Patrizio Oliva, Sparviero senza una mano

Patrizio Oliva si racconta ad OptiMagazine partendo da "Sparviero. La mia vita". Il campione di boxe si mette davanti allo specchio, proprio come faceva da bambino impostando la guardia, e svela tutti i segreti di una vicenda umana e sportiva ricca di trionfi ma anche di dolore. Una lezione di vita per tutti.


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Patrizio Oliva racconta la sua vita e la sua straordinaria storia d’atleta campione olimpico e mondiale di boxe nel libro “Sparviero. La mia vita” (Sperling&Kupfer) scritto a quattro mani con Fabio Rocco Oliva. Un libro nel quale la vicenda sportiva, dagli inizi di fronte allo specchio della camera da letto dei genitori fino alla conquista della medaglia d’oro olimpica e del titolo di campione del mondo, s’interseca con alcune tragedie familiari, gli amori, le ingiustizie della vita.

Sono incuriosito dal titolo. Perché ti sei ispirato allo Sparviero ?

Era il mio soprannome quando combattevo ed è un animale che mi ha sempre molto affascinato. Molto simile nel comportamento a quello che avevo sul ring. Lo sparviero è un rapace esile ed elegante (proprio come Patrizio Oliva ndr) che   approfitta degli errori della preda per colpire in modo inesorabile. Proprio come facevo io con gli avversari. Li studiavo con calma, attendevo un loro momento di debolezza è colpivo.

Qualche critico accusava Patrizio Oliva di non essere un picchiatore. Ed in effetti la tua boxe è sempre sembrata un’arte più che un combattimento

Mi sono innamorato della boxe quando ho visto mio fratello Mario (anche lui pugile di buon livello ndr) indossare i guantoni. Ricordo che gli preparavo con cura meticolosa la borsa per la palestra. Mi piaceva che tutto fosse sempre in perfetto ordine. Ho sempre concepito il pugilato come ricerca della perfezione, della bellezza atletica ed estetica. Davanti allo specchio della camera da letto dei miei genitori provavo e riprovavo la guardia ed i movimenti sul ring. Durante la mia carriera da dilettante, oltre a vincere la medaglia d’oro nei tornei nazionali ed internazionali, venivo sempre premiato come miglior pugile. Sul ring, durante il combattimento cercavo il bello ispirandomi a Virgilio che nell’Eneide definisce la boxe un’arte.

 

Patrizio Oliva è affiancato nella conversazione dal coautore Fabio Rocco Oliva che conferma la matrice classica della vita del campione

La narrazione è già la realtà. La nostra cultura nasce da quella greca e latina che deve tornare ad esser importante nel nostro progetto culturale e non messa in disparte come si tenta di fare nelle scuole italiane. Per questo abbiamo utilizzato modelli latini e greci che affiorano ad esempio nell’emozionanti pagine che descrivono Patrizio Oliva ad Atene. La morale del libro è: in un mondo che invita al nichilismo, bisogna credere nelle proprie possibilità e nei propri sogni. Di fronte alle difficoltà porgo il petto alla sfida, proprio come Patrizio Oliva, e mi metto in viaggio per la realizzazione di me stesso.

Torniamo a parlare con il campione. La vittoria di Patrizio Oliva che maggiormente ha emozionato ed esaltato gli italiani è stata quella nella categoria Superleggeri alle Olimpiadi di Mosca nel 1980

E’ stato una vittoria speciale nella terra della boxe che mi era ostile perché tifava per il proprio campione Konakbayev. Ero reduce dalla delusione degli Europei dell’anno precedente quando una giuria prezzolata aveva assegnato la vittoria al mio rivale sovietico. Una sconfitta immeritata. La premiazione avvenne nel caos totale. Non sentimmo l’inno sovietico ed un omone mi spinse sul podio più alto come vincitore morale. Potevo deprimermi, ma decisi di essere corretto e leale. Mi sono preparato alla rivincita che mi sono preso l’anno dopo alle Olimpiadi. Nonostante un equivoco sul peso che ha rischiato di vanificare tutti i miei sacrifici.

 

La vittoria mondiale, sei anni dopo, custodisce il più grande segreto di Patrizio Oliva

La mano destra mi ha tradito. Quando ho intrapreso la carriera da professionista mi è stata diagnostica un’osteoporosi da trauma. Ogni volta che colpivo avvertivo un dolore tremendo alla mano. Chiunque altro avrebbe gettato la spugna. Io no. Non ho mai pensato ad un piano B. Da bambino davanti allo specchio mi proclamavo campione del mondo, campione olimpico ed ho sempre puntato ad ottenere questi titoli. Ho potenziato il lato sinistro e sono diventato campione del mondo con una sola mano quando ce ne sarebbero volute tre. Quando vuoi raggiungere un obiettivo nella vita e nello sport senza determinazione e motivazioni, se pensi ad un piano B non arrivi da nessuna parte.

Patrizio Oliva manda il suo SMS al Padreterno: Aiuta i genitori ad educare i figli in un mondo in cui tanti giovani che si abbandonano, si perdono inseguendo il male ed una ricchezza effimera