Italiani digiuni di tecnologia per il CEO di Google

La parola a Daniele Laino, studente Optima Erasmus a Liegi


INTERAZIONI: 13

I giovani italiani sono tecnologicamente arretrati e rischiano di essere tagliati fuori dalla società di oggi. Non ha peli sulla lingua Eric Schmidt, CEO di Google in visita alla Facoltà di Architettura de La Sapienza, in un incontro con il Ministro della Cultura e del Turismo Dario Franceschini.
Per Schmidt le responsabilità stanno tutte nel sistema educativo italiano, ancora basato su una cultura libresca, sterile e inutilmente enciclopedica, che allontana i giovani dalle esigenze della società contemporanea e dal mondo del lavoro, e il 46% di disoccupazione giovanile lo dimostra. Schmidt ha portato come esempio gli USA, dove l’informatica è una materia obbligatoria fin dalle scuole elementari.
Parole che non sono risultate del tutto gradite al ministro Franceschini, che ha ammonito il presidente di Google sul pericolo della globalizzazione delle competenze. “Ogni paese ha le sue specializzazioni, gli italiani saranno più indietro sull’informatica ma avranno più nozioni di storia rispetto agli americani e potranno diffonderle nelle università di tutto il mondo, per favorire un vero e proprio scambio di conoscenze.”
Franceschini ha comunque ammesso che una maggiore digitalizzazione dei giovani italiani potrebbe creare nuovi posti di lavoro, specialmente nel settore turistico, dove il livello di servizi digitali, a partire dalle prenotazioni online è ancora scadente, e risolvere gli annosi ritardi sullo sfruttamento del patrimonio storico e artistico italiano.
Schmidt è convinto che il futuro dell’arte sarà sui cellulari. Google ha infatti una piattaforma digitale per le opere d’arte che potranno essere messe online da un museo, da una galleria o da un negozio di antiquariato.
Anche in questo caso Franceschini ha espresso alcune perplessità sul fatto che la cultura possa essere considerata merce da consegnare alle logiche di mercato. “Un’opera d’arte può avere un valore culturale ma non essere redditizio, occorre mettere dei paletti su cosa può essere commerciabile e cosa no”, ha aggiunto.
Abbiamo chiesto il punto di vista di Daniele Laino, studente Optima Erasmus a Liegi

Pensi che sia vero che i giovani italiani siano più in ritardo dei loro coetanei degli altri paesi sull’informatica e in generale la tecnologia? Hai notato questo divario con gli altri Erasmus?

Innanzitutto, il mio dissenso sta alla radice: mi chiedo che autorità abbia il signor Schmidt di Google per discutere di cultura. A parte questa polemica, io credo che in Italia ci sia fin troppa tecnologia, però usata nel modo più sbagliato (e di questo Google ne è una delle cause). Quando si tratta di scattare foto, postarle, commentarle, filmare gli altri, abbiamo dei cellulari alla velocità della luce, che fra poco fra le varie opzioni includeranno anche la torrefazione del caffé per una bella tazzina di espresso. La scarsa tecnologia a cui il signor Schmidt si riferisce, credo sia quella relativa alla Ricerca, che lo scarso budget del nostro paese, la cui dicitura “in crisi” si è impressa a fuoco sulla bandiera, penalizza inevitabilmente. La tecnologia che impazza in Italia è quella di consumo, degli smartphone all’ultima moda e delle grandi multinazionali; devo dire che in Belgio non ho trovato né l’uno né l’altro: Liegi tecnologicamente non è più avanzata di noi, anzi, e allo stesso modo non si avvistano negozi di telefonia e multimedia ogni cento metri. Tante volte mi sono lamentato ai corsi di non riuscire a seguire la lezione a causa del rumore dei tasti delle schiere di studenti in Macbook, ma quella più che altro è semplicemente una conseguenza della maggiore agiatezza economica, non di una maggiore alfabetizzazione informatica.

Sei d’accordo allora con il ministro Franceschini che dice che invece noi italiani abbiamo una maggiore preparazione di cultura generale? Ritieni che questa però non possa essere spendibile al giorno d’oggi?

Difficile dire se noi italiani siamo generalmente più preparati degli altri europei più “cibernetici”, si entra nella pura statistica. Diciamo che così come in Italia talvolta sono testimone di eclatanti fatti di non-cultura, così anche in Belgio mi è capitato di incontrare parecchia gente non brillantissima, che era ferrata solo sul proprio ramo di studi, mancando di ogni tipo di preparazione generale. Dire che la cultura tradizionale e letteraria non serva al giorno d’oggi per me è nulla di meno che un’eresia (e sarebbe darmi una zappa sui piedi). D’altronde, l’informatica, un settore che tutto sommato mi sarebbe piaciuto approfondire, non è altro che un nuovo ramo della frondosa magnolia che è la cultura umana, e dunque non ha diritto né a maggiore, né a minore dignità di ogni altra branca.

Credi che, come afferma Eric Schmidt, la crescente digitalizzazione possa aiutare a sfruttare meglio il patrimonio turistico italiano e risolvere il problema della disoccupazione giovanile?

Sono scettico ma al tempo stesso consapevole del potere di Internet, quindi sì, sono favorevole all’utilizzo della tecnologia nell’ambito della diffusione dell’arte, purché, come del resto auspica il ministro Franceschini, non si finisca per cadere in bieche tattiche di mercato (cosa di cui dubito alla lunga). Stesso dicasi per la disoccupazione: l’informatica è un nuovo settore, in pieno sviluppo; se può aiutare a creare nuovi posti di lavoro, ben venga, anche perché con l’informatica si concretizza quella bella frase a effetto che recita: “se non riesci a trovare un lavoro, inventatelo”.

Il Ministro Franceschini e il CEO di Google Schmidt

“E’ ora di svegliarsi-ha concluso Schmidt nel suo intervento- il nuovo mondo dei cinesi e degli indiani che crescono a pane e Internet non aspetterà che gli italiani scoprano la tecnologia”.