Marco D’Amore da Gomorra 2 al referendum: “Quando parlano i politici mi tappo le orecchie”

Intervista di Marco D'Amore a Corriere Live: Gomorra 2, la politica e la società viste dall'interprete di Ciro l'Immortale

Intervista di Marco D'Amore a Corriere Live: Gomorra 2

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Da Gomorra a Shakespeare, dall’antipolitica al referendum sulla riforma costituzionale, passando per le critiche alla serie tv di cui è protagonista e l’orgoglio di essere in onda in mezzo mondo. È un Marco D’Amore a tutto campo quello che si è raccontato ai microfoni di Corriere Live, ospite dell’editorialista e conduttore Tommaso Labate nel talk in onda mercoledì 1 giugno su Corriere Tv.

All’indomani della messa in onda su Sky Atlantic del settimo e dell’ottavo episodio di Gomorra 2, seconda stagione della premiata serie ispirata all’omonimo romanzo di Roberto Saviano, D’Amore ha provato a spiegare in che direzione sta andando la sceneggiatura, senza ovviamente lasciarsi scappare anticipazioni sui restanti episodi.

Se la prima stagione di Gomorra sembrava avere uno sguardo più ampio sul fenomeno camorristico, questa in corso pare avvolta su se stessa, sui suoi personaggi simbolo, quasi avviluppata in una trama ormai legata solo al destino dei singoli.

Gomorra ha avuto un primo capitolo con una dimensione macro in cui abbiamo raccontato la città, ora la lente si restringe ed entriamo nelle case, con più attenzione ai rapporti tra i personaggi che all’azione, anche se la spettacolarità degli eventi credo offra molto sul piano dell’azione (…) Quando arrivi ad osservare che anche tra padre e figlio c’è tradimento capisci che quello è un mondo talmente marcio che devi fare di tutto per fermarlo. Se non ci sono forze dell’ordine o magistrati, è perché raccontiamo il punto di vista di quel microcosmo, dunque lo Stato è qualcosa da evitare per loro.

 

In merito all’irrisolvibile querelle che riguarda il rischio emulazione innescato da Gomorra e il conseguente impatto diseducativo soprattutto sulle giovani generazioni, Marco D’Amore ha ribadito più volte che sono i filtri interpretativi dello spettatore a fare la differenza. E che se è vero che Gomorra non è adatta ai bambini, è anche vero che spinge il pubblico ad innamorarsi di nuovo del cinema e della serialità.

I fan ci scrivono, dicono che vogliono essere come noi, ma non come i camorristi, bensì come attori o registi: scrivono sceneggiature, vogliono fare recitazione, diventare tecnici di regia.

Citando le poesie di Raffaele Viviani, le tragedie di Shakespeare e i suoi miti cinematografici, D’Amore si conferma attore colto, profondo, interessato agli aspetti più alti dell’arte. E di fronte alle accuse di innescare sentimenti negativi nel pubblico incarnando un antieroe, spiega perché confida nella capacità di discernimento del pubblico.

Da spettatore appassionato di teatro e cinema sono legato a personaggi atroci, non c’è rappresentazione umana più terribile di quella che ha fatto Shakespeare ad esempio. Ma un conto è la convenzione tra opera e spettatore, fidelizzare il pubblico e indurlo a tifare per il personaggio nel breve arco della narrazione, che porta ad innamorarsi anche di personaggi oscuri, un conto è la riflessione successiva sui personaggi e sulla loro deriva che si fa ad opera conclusa. (…) Le serie, i film e libri creano ponti tra realtà e immaginazione, ognuno poi si pone delle domande: ma succede davvero ciò che vedo? Possibile ci siano bande armate che scorrazzano indisturbate per la città? Così si truccano i voti alle elezioni?

C’è di buono che Gomorra ha permesso ad “una generazione di attori di sbarcare oltreoceano” e di farlo fieri della loro identità, oltre ad attivare una grande macchina produttiva sui territori in cui è ambientata.

Questa è una serie napoletana arrivata in 150 paesi nel mondo, per la prima volta sarà negli Stati Uniti in estate, è la prima volta per una serie campana con attori campani. C’è lo stupore che dei napoletani siano riusciti a fare tutto ciò. Gomorra è anche industria, c’è un intero indotto sul territorio: con un anno di set nel Nord del napoletano lavorano 1500 persone tra produzione ed esercenti vari, spero ci siano 10 produzioni in più l’anno in Campania.

In merito al suo personaggio, quello di Ciro l’Immortale, ha parlato di una “deriva dei sentimenti e dell’emotività, un ultimo passo verso la disumanizzazione” visti in questa prima parte di Gomorra 2, dopo che Ciro ha ucciso l’unica persona che poteva salvarlo, sua moglie. Anche nei gesti apparentemente controcorrente, non c’è speranza di salvezza per lui: “Nella sua pietas c’è sempre un calcolo cinico“.

Interrogato sulla vicenda della giovane Sara, uccisa dal fidanzato a Roma, e sull’apparente indifferenza di chi non si sarebbe fermato a soccorrerla, D’Amore ha preferito fare una riflessione più generale sui nostri tempi.

Credo ci sia una diffidenza comune tra gli esseri umani, frutto di un isolamento costante che ci porta a rinchiuderci in casa, ad avere paura della diversità e dell’altro, non si sente necessità di intervenire e aiutare: questo ha a che fare con una caratteristica della società, non con certi luoghi specifici. Anzi, spesso dove c’è più difficoltà c’è ancora un senso di umanità profondo.

Ma le parole più accorate, l’attore le ha spese per manifestare tutta la sua delusione nei confronti delle classi dirigenti nazionali, a suo dire incolte e imbarazzanti nell’esercizio delle loro funzioni pubbliche.

Storicamente il Sud è abbandonato, vedo l’arretratezza, le difficoltà di emanciparsi. Mi chiedo perché debba essere così. Mi auguro sempre che, essendo in uno stato di diritto, le scelte degli amministratori siano per il bene comune e che si investa sul Sud, che è capace di sfornare talenti incredibili spesso costretti ad andarsene all’estero. Non mi affascinano le figure oggi protagoniste in politica: ritengo che chi ha un ruolo di potere e rappresentanza debba essere colto e preparato, ma sentendo parlare i politici mi tappo le orecchie, non mi affascinano, perché dimostrano che non leggono, non vanno a teatro o cinema, non ascoltano musica, dunque non hanno gli strumenti per far arrivare la forza del loro messaggio. Per me il ruolo del politico deve essere pedagogico, come quello degli insegnanti: non sono solo amministratori, dovrebbero insegnare e devono avere una preparazione culturale altissima per farlo, dovrebbero essere una sorta di prescelti. Il voto sul referendum costituzionale? Ho già un’idea ma attiene alla mia intimità, preferisco tenermela per me.

D’Amore ha assicurato che sul set di Gomorra ci si diverte molto, a dispetto dell’atmosfera cupa della serie sullo schermo: “Non rinunciamo alla componente ludica del mestiere, non a caso in inglese recitare si dice ‘play’ e ‘jouer’, questo crea anche una distanza con ciò che facciamo“. L’interprete casertano, allievo di Servillo, ha anche esaltato la matrice linguistica della serie, altro argomento dibattuto: “Tutti parlano in napoletano in Gomorra, non solo i camorristi: abbiamo fatto uno studio sull’area Nord di napoli perché ogni quartiere ha il suo dialetto specifico“.

Reduce da due nomination ai Nastri d’Argento 2016 per Un posto sicuro, D’Amore non teme di restare ingabbiato nei panni dell’Immortale: “Sono attore, sceneggiatore e produttore, ho finito di girare ieri con Claudio Santamaria, che è un gioiello, un bene da preservare. Non temo l’identificazione con Ciro“.