio. I due protagonisti sono inequivocabilmente attratti dai soldi e dai vantaggi secondari, in termini di consumi, fama e opportunità che la ricchezza consente. E con loro sono sedotti lo zio dei due ragazzi (Rocco Papaleo), fotografo squattrinato che s’improvvisa loro manager, e persino i posati genitori di Anna, i quali di fronte all’ipotesi del video reagiscono col meticoloso pragmatismo che ha caratterizzato tutta la loro vita (calcolano anche la quantità di carta igienica che consumano), misurando il rapporto tra costi e benefici.

Edoardo Leo è un ammiratore perspicace della commedia all’italiana classica, e sa che il segreto di quel genere risiedeva nella capacità di registi, attori e sceneggiatori di condensare nel racconto una ferocia destinata a protagonisti ritratti senza sconti nelle loro pulsioni fondamentali, che ruotavano intorno a soldi, ambizione smodata, fame di successo. Per questo, coerentemente, l’attore e regista romano ha scelto con Che vuoi che sia di fare un film che, appoggiandosi su un tema di stretta attualità come i social network, gli consentisse di parlare della seduzione del denaro e delle varie forme di prostituzione cui gli individui sono disposti a sottoporsi per ottenerlo. Anche quella che comporta un atto sessuale consumato da una normalissima coppia quarantenne in streaming on line.

Va detto che l’apprezzabile cattiveria di Che vuoi che sia non ha la forza di andare sino in fondo, e paga soprattutto una regia troppo pulita che, vista l’alta temperatura del tema in questione, avrebbe potuto essere più sulfurea e visionaria. L’acidità del racconto avrebbe meritato anche un montaggio più stringato e nervoso, in linea con i linguaggi della rete con cui si confronta, asciugando e condensando certe sequenze troppo compassate che invece devono sistematicamente chiudersi con una battuta prima di passare alla scena successiva.

Però va sinceramente apprezzato lo sforzo di Edoardo Leo verso una commedia italiana adulta, che si appoggia su una scrittura a tratti didascalica, ma mai sciatta. Non mancano brillanti intuizioni di racconto in Che vuoi che sia: come la società a cui Claudio chiede di finanziare il suo progetto, in cui trova un ragazzino di 25 anni che gli fa il colloquio di un minuto d’orologio in un open space completamente vuoto nel quale tutti si siedono a terra, fotografia perfetta della ferocia competitiva fintamente informale della new economy. Ed è lodevole che, dopo la piega pericolosamente dolciastra che il film prende nell’ultimo quarto d’ora, il finale a sorpresa recuperi il suo spirito non accomodante.