WhatsApp ancora nell’occhio del ciclone per quel che riguarda la tutela della privacy dei suoi utilizzatori (circa 800 milioni attivi, mica pochi).
Alcuni ricercatori, afferenti all’Università del New Haven, hanno messo in evidenza che l’applicazione di messaggistica istantanea tende a stipare durata esatta, giorno ed orario delle chiamate telefoniche (VoIP), e tanti dati.
Si tratta, nella fattispecie, di decriptare i collegamenti tra WhatsApp ed i suoi server, andando ad esaminare il traffico di rete. Così facendo, i diretti interessanti hanno portato alla luce il programma si avvale di codec Opus (chiamate) e protocollo FunXMPP (conversazioni di chat).
Analizzando il traffico di rete, si è stati capaci di mettere mano su ogni tipo di dato, tra cui quelli portati all’attenzione immediatamente sopra.
Uno dei ricercatori che si è fatto portavoce del gruppo ha provveduto a dichiarare:
“La nostra ricerca dimostra il tipo di dati che possono essere raccolti attraverso lo studio legale di WhatsApp. Decifrare il traffico di rete non è semplice, è infatti necessario il completo accesso ai dati del dispositivo, così come il traffico di rete completo“.
Come sopra riportato, parliamo di un’operazione non alla portata di tutti, ma comunque fattibile. WhatsApp sembra non proteggere a dovere la privacy dei proprio utenti, da cui risulta possibile carpire dati legalmente sensibili, anche al di la della loro volontà (magari anche a loro insaputa).
Certo, non capita tutti i giorni di venire spiati in un modo tanto elaborato e ricercato (sono pochi quelli che riescono a rubare informazioni importanti analizzando il traffico di rete, non è cosa affatto facile, lo vogliamo precisare), ma già il semplice fatto sia pratica potenzialmente perseguibile metterà molti in allarme (o per meglio dire apprensione, forse è il termine più corretto). Cosa ne dite voi? Vi sentite minacciati da questi ultimi risvolti? Parliamone insieme.