Weekend: la storia d’amore gay che non piace alla Cei

La Commissione Valutazione Film della Cei ha valutato negativamente il film a tematica omosessuale di Andrew Haigh. Ma è una storia sensibile e senza morbosità, che annoda bene dimensione privata e pubblica. Perfetta per il dibattito.

Weekend di Andrew Haigh racconta un amore gay

INTERAZIONI: 40

Weekend è un film “sconsigliato, non utilizzabile, scabroso”: così si è espressa la Commissione Valutazione Film della Cei sulla pellicola diretta da Andrew Haigh, che racconta senza morbosità un breve incontro tra due omosessuali inglesi. Sicuramente il netto giudizio non ha aiutato la circolazione del film e ha fatto scattare la reazione del distributore italiano, Cesare Petrillo della Teodora Film, che ha parlato di “vetusta e omofoba categorizzazione” dell’organismo della Cei.

Weeekend aveva anche rischiato di finire nel dimenticatoio, dato che il film è del 2011 ed è stato recuperato solo grazie al successo del lavoro successivo di Haigh, 45 anni, storia di un matrimonio che va in pezzi dopo quasi mezzo secolo, illuminata dall’interpretazione di due mostri sacri come Charlotte Rampling e Tom Courtenay. Ha avuto fiuto quindi la Teodora: perché, pur con una distribuzione limitatissima, Weekend ha ottenuto un’altissima media di incassi per sala. E naturalmente la copertura mediatica innestata dalla polemica è stata anch’essa un notevole volano di visibilità.

Va detto che la nota della Commissione è assai più articolata: e nel giudizio finale su Weekend ha certamente pesato il modo in cui viene rappresentato il tema della droga, che i due protagonisti, tutt’altro che incalliti tossicomani, consumano però con una disinvoltura che per la Cei deve essere stata davvero troppo.

Al netto delle polemiche, Weekend è un film interessante: la regia di Haigh e i due protagonisti Russell (Tom Cullen, visto poi in Downtown Abbey) e Glen (Chris New) restituiscono accenti di grande autenticità alla vicenda, ritratta con la semplicità d’una comunissima tranche de vie. I due si incontrano in un gay bar e decidono di passare la notte insieme: ma il giorno dopo l’avventura si trasforma impercettibilmente in qualcosa di più profondo, nell’embrione di un sentimento destinato comunque a restare a tempo, dato che Glen sta per abbandonare l’Inghilterra per gli Stati Uniti.

La compressione temporale obbliga i due protagonisti di Weekend a scoprire velocemente le proprie carte. Ed è un ritratto composito: dove c’è il sesso, mostrato con un mirabile equilibrio tra franchezza e pudore, senza eufemismi ma anche senza voyerismo. E nel quale il confronto tra caratteri, più riservato e sentimentale Russell, più spavaldo Glen, riflette il modo in cui l’omosessualità è giudicata da un paese che, pur non considerando più un tabù la diversità, la vive ancora con disagio.

Haigh è attento nell’incrociare i due livelli del racconto di Weekend: da un lato la “normalità” d’una relazione affettiva – simile a quella di qualunque coppia, etero o omo che sia –, dall’altro il contesto sociale che oscilla tra accettazione e ghettizzazione, di cui i protagonisti sono perfettamente consci. Ragion per cui Russell è incapace di essere affettuoso in pubblico, mentre Glen sta lavorando a un progetto artistico che, partendo dalla raccolta delle testimonianze registrate di tutti gli uomini con cui è stato, mira a realizzare un’installazione incentrata sulle forme di autopercezione e di rappresentazione sociale dell’omosessualità.

Anche per questo, sebbene la storia sia focalizzata quasi esclusivamente sul gioco a due, Haigh la interpreta attraverso uno stile che, con discrezione, attiva la dialettica tra dimensione privata e pubblica. Le inquadrature spesso confinano Russell e Glen in una porzione dell’immagine, come se una cornice supplementare restringesse il loro campo d’azione, in una gabbia visiva che è evidentemente spia di gabbie di ordine più generale. E anche l’anonimo e squadrato casermone in cemento in cui Russell vive suggerisce l’idea di un ambiente sociale rigido e poco conciliante con l’espressione della diversità. E bastano questi brevi accenni per sottolineare l’ingenerosità della valutazione della Commissione: perché la struttura consapevole e problematica di Weekend è quanto di più adatto a stimolare il più classico dei dibattiti.