Venezia 2016, al festival è il giorno dei favoriti, Terrence Malick e Pablo Larraín

Due pellicole attesissime oggi. Il documentario sulle origini della vita del regista americano. E il biopic su Jackie Kennedy dell’autore cileno, interpretato dalla diva Natalie Portman, presente al Lido. Fuori concorso un film italiano sui testimoni di Geova. E il documentario sui giovani camorristi firmato da Michele Santoro.


INTERAZIONI: 7

Facendo un primo bilancio sul concorso del festival di Venezia 2016, avevamo sottolineato la diffusa insoddisfazione di tanti critici per una qualità media delle proposte non eccelsa. Per questo tutti gli occhi sono puntati speranzosi sui due titoli di oggi. Il primo è il documentario Voyage of Time: Life’s Journey del leggendario Terrence Malick, che potrebbe essere definito, all’incirca, una storia del tutto, dalle origini della Terra sino ai giorni nostri e anche un po’ oltre. L’altro è Jackie, il biopic su Jackie Kennedy di uno dei maestri del cinema contemporaneo, il quarantenne cileno Pablo Larraín, che ha anche il vantaggio, in ottica divistica, di portare a sfilare sul red carpet la diva Natalie Portman, che interpreta la first lady. Non ci sarebbe da sorprendersi se tra questi due titoli saltasse fuori il Leone d’Oro di Venezia 2016.


Voyage of Time, di Terrence Malick

È un progetto vecchio di quarant’anni quello di Voyage of Time: Life’s Journey per Terrence Malick, che da sempre sognava di raccontare l’epopea della nascita del cosmo e della vita sulla Terra. “Il passato, il presente, il futuro – declama la voce narrante Cate Blanchett nel trailer del film – un viaggio dalla nascita delle stelle fino alle origini dell’umanità. Dopo tutti questi eoni, che cosa significa essere noi?”.

Documentario filosofico, cosmogonia visuale, Voyage of Time: Life’s Journey si preannuncia come la sintesi dell’intero percorso artistico e intellettuale di Terrence Malick. Tutti i suoi film, a partire almeno da La sottile linea rossa, sono magneticamente attratti dai grandi interrogativi sul senso della vita e pieni di sbalorditive immagini di natura, ritratta sempre con quel suo stile folgorante che accosta grandiosi affreschi panoramici a dettagli in primissimo piano. E quasi sempre attraverso il suo sguardo tutto acquista un senso nuovo e sorprendente, come fosse percepito per la prima volta dall’occhio umano.

È perciò naturale che il suo cinema, che si va facendo sempre meno narrativo e sempre più contemplativo, sfoci in un documentario, che si avvale della consulenza di un gruppo di esperti scientifici per ripercorrere la cronologia dell’universo, dalla nascita delle stelle all’esplosione della vita sulla Terra, sino alla comparsa dell’umanità. Per comporre questo percorso tra geologia, biologia e filosofia, Malick s’è fatto aiutare da Paul Atkins, direttore della fotografia proveniente dai documentari naturalistici, che aveva supportato già la realizzazione di The Tree of Life. Come sempre, l’appartato regista non accompagnerà il film a Venezia, anche perché è impegnatissimo sui prossimi progetti che, contrariamente alle abitudini di una volta, si susseguono uno dopo l’altro. Per cui nel 2017 uscirà Weightless, che pare sia stato terminato, con un cast stellare che comprende Michael Fassbender, Natalie Portman, Cate Blanchett, Ryan Gosling, Christian Bale, Rooney Mara. E subito dopo toccherà al nuovo progetto appena annunciato, Radegund, ambientato nella Seconda guerra mondiale.


Jackie, di Pablo Larraín

Almeno sulla carta, Jackie può essere l’autentico favorito del concorso di Venezia 2016. Ne possiede alcune caratteristiche determinanti: una storia vera che racconta uno degli avvenimenti più importanti del ventesimo secolo, l’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy; un approccio narrativo d’autore, che sposta l’attenzione dall’evento alla first lady, Jackie Kennedy; come prima attrice, la star hollywoodiana premio Oscar Natalie Portman; come regista il cileno Pablo Larraín, uno dei più rispettati del cinema contemporaneo, rigoroso, inventivo, sperimentale, a cui oltretutto manca ancora l’incoronazione da parte di un grande festival (la meriterebbe).

Strutturando il film a partire dalla celebre intervista rilasciata a Life da Jackie Kennedy appena una settimana dopo l’assassinio del presidente, il film ricostruisce la vicenda ricorrendo a diversi flashback, che raccontano il tragico evento e i giorni immediatamente successivi, mettendo in primo piano il vissuto della protagonista. “Come sono stati i tre giorni successivi, il dolore soffocante, i figli sconvolti, gli occhi del mondo intero su di lei? – si è chiesto Pablo Larraín – Elegante, attraente, sofisticata, Jacqueline Kennedy è stata una delle donne più fotografate del XX secolo, sulla quale sono state scritte centinaia di libri e incentrati innumerevoli film e serie tv. Eppure, di lei sappiamo ben poco. Intensamente riservata, impenetrabile, forse la più sconosciuta donna famosa dell’era moderna”.

Jackie è la prima coproduzione americana del regista cileno, per un film recitato in lingua inglese (tra i coproduttori c’è anche il regista Darren Aronofsky). E questa commistione tra sguardo d’autore – non sarà certamente un biopic tradizionale, basti pensare a come Larrain ha raccontato il poeta Neruda – e fascino spettacolare, implicito in una storia dedicata a un’icona del Novecento, potrebbe essere la risposta ideale alle esigenze del festival di Venezia, alla ricerca di un giusto equilibrio tra vocazione cinefila e il bisogno di dialogare con il cinema d’oltreoceano. Ma naturalmente tutto dipenderà dalla giuria guidata da Sam Mendes.


Gli altri protagonisti: Marco Danieli e Michele Santoro

Testimoni di Geova. Nelle Giornate degli Autori oggi è in programmazione La ragazza del mondo, prodotto da CSC Production e Rai Cinema. È il film d’esordio di Marco Danieli, diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia ed esperienze nel documentario e nel cortometraggio. La ragazza del mondo è la storia di Giulia (Sara Serraiocco), testimone di Geova, la cui vita viene rivoluzionata dall’amore per Libero (Michele Riondino), che la spinge ad aprirsi a un mondo con meno regole ma anche meno sicurezze. Ovviamente tutto questo crea frizione con la comunità di Giulia. ”Non è un film di denuncia sui testimoni di Geova – ha dichiarato Marco Danieli per smorzare qualunque illazione – ma un racconto realistico di formazione attraverso la chiave di una storia d’amore molto forte”. Nel cast c’è anche, nella parte di un Anziano della comunità, l’attore e regista teatrale Pippo Delbono, che vedremo giovedì 8 sempre nelle Giornate degli Autori col suo film, Vangelo, che da posizioni laiche ma intrise di spiritualità riflette sul tema della fede. “Lui ha capito subito – continua Marco Danieli – che volevo mostrare l’umanità di quel personaggio, non c’è nessun intento di demonizzare i Testimoni di Geova”. La ragazza del mondo è una storia che ruota intorno all’identità, l’amore, il cambiamento, che spiega quanto sia entusiasmante, traumatico e per certi versi impossibile recidere i legami con la propria cultura d’appartenenza. “L’opera prima di Marco Danieli – ha scritto Concita De Gregorio su la Repubblica – è un film con una sua architettura armoniosa, molto personale. Diverso”. E si comincia a sospettare, visto anche Indivisibili di Edoardo De Angelis, che i titoli italiani più stimolanti di questo Venezia 2016 siano stati proposti dalle Giornate degli Autori e non dal concorso principale.

Baby boss. Che ci fa Michele Santoro al festival del cinema di Venezia? Il popolare giornalista televisivo presenta al Cinema nel Giardino Robinù, da lui diretto e cosceneggiato, che è un coerente nuovo capitolo tutto all’interno del perimetro del suo mestiere, poiché si tratta di un documentario-inchiesta sui baby boss della Camorra e la faida per il controllo del mercato della droga. Santoro è riuscito a raccontarli, anzi a fare in modo che loro stessi si raccontassero senza frapporre troppi filtri, manifestando la loro sete di potere, l’amore per i soldi, il divertimento sfrenato, le loro pagine Facebook da vere star. È un tema di estrema attualità quello delle nuove strategie e i nuovi volti della Camorra, richiamato alla ribalta anche dall’allarmante fenomeno delle “stese”, con gruppi di giovanissimi che in sella ai motorini sparano raffiche di proiettili per le strade a scopo intimidatorio. Il tema è anche al centro, non è un caso, del prossimo romanzo di Roberto Saviano, La paranza dei bambini, che uscirà a Natale. “È la storia di un popolo giovane ridotto a carne da macello – ha dichiarato Michele Santoro – sotto gli occhi indifferenti delle istituzioni, questi ragazzi hanno evaso qualunque obbligo scolastico, non parlano l’italiano, hanno i denti devastati dalla droga, ma esprimono chiaramente sentimenti e passioni di una forza sconosciuta a quella parte di Paese definita “normale”. Santoro s’inoltra nelle strade del centro storico di Napoli, nel cuore nero degradato e bellissimo della città, recuperando storie e volti, dei giovani criminali ma anche delle loro famiglie, e del mondo che ruota intorno all’economia illegale. Resta da capire quale sia lo stile di Michele Santoro: se cioè Robinù sia un, pur ottimo, reportage giornalistico dal ritmo televisivo o se invece possegga il respiro e gli assilli formali del documentario d’un vero cineasta. Cosa che renderebbe ancora più sorprendente questa sortita veenziana di Michele Santoro.