Gabriele Mainetti al Giffoni Film Festival 2016 coi suoi eroi, l’intervista tra Jeeg Robot e wrestler

Anche Gabriele Mainetti ospite di Giffoni 2016, col regista di Jeeg Robot si torna bambini a caccia di eroi: video intervista ai microfoni di OM - OptiMagazine


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Il suo Lo chiamavano Jeeg Robot è stata la rivelazione cinematografica di questa stagione: Gabriele Mainetti non poteva mancare al Giffoni Film Festival 2016 dopo l’incredibile riscontro di pubblico e critica della sua opera prima, un piccolo gioiello nel panorama nostrano talvolta desolante, tutto schiacciato sul genere della commedia e così poco aperto alle sperimentazioni.

La sua volontà di rischiare con un film che mescolasse i generi in passando dal supereroistico all’azione, dalla fantascienza ai manga giapponesi, è stata ampiamente premiata con una sfilza di David di Donatello, Nastri d’Argento, Ciak d’Oro e una serie di altri riconoscimenti minori. Quale luogo migliore per parlare di eroi, superpoteri e immaginazione se non il Festival del Cinema per Ragazzi?

Il nostro incontro con Gabriele Mainetti nella Cittadella di Giffoni ci ha confermato che al Festival si torna un po’ bambini e si ripercorrono i miti della tenera età. D’altronde al suo eroe d’infanzia ha dedicato un intero film!

Da Jeeg Robot a Lupin III, Mainetti ha spiegato perché subisce – come tutti, del resto – il fascino dei cattivi: “Mi piace l’idea che un delinquente possa subire una trasformazione interiore molto forte, diventare un eroe generoso“.

Il regista romano, che ha particolarmente apprezzato i gusti musicali dei nostri Simons, ci ha raccontato la sua passione per il wrestling, di cui si rivela un vero esperto: “La mia icona era Ultimate Warrior. Ai miei tempi c’era un wrestling vero, si soffriva, c’era sangue ma mi diverte ancora adesso. Oggi seguo Sheamus e John Cena“.

Il regista che della rappresentazione della borgata romana ha fatto un punto di forza del film Lo chiamavano Jeeg Robot ha anche ricordato quanto fosse diverso il modo di socializzare degli adolescenti di qualche decennio fa: “Ci vedevamo in giro. Prima si giocava alle altalene, poi al pallone: mi mancano quei tempi perché apprezzavi davvero il momento, oggi è tutto diverso, siamo multitasking, ma va bene così“. E se Mainetti avesse visto il suo film a undici anni, come lo avrebbe accolto? “Ammazza che figo!“.