Oggi premiazione di Cannes 2016: chi sono i favoriti per la Palma d’oro?

Stasera alle 19 l'atto finale del 69esimo festival. Difficile responso per la giuria presieduta da George Miller. Potrebbe essere l’anno delle donne. Il nome più accreditato è quello di una regista tedesca under 40. Gli attori? In pole position Adam Driver e Sonia Braga.

Cannes 2016 i favoriti per la Palma d’oro

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Chi vincerà la Palma d’Oro? Ovviamente dopo la proiezione degli ultimi due film in concorso nella giornata di ieri a Cannes 2016, Forushande (The Salesman) dell’iraniano Farhadi ed Elle di Paul Verhoeven è ufficialmente scattato il totopalma. E bisognerà attendere fino alle 19 di stasera, quando comincerà la cerimonia di premiazione, per avere la risposta definitiva.

Nel frattempo, impazzano le previsioni: sebbene sia difficilissimo anticipare le scelte della giuria presieduta da George Miller, che ha vissuto queste giornate in uno splendido isolamento in una non ben precisata villa con vista mare in quel di Cannes, qualche riflessione la si può e deve azzardare.

La prima considerazione banale è che a Cannes 2016 non si è manifestato il grande capolavoro che mette tutti d’accordo. Ed era per certi versi prevedibile: perché, e alla fine delle proiezioni si può dire, se questa selezione aveva un difetto era quello che qualcuno ha malignamente definito l’effetto “usato sicuro”, ossia la presenza in concorso di troppi consolidati autori da festival, nessuno dei quali, dai fratelli Dardenne a Ken Loach ad Almodóvar, sembra aver presentato un’opera all’altezza della propria fama.

Sulla carta c’erano alcuni nomi attesissimi, dai quali si sperava potesse emergere il possibile favorito: su tutti il coccolatissimo Xavier Dolan. Ma, seppure a mezza bocca, dalle reazioni s’è capito che Just la fine du monde, pur illuminato da un cast di tutte stelle (Cotillard, Seydoux, Cassel), ha fatto l’effetto d’un melodramma turgido e pretenzioso. Pretenzioso anche The Neon Demon di Windig Refn, amatissimo dai giovani cinefili dell’estremismo estetizzante, ma che col suo fashion-horror ha collezionato giudizi severi (Owen Gleiberman di Variety l’ha definito un “videoclip da incubo in stile Calvin Klein”).

Spazzati via senza appello i polpettoni sentimentali travestiti da nobili film col messaggio sociale o esistenziale: a partire dal bocciatissimo The Last Face di Sean Penn, un autore con una filmografia di tutto rispetto che non si capisce perché si sia impelagato in questa storiaccia di passione e impegno su sfondo di guerra civile; o il Mal de pierres della mai troppo amata dai cinefili Nicole Garcia.

Vari gli strumenti sono molto utili per tastare il polso, se non della giuria, almeno dei critici. La griglia che quotidianamente appronta Screen Daily mettendo in fila i giudizi di alcuni dei critici più accreditati delle testate giornalistiche. Questo schema che ricapitola le valutazioni dei più accreditati magazine francesi di cinema. E infine questo aggregatore statistico di centinaia di critici on e off line. Da tutti e tre emerge un nome al primo posto, quello che da giorni i rumours vanno segnalando come il favorito di Cannes 2016: Toni Erdmann della regista tedesca Maren Ade. In un tweet i Cahiers du Cinéma hanno laconicamente detto la loro: “Per ora è la nostra Palma all’unanimità”.

Ed effettivamente questa storia di un padre zuzzurellone che cerca di riannodare i rapporti con una seriosissima figlia manager puntando sulla burla e il sovvertimento dell’ordine ha non poche frecce al suo arco per convincere. C’è una storia che crea stridore tra due modelli esistenzial-sociali, la scienza triste economica nella sua versione capitalistico-liberista da un lato e l’immaginazione al potere dall’altro; delle interpretazioni convincenti (Internazionale ha salutato la “strabiliante Sandra Hüller”); nella storia di Cannes solo una donna ha vinto la Palma d’oro, Jane Campion nel 1993 con Lezioni di piano, e la tedesca Maren Ade è anche un nome abbastanza nuovo; a proposito di Germania, il paese teutonico è a secco di premi dal 1984 (Wim Wenders con Paris Texas); infine, una giuria molto al femminile, Valeria Golino, Kirsten Dunst, Katayoon Shahabi, Vanessa Paradis, che potrebbe far sentire la propria voce. Un premio intanto il film già se lo è portato a casa a Cannes 2016, il Fipresci, assegnato dalla giuria internazionale dei critici. E vogliamo considerare un ultimo fattore, il presidente di giuria. Miller è un regista di grande qualità, ma comunque nell’immaginario critico appartiene al mondo del cinema di genere e non del film d’autore: quindi, per non sembrare di parte o un po’ parvenu, potrebbe anche lui orientarsi sul film più smaccatamente intellettualistico.

Due le principali possibili alternative: Paterson di Jim Jarmusch, variazione sul tema del minimalismo di uno dei registi indipendenti più amati e rispettati del cinema statunitense; e il serissimo racconto (im)morale del romeno Cristian Mungiu, Bacalaureat, il quale però ha il “difetto” di aver già vinto una Palma d’oro nel 2007. Ci sarebbe, volendo, un altro nome, emerso appena ieri: Elle, il thriller del vecchio Paul Verhoeven, che tra tutti i registi sulla Croisette non dubitiamo sarebbe quello con cui Miller avrebbe più da dirsi, ma proprio per l’eccesso di somiglianza è improbabile che la giuria prediliga un film così smaccatamente di genere.

Tra l’altro, c’è un modo per accontentare questi contendenti, ossia i premi collaterali: perché come miglior attore l’Adam Driver di Paterson è il grande favorito, e certamente, con la sua capacità di slittare dall’indiemovie al blockbuster Star Wars (è lui il cattivissimo Kylo Ren della nuova trilogia), si segnala tra gli interpreti più dotati della sua generazione. Un’alternativa credibile è Dave Johns, uno stand-up comedian che si è calato nei panni del commovente protagonista di I, Daniel Blake di Ken Loach, incarnazione dell’uomo qualunque stritolato dal sistema. O un attore molto amato in Francia, il Fabrice Luchini del paradossale Ma Loute di Bruno Dumont, che potrebbe ottenere un riconoscimento alla carriera prima ancora che alla singola interpretazione. O ancora, ed è l’ultimo, il Joel Edgerton del politicamente corretto Loving, un film che qui a Cannes probabilmente non porterà a casa nulla, ma che è perfetto per la corsa agli Oscar e ne sentiremo certamente riparlare.

Passando alle attrici, a proposito di persone stritolate dal sistema, ha colpito molto Sonia Braga in Aquarius di Kleber Mendonça Filho, la matura vedova che non vuole abbandonare la casa in cui ha vissuto tutta una vita a Recife, lottando con una società che vuole gentrificare l’area. La battaglia dell’attrice brasiliana contro la modernità rapace che cancella storia e memoria contiene i perfetti elementi sentimentali per convincere i giurati. Però all’ultimo giorno è apparsa la straordinaria Isabelle Huppert di Elle, in un ruolo gelido ed enigmatico alla Huppert, a scompaginare le carte. E la sua candidatura è estremamente competitiva, anche perché difficilmente la Francia potrà vincere un altro premio: sia perché la compagine dei film transalpini in concorso non ha particolarmente convinto (nemmeno l’Assayas di Personal Shopper), sia perché loro hanno già vinto l’anno scorso con Jacques Audiard (e già quella fu più una Palma d’oro alla carriera che al film, il modesto Dheepan).

Quindi ricapitoliamo: Palma d’oro (o almeno premio della Giuria) a Maren Ade per Toni Erdmann. Miglior attore Adam Driver, attrice Sonia Braga (perché la Huppert questo premio l’ha già vinto due volte). Premio della Giuria, miglior regia e miglior sceneggiatura divisi in un lotto che comprende i due film romeni, quello di Mungiu e Sieranevada di Cristi Puiu, The Salesman dell’iraniano Farhadi (magari sceneggiatura) e American Honey dell’altra regista Andrea Arnold (se Maren Ade non vince nulla). Buon Cannes a tutti, e appuntamento stasera alle 19: qui tutte le indicazioni per assistere alla diretta.