“Citizenfour” è l’utente anonimo che nel gennaio 2013 invia a Laura Poitras delle mail criptate, nelle quali sostiene di avere le prove del programma di sorveglianza indiscriminato realizzato dopo l’11 settembre dalla National Security Agency, l’organismo governativo statunitense di tutela della sicurezza nazionale.
La Poitras è autrice di documentari sulle ambiguità della politica estera americana nella lotta al terrorismo – My Country, My Country, sulla guerra in Iraq, e The Oath, su Guantanamo – ed è stata già sottoposta a controlli dalla Cia. Per questo forse “Citizenfour” l’ha scelta, invitandola insieme al giornalista freelance Glenn Greenwald a Hong Kong, dove si è rifugiato.
All’arrivo entrambi si meravigliano che la misteriosa talpa sia un trentenne dall’aria tranquilla, Edward Snowden, ex dipendente della Booz Allen Hamilton, un’azienda di tecnologia informatica consulente della NSA, fermamente intenzionato a rendere pubblici i documenti che dimostrano il complotto perpetrato dall’agenzia governativa ai danni della privacy di milioni di cittadini.
Nasce così Citizenfour, il documentario della Poitras prodotto da Steven Soderbergh, vincitore dell’Oscar 2015: un resoconto quasi diaristico degli otto giorni di conversazioni tra questi personaggi – cui si aggiunge il reporter del “Guardian”, Ewan MacAskill – e delle conseguenze delle rivelazioni di Snowden. Ormai note all’opinione pubblica mondiale: la NSA, con la collaborazione di paesi quali la Gran Bretagna, ha attuato un vastissimo piano di monitoraggio delle comunicazioni tra privati cittadini – telefonate, mail, sms, videochat –, per raccogliere i “metadati”, cioè l’insieme delle informazioni che identificano chi contattiamo, dai numeri telefonici alla geolocalizzazione. Un controllo vastissimo, lesivo della privacy, da cui emerge uno scenario allarmante, visto anche il contributo dei big della rete, Microsoft, Facebook, Google, Yahoo, che hanno permesso l’accesso ai propri database.
Il Datagate è un’incredibile spy story globale ad alta temperatura nella quale, come gli invasivi droni che ne registrano indisturbati i movimenti, le agenzie governative si muovono molto al di sopra delle persone e dei loro diritti. Il documentario Citizenfour però sceglie un tono raffreddato – a parte una colonna sonora insinuante –, concentrato principalmente sul minuzioso resoconto dei colloqui tra Snowden e Greenwald tra le quattro mura d’una camera d’albergo. La Poitras evita quasi del tutto spettacolarizzazioni – la storia è già abbastanza sensazionale di suo – e, in una vicenda incentrata su segretezza e occultamento della verità, cerca insistentemente uno stile da resoconto informato e oggettivo, per aiutare gli spettatori a identificare i fatti e decrittare i codici impiegati per dissimularli.
L’ultima sequenza ritrae Snowden e Greenwald a Mosca, dove l’analista informatico, ricercato dal governo americano, ha chiesto e ottenuto asilo politico. Per evitare intercettazioni, il giornalista annota su carta ulteriori rivelazioni, che mostra a uno sgomento Snowden. È l’unico momento in cui Citizenfour abdica alla sua costante ricerca di trasparenza, lasciando lo spettatore all’oscuro di quanto viene discusso. Un finale volutamente ambiguo e sospeso, che vuole essere un monito rivolto ai cittadini affinché non abbassino la guardia: perché la minaccia alla privacy non è scongiurata e molti segreti restano ancora da svelare.
https://youtu.be/Eyuoec7yPZk