Il problema principale di Bling Ring sta nel nome illustre del suo regista. Sofia Coppola, figlia del noto Francis Ford, da quando è approdata sul grande schermo come regista nel 1999 con Il giardino delle vergini suicide si è guadagnata sul campo l’attenzione e la stima di pubblico e critica, otre che un Oscar alla migliore sceneggiatura originale nel 2004 per Lost in Translation.
Inevitabile dunque che le sue opere, solitamente pervase di uno stile ben riconoscibile, vengano passate al setaccio sempre in cerca di quel qualcosa in più. Se quindi la firma su Bling Ring non fosse la sua, ci si potrebbe concentrare meglio sul messaggio che sullo stile narrativo.
Ma spiegato il motivo per cui non si può Bling Ring diventa un film per certi versi deludente, con una ripetitività noiosa che dovrebbe servire allo scopo e che invece non raggiunge l’obiettivo, se non quello di mostrare le capacità di una Emma Watson ormai lontana dalla Hermione di Harry Potter.
Con un percorso al contrario di quello fatto con Somewhere, vincitore del Leone d’Oro nel 2010, la Coppola racconta ancora il mondo dello spettacolo, ma questa volta attraverso un gruppo di ragazzi attori o vittime (il film non spinge sul giudizio ma piuttosto sulle cause che creano il comportamento) di un universo mediatico che volente o nolente invoglia verso la celebrazione e l’imitazione.
Bling Ring arriva nelle nostre sale giovedì 26 settembre.
Il trailer lo trovate qui.