Dall’odierno Jake Epping a quello del 1960 in 22.11.63: recensione episodio 1×03

Lunedì 25 aprile su Fox è andato in onda l'episodio 1x03 di 22.11.63: ecco la nostra recensione, stavolta (quasi) senza l'ombra del libro

Dall'odierno Jake Epping a quello del 1960 in 22.11.63: recensione episodio 1x03

INTERAZIONI: 7

Se c’è una cosa che ho capito di 22.11.63 è che no, non si può fare il paragone con il libro. E a meno che io non voglia fare la Lettrice Disperata come per Game of Thrones, lamentandomi perché circa 150 pagine del libro e un anno e mezzo di vita del George Amberson cartaceo vengono compressi nella serie in circa venti minuti, meglio lasciare perdere questa strada.

Ecco perché ho deciso che da oggi in poi parlerò della serie in sé e per sé, senza paragonarla ad un romanzo di oltre settecento pagine che, per la maestria con cui è scritto, farebbe impallidire qualsiasi regista e sceneggiatore solo all’idea di una trasposizione fedele. Certe cose, forse, semplicemente non possono esistere.

Dunque, dicevamo: la serie di 22.11.63. Quello che ho apprezzato particolarmente di questo terzo episodio, “Professor Jake Amberson“, è la transizione da Jake del 2016 a Jake del 1960 che qui raggiunge il suo apice.

Proprio come nel romanzo, è la decisione di riprendere ad insegnare a dare un po’ di normalità a Jake in un passato che, tutto sommato, gli sembra ancora molto estraneo: la scena del razzismo contro Miss Mimi, che Jake cerca di combattere anziché accettare passivamente ritenendolo “normale” come chiunque avrebbe fatto negli anni ’60, ne è l’esempio.

Il Jake perfettamente calato nei panni dell’uomo in missione segreta negli anni ’60 si vede invece quando si reinventa agente dell’FBI in dieci nanosecondi netti dopo che qualche buontempone gli ha completamente rovinato il nastro con le sudatissime registrazioni. E, neanche a dirlo, si vede nell’inizio della sua storia d’amore con Sadie, e in quel bellissimo ballo à la Grease: chiamatemi pure ripetitiva, ma per me gli anni ’60 di 22.11.63 sono una delizia per gli occhi. Questo Jake Epping che lentamente diventa Jake Amberson è coerente e ben congegnato: la sua trasformazione temporale è impressionante.

Dopo tre sole puntate, quindi, la serie entra già nel vivo: senza perdersi in indugi e senza perdere il focus sull’obiettivo finale, quello di salvare Kennedy, la narrazione on-screen procede senza intoppi. Una considerazione libro-serie però me la concedo: sono molto curiosa di vedere in che modo Bill Turcotte cambierà il corso degli eventi, quando nel libro il signor Amberson è un lupo solitario che cela la propria vera identità a tutti, vivendo per anni nella menzogna.