Non è certamente la prima volta che il cinema si occupa della vita di Gesù: lungometraggi in questo senso se ne sprecano e state sicuri che ce ne saranno sempre. Non fosse altro per il fatto che Bibbia e Vangeli sono fonti inesauribili per eventuali sceneggiature; faccio solo un po’ di sana ironia, non blasfemia sia chiaro, nessuno si offenda.
Colpiscono però i lavori che riguardano particolari aspetti della vita di Gesù, come pochi ne sono stati prodotti e questo Last days in the desert rappresenta uno di questi casi. Come si evince dal titolo stesso il film narra del particolare episodio dei 40 giorni trascorsi da Gesù Cristo nel deserto, ma a rendere ancora più particolare questa visione cinematografica, è sicuramente l’interpretazione del protagonista Ewan McGregor, nei panni appunto del Messia. E non mi riferisco alla sua eventuale bravura di cui non ho ovviamente avuto modo di saggiarne l’eventuale consistenza (in questo caso), quanto piuttosto alla scelta operata nel film di far interpretare allo stesso attore anche la parte del demonio, che tenta Gesù durante la sua permanenza.
Una scelta che appare sicuramente singolare: senza dubbio è anche un messaggio utile ad animare discussioni e punti di vista. Proviamo a darne una prima semplice, immediata e ovvia chiave di lettura: Gesù fattosi uomo per redimere l’umanità dal peccato originale recepisce in pieno, nonostante la sua natura divina, difetti e caratteristiche dell’umanità stessa. In tale contesto il diavolo non è altro che una sorta di alter ego che abita nel profondo dell’animo umano, piuttosto che un’entità metafisica esterna: può essere riconosciuto e sconfitto solo attraverso una seria e reale conversione allo spirito del cristianesimo. Sono concetti che coraggiosamente travalicano il dogma e in un certo senso lo assorbono. Non appaiono sicuramente nuovi e sono radicati, trasversalmente, in più scuole di pensiero filosofiche o religiose che siano: essenzialmente interpretazioni di dottrine che pongono la coscienza, l’anima, l’essenza dell’uomo al centro di verità celate o comunque riconoscibili solo a chi, per un motivo o un altro, riesce ad avere l’illuminazione del vero senso della vita.
Concetti che, nella loro apparente semplicità, racchiudono probabilmente una trascendenza non facilmente percepibile a molti. Ovvio che questa goffa sintesi meriterebbe sicuramente ampio spazio, ma è interessante poterla in qualche modo intravederla accennata in questa duplice e ambigua interpretazione di McGregor. Per questo credo che Last days in the desert possa rappresentare, forse, non un ennesimo film su Gesù, ma un’interessante inquadratura dello stesso da un’angolazione leggermente diversa dai soliti cliché; non è certo facile farlo, ma qui sembra che Gesù venga raccontato in una maniera diversa, a suo modo più accattivante e per certi versi innovativa.
In cabina di regia di questo film c’è Albert Nobbs (figlio di Gabriel García Márquez…) che dirige un cast che comprende, oltre Ewan McGregor nel ruolo di Gesù, anche Tye Sheridan, Ciaràn Hinds e Ayelet Zurer.
Last days in the desert esce nelle sale americane il 13 maggio 2016. A seguire c’è il trailer in lingua originale: vi consiglio di visionarlo anche se non capite la lingua. Lo trovo molto suggestivo e non perché siamo a Pasqua.
Trailer: