Cinquant’anni senza Buster Keaton, genio della comicità. Cinque film per conoscerlo

Il primo febbraio del 1966 scompare quello che, insieme a Charlie Chaplin, è il più grande talento comico del cinema muto. Fu un innovatore del linguaggio cinematografico e resta ancora oggi modernissimo. E adesso la Cineteca di Bologna lancia il progetto di restauro di tutti i suoi film.

Buster Keaton genio impassibile della comicità

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Se c’è un cineasta messo in ginocchio dal passaggio dal muto al sonoro quello è Joseph Francis “Buster” Keaton, nato nel 1895 e morto il primo febbraio di cinquant’anni fa, nel 1966. L’anniversario del mezzo secolo va assolutamente celebrato, per ricordare un artista dall’eccezionale talento visivo che, appunto per questo, soffrì moltissimo il passaggio al film parlato, che non si addiceva alle sue gag di precisione matematica. Certo, non fu solo quello a segnarne la crisi, che dipese molto dal passaggio di Keaton nel 1928 alla grande casa di produzione Metro Goldwin Mayer.

Non troverai altro che gente che vorrà insegnarti che cosa fare e come farlo”, l’aveva avvertito Charlie Chaplin. In realtà a Buster Keaton furono messi a disposizione uomini e mezzi ragguardevoli, pure troppi per il suo cinema fatto, come disse una volta, per metà di scrittura e preparazione e per metà d’improvvisazione. Un approccio che male si sposava con i sistemi di un’industria organizzata come quella della MGM. E se pure i primi frutti furono positivi, il capolavoro Il cameraman (The cameraman, 1928) e Io… e l’amore (Spite marriage, 1929), il passaggio al sonoro, con altri 7 film previsti da contratto, fu troppo per Keaton, messo in secondo piano, privato della sua indipendenza d’autore-attore, ridimensionato a spalla d’interpreti dalla più aggressiva comicità verbale, come Jimmy Durante. E di lì un rapido declino.

Eppure Buster Keaton tra il 1920 e il 1929 era stato un assoluto protagonista, con 19 cortometraggi e 12 lungometraggi di successo, molti dei quali costituiscono dei vertici dell’arte cinematografica del muto. Lo stile di partenza, come tutti coloro che provenivano dal vaudeville e dallo spettacolo popolare (era il figlio d’arte di Joseph e Myra Keaton) era quello della comicità legata al dinamismo frenetico degli inseguimenti a rotta di collo e l’allegria semplice e un po’ grossolana di capitomboli ed equilibrismi. Il soprannome “Buster”, “rompicollo”, glielo diede il grande Harry Houdini, ammirato dalle sue capacità acrobatiche. E Keaton, dopo essersi fatto le ossa prima del 1920 nei cortometraggi del popolarissimo Roscoe “Fatty” Arbuckle, ancora debitori dello stile slapstick, cominciò a sperimentare una sua personale via alla comicità.

La quale si fonda non sul ribaltamento o l’eliminazione della gag tradizionale, ma sulla sua esasperazione, con un effetto che uno studioso italiano, Pino Arlorio, ha definito “a palla di neve”. Con una meticolosità quasi ingegneristica, Keaton parte da un evento, anche piccolo, che mette in moto un processo di causa-effetto implacabile, che tende a ingigantirsi indefinitamente. Una logica da indiavolato cartoon alla Tex Avery, dove la prima gag invece di esaurirsi conduce ad altre, di portata progressivamente più vasta, in un continuo ampliamento della realtà coinvolta. È la ragione per cui, come ha scritto Goffredo Fofi, “se un masso precipita, diventa mille massi; se un poliziotto ti insegue, sono mille poliziotti; se cerchi una sposa ne arrivano mille; se spira il vento, si fa ciclone”.

In questo parossismo è coinvolto il mondo intero: la minaccia può provenire da altri esseri umani (i poliziotti, che angariavano anche il vagabondo Charlot, ma anche furfanti o padri non disposti a dare la mano della propria figlia al povero Keaton); da una vera e propria rivolta degli oggetti, che si rifiutano di rispondere ai comandi di Keaton con effetti comici irresistibili; o dalla stessa natura (quasi assente in Chaplin, mentre Keaton interagiva con i grandi spazi, determinanti nella strutturazione della cultura americana), con tempeste capaci, come in una favola, di trascinare con sé il nido familiare così faticosamente costruito da Buster e consorte.

Come reagisce lui a tutto ciò? Demoralizzandosi? Tutt’altro: Buster Keaton è il ritratto dell’ottimismo americano, che mescola pragmatismo, testardaggine e spirito d’iniziativa. Se gli sostituiscono il diploma di botanico appena conseguito con uno da elettricista, lui si rimbocca le maniche e si mette a far quello. Naturalmente, non appena viene assoldato per automatizzare un appartamento, il risultato non potrà che essere bizzarro e divertentissimo, secondo la logica di un caos crescente, eppure dotato di una misteriosa logica interna, cui lui è però soggetto senza poterla controllare.

Buster Keaton reagisce in ogni situazione con la positività enigmatica della sua imperturbabilità: la famosa faccia impenetrabile, mai sorridente, che fu una delle sue intuizioni più grandi (all’inizio, nei corti con Arbuckle, rideva ancora). La sua espressione era talmente neutra e compassata da poterci leggere dietro qualunque cosa, dalla stupidità a un sovrano distacco orientale, o una qualche più profonda forma di consapevolezza esistenziale. James Agee la interpretò sostenendo che “sotto la mancanza di emozioni era lievemente sardonico; e molto più profondamente, arricchendo la poesia con una sconcertante tensione e grandezza, v’era nella sua comicità un gelido soffio non di pathos ma di malinconia”. Invece il grande cineasta surrealista Luis Buñuel disse che “in Keaton l’espressione è semplice come quella di una bottiglia. Ma la bottiglia e il viso di Keaton possiedono punti di vista infiniti”.

A proposito di Buñuel, proprio i surrealisti lo amarono moltissimo, per la capacità di slittare con grande disinvoltura dalla realtà verso la dimensione del sogno. Le sue opere sono piene di soluzioni narrative di sapore onirico, come in The Playhouse (1921), nel quale tutte le persone presenti in un teatro, orchestrali, attori, spettatori, sia uomini che donne, hanno la faccia di Buster Keaton; o lo straordinario effetto speciale di La palla numero 13 (Sherlock Jr., 1924) in cui la gag è incentrata sul fatto che il personaggio di Keaton entra dentro lo schermo con una scena che cambia ripetutamente mentre lui resta immobile.

Altra caratteristica fondamentale della sua arte perciò è la modernissima consapevolezza della natura artificiale del cinema, che lui utilizza come un linguaggio da piegare a suo piacimento, con intuizioni talmente innovative da coincidere, talvolta, con le più ardite sperimentazioni dei cineasti sovietici coevi. Ragion per cui la sequenza de Il cameraman (1928), in cui il maldestro operatore Buster filma dei pezzi di città sovrapponendo caoticamente diverse immagini, anticipa l’avanguardia di Dziga Vertov de L’uomo con la macchina da presa (1929).

La seconda parte della sua carriera è, purtroppo, assai meno lieta. Il licenziamento dalla MGM nel 1933, il divorzio dalla prima moglie, l’alcolismo. Keaton visse anni difficili, nei quali gli unici lampi furono una particina in Viale del tramonto (1950) di Billy Wilder, e soprattutto l’eccezionale duetto comico con Charlie Chaplin in Luci della ribalta (1952). Fortunatamente Buster Keaton visse abbastanza a lungo per assistere all’inizio della sua riscoperta, che coincise prima con una retrospettiva al festival di Venezia del 1963 capace di riaccendere l’interesse degli studiosi e poi con la partecipazione, dopo tante comparsate minori (anche in un film di Franchi e Ingrassia, Due marines e un generale, 1965), all’unico esperimento cinematografico di Samuel Beckett, Film. Nel quale interpreta con talento straordinario l’impassibile pessimismo ironico del drammaturgo irlandese, ispessendone il nihilismo un po’ letterario con la potenza espressiva di un uomo che ne aveva viste di tutti i colori nella sua tribolata esistenza.

E oggi, grazie all’impegno della Cineteca di Bologna e del suo laboratorio L’immagine ritrovata, viene annunciato il restauro dell’opera omnia di Keaton. Un progetto su scala pluriennale, realizzato in collaborazione con Cohen Film Collection, di cui si potranno vedere i primi frutti gà dal prossimo festival Il cinema ritrovato, a fine giugno, con la proiezione in anteprima delle versioni restaurate di One week (1920), il primo dei suoi grandi corti, e La palla numero 13.

Nell’attesa, appassionati e neofiti possono reperire facilmente anche su YouTube quasi tutta la sua produzione. È per questo che suggeriamo, per immergersi nel suo cinema, cinque punti d’ingresso privilegiati, tra corti e lungometraggi. Ecco la lista, e buona visione!

1. One week, 1920


Il primo capolavoro di Keaton, che mostra un’invidiabile maturità a soli 25 anni. In questo corto c’è già molto del suo stile: la concatenazione delle gag, a cominciare da quella della costruzione della casa da parte di una coppietta di neosposi; la villetta costruita male con una facciata che sembra un incubo cubista o surrealista; il ruolo della natura, con la tormenta che se la porta via come fosse una piuma. E il finale, dopo la distruzione dell’abitazione, all’insegna di un ottimistico lieto fine, nonostante tutto.

2. The Playhouse, 1921


La dimensione surrealista del sogno, con Buster Keaton che veste tutti i ruoli. Ma le cose non ritornano esattamente normali una volta che si sveglia, con una casa che si rivela essere un palcoscenico e, in un inarrestabile proliferare di doppi, la comparsa di due gemelle. Buster s’innamora d’una di loro, ma per essere certo di riconoscerla, dovrà segnarla con una croce!

3. Electric House, 1922


Il rapporto ambiguo tra l’uomo e gli oggetti, in una villa automatizzata che sembra prendere vita rivoltandosi contro il suo stesso creatore. Nella prima parte Buster Keaton organizza un mondo totalmente funzionale; nella seconda c’è la distruzione dell’universo precedentemente costruito. E per una volta il suo ottimismo incrollabile sembra non reggere il colpo.

4. La palla numero 13, 1924


È stupefacente la consapevolezza metacinematografica e la maturità del mezzo che Buster Keaton esibisce nella celebre sequenza del sogno di questo film. Keaton interpreta un proiezionista che finisce dentro lo schermo, interagisce con gli attori della pellicola e subisce tutti i rischi derivanti dal continuo cambiamento di scene. Una gag divertentissima e molto moderna, che anticipa di decenni un film come La rosa purpurea del Cairo di Woody Allen.

5. Le sette probabilità, 1925

https://youtu.be/3Y_EMkLj4ko
Buster Keaton ottiene un’eredità, ma il lascito è subordinato al fatto che si sposi. La donna che ama lo rifiuta, allora lui pubblica un annuncio sul giornale per cercare moglie. Rispondono migliaia di donne che, nella sequenza più famosa del film, lo braccano in una caccia via via più parossistica, con Keaton prima inseguito solo da donne e poi da centinaia di massi, con una progressione matematica della gag. Esilarante e ambiguamente misogino.

6. Bonus video: The Art of the Gag


Per concludere, consiglio di vedere questo videosaggio, in inglese con sottotitoli, dal canale YouTube “Every Frame a Painting”, un must per gli appassionati di cinema. L’autore Tony Szhou spiega con dovizia di esempi la logica delle gag di Buster Keaton mostrando anche, a riprova della sua modernità, quanto profonda e variegata sia stata la sua influenza sui cineasti contemporanei, Wes Anderson su tutti.