Grey’s Anatomy 13×06 tra la straziante confessione di Amelia e la tenerezza di Alex (recensione)

Il discorso di Amelia contribuisce ad innalzare il livello di questa stagione, molto carente dal punto di vista dei dialoghi: la recensione di Grey's Anatomy 13x06


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Se c’è una pecca in questa stagione di Grey’s Anatomy, ma in realtà già evidente dalla precedente, è certamente la carenza di dialoghi particolarmente impressionanti. Per una serie tv che ha abituato il telespettatore a frasi e dialoghi che si prestano subito a diventare citazioni, l’aver ridotto a scambi tuttavia ordinari, fatti di frasi idiomatiche, modi di dire e talvolta parolacce, gran parte dei botta e risposta che un tempo erano destinati a restare impressi nel pubblico, è il vero difetto imperdonabile di queste ultime stagioni. Perché se finora non c’è stata traccia di quello stile peculiare e quasi epico che una volta informava le dichiarazioni d’amore, gli scontri, le promesse e le confessioni, ad oggi sono davvero poche le battute memorabili pronunciate dai protagonisti nelle ultime due stagioni.

A rimediare a questa carenza del tutto evidente ci ha pensato Grey’s Anatomy 13×06, l’episodio Roar in onda negli Stati Uniti su a ABC giovedì 27 ottobre. Il discorso che Amelia pronuncia ad Alex, dopo aver perso un giovane paziente apparentemente vivo e vegeto eppure stroncato da un’emorragia per le conseguenze di un incidente stradale provocato da suo padre, è di quelli capaci di commuovere anche chi non conosce la storia del personaggio della Shepherd in Private practice. Il racconto di come l’addio a suo figlio, nato senza cervello e morto dopo 43 minuti, l’abbia completamente devastata e fatta affondare nella sua solitudine (inverosimilmente nessuno conosce questa storia, nemmeno il defunto Derek o Meredith) è potente e straziante allo stesso tempo. Un’intensa Caterina Scorsone, complice probabilmente la sua gravidanza in corso, ha reso perfettamente sullo schermo il dolore di una mamma e del suo trauma insuperabile.

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La nostra impressione rispetto al precedente episodio era giusta: quella di Amelia di fronte al test di gravidanza negativo era un’espressione di sollievo, la liberazione dal timore di dover riaprire di nuovo una ferita enorme mai completamente rimarginata. Ma a quel sollievo si aggiunge il senso di colpa nei confronti di Owen: Hunt desidera così tanto una famiglia ma non solo non conosce a fondo la sua sposa, visto che non sa nulla della sua precedente gravidanza, ma non riesce a percepire nemmeno la volontà di Amelia di rifuggire il più possibile quella esperienza che l’ha segnata per sempre.

Intanto un nuovo specializzando è arrivato a scuotere gli equilibri al Grey Sloan Memorial Hospital: in realtà nuovo non è l’aggettivo giusto, perché si tratta di Leah Murphy, forse tra i personaggi più odiati di sempre tra gli specializzandi di Grey’s Anatomy. Irrilevante nell’economia della trama finché non è entrata nel letto di Arizona aggravando la sua crisi matrimoniale con Callie, il licenziamento della Murphy al termine della decima stagione era sembrato un favore a quanti non avevano mai digerito il suo personaggio. E invece eccola ritornare per volontà del ex capo Webber, che ne ha apprezzato i progressi dopo averla spinta a cercare la sua strada. In realtà sul rientro del personaggio della Murphy si sarebbe potuto lavorare molto di più: in Roar il suo ingresso sembra buttato lì a caso, in primis perché il pubblico viene a sapere del suo ritorno soltanto dalla presentazione di Maggie ad Arizona e col successivo dialogo in mensa tra Maggie, Alex (è sua la battuta di quest’episodio: “State attente, è una che si affeziona“) e la stessa Arizona; in secondo luogo perché lo stesso incontro tra la Robbins e la sua ex amante poteva riservare maggiori sorprese, piuttosto che essere relegato ad una minuscola scena dedicato all’imbarazzo reciproco. Se nella decima stagione la storia pasticciata della Murphy ha semplicemente irritato il pubblico per aver messo nei guai molti dei personaggi storici, stavolta il suo ritorno potrebbe portare alcuni cambiamenti interessanti per lo show, qualora il personaggio si rivelasse diverso da quello insignificante e di scarsa personalità che era un tempo.

Intanto Alex Karev continua a dimostrarsi il perno di questa stagione col suo accanimento nel voler dimostrare di essere sempre e comunque un chirurgo, anche se interdetto dalla sala operatoria: la sua ostinazione nel continuare a comportarsi da chirurgo facendo diagnosi e suggerendo trattamenti, fino a scalzare l’autorità della Bailey di fronte ad una paziente, rischia di metterlo ulteriormente nei guai. Ma in realtà è proprio la sua abilità di chirurgo a confermare al primario che la scelta di non licenziarlo è quella giusta: Alex Karev è un medico di valore e nonostante sia imputato in un processo per aggressione aggravata merita di restare al Grey Sloan finché varrà per lui la presunzione di innocenza.

Karev è innocente fino a prova contraria” prova a replicare la Bailey di fronte a Catherine Avery che in rappresentanza della sua Fondazione nel consiglio di amministrazione incalza Miranda affinché lo allontani dall’ospedale. In realtà il confronto fra le due donne apre un dibattito nuovo sui medici di questo ospedale: se sbagliano così di frequente ed hanno continuamente bisogno di seconde possibilità è perché c’è qualcosa alla radice che non funziona. Forse è il programma di specializzazione del Grey Sloan Memorial Hospital a necessitare di una profonda revisione: questa consapevolezza non può non prevedere il coinvolgimento di Richard Webber, che è il responsabile del programma e mentore degli specializzandi. In realtà quello che fa la Avery in quest’episodio è semplicemente affermare una verità che per il pubblico è sempre stata evidente: il Grey Sloan Memorial Hospital è un ospedale immaginario e per questo siamo tutti disposti ad accettare che quello che va in scena possa anche non essere verosimile, ma in qualsiasi paese al mondo medici che rubano organi per destinarli ad un paziente o che sabotano ricerche mediche per favorire un conoscente o ancora che commettono errori banali ma madornali che costano la vita ai pazienti, non solo sarebbero privati della loro abilitazione, ma in alcuni casi finirebbero probabilmente anche in prigione. Catherine Avery mette in fila tutti questi episodi e arriva alla conclusione che il programma di specializzazione del Grey Sloan, se permette ai suoi medici di combinare tali danni, probabilmente ha delle grosse lacune. E come darle torto, dopo quello che abbiamo visto in 13 stagioni? Quello che viene da chiedersi è se veramente ci fosse bisogno della Avery per accorgersi che le cosiddette seconde possibilità concesse da Richard per i suoi medici suonano decisamente surreali. Un argomento che sarà centrale nell’episodio 13×07.

La conclusione dell’episodio è affidata ad uno sconsolato Alex Karev che sembra contare i giorni che lo separano dalla prigione e nel frattempo manifesta tutta la sua voglia di avere una famiglia, già ampiamente dichiarata a Jo con le sue proposte di matrimonio. In Grey’s Anatomy nessuno ha idea di cosa sia una famiglia normale: non ce l’ha Meredith che è cresciuta senza suo padre e con una madre arcigna, non ce l’ha nemmeno Alex che si è preso cura della madre malata e dei suoi fratelli quando il padre li ha abbandonati. Eppure a loro modo sono una famiglia: Alex vuole istituire la domenica dei waffle e chiede a Meredith di essere più gentile con Amelia, perché potrebbe essere una delle poche persone che rimangono alla Grey qualora finisse in prigione. Un discorso a tratti apocalittico ma anche incredibilmente tenero, in perfetto stile Grey’s Anatomy, con l’idea di famiglia che è costantemente croce e delizia.