Sconvolgenti rivelazioni denunciate alla procura di Palermo dal maresciallo Saverio Masi attualmente in servizio come caposcorta del pm antimafia Nino Di Matteo. Il militare dell’Arma ha con una denuncia rivelato dettagli scottanti sulle indagini sulle latitanze di Bernardo Provenzano e di Matteo Messina Denaro, attuale boss di Cosa Nostra. Partendo dal primo, Masi ha messo nero su bianco, facendo nomi e cognomi, gli ordini datigli nel corso delle indagini per la cattura del boss.
«Noi non abbiamo intenzione di prendere Provenzano, non hai capito niente allora? Ti devi fermare». Solo una delle frasi che pronunciarono i suoi superiori nel momento in cui il maresciallo era riuscito a stringere il cerchio intorno a “Zio Binnu”. Nella denuncia Masi poi continua e racconta come addirittura i superiori gli avessero offerto un posto di lavoro per la sorella disoccupata in cambio della sua reticenza, nonostante lui non avesse mai parlato con nessuno dell’Arma della situazione della sorella.
«Hai finito di fare il finto coglione? Dicci cosa vuoi e te lo diamo» dissero gli ufficiali dell’Arma che supervisionavano i suoi movimenti sul campo. Provenzano, secondo la denuncia del militare, non doveva essere preso o almeno non nel momento in cui seguiva lui le indagini, cominciate di sua iniziativa e con pochi mezzi e risalenti al 2001. Un’ipotesi che ha già dato vita ad un processo agli ufficiali del Ros accusati di aver favorito la latitanza del boss in cui il pm è proprio Di Matteo che adesso si trova a scortare.
La denuncia, però, non si riferisce solo alla latitanza di Provenzano ma riguarda anche quella, tuttora attiva, dell’attuale reggente Messina Denaro. Secondo la denuncia Masi ha addirittura visto Messina Denaro seduto al tavolo in un casolare durante un summit di mafia, ma tornato al comando gli è stato intimato di fermarsi con le indagini. Una cosa già successa in precedenza e nonostante la quale lui aveva continuato a sue spese fuori servizio producendo una serie di relazioni lasciate cadere nel vuoto dai suoi superiori. Delle sue rivelazioni adesso però se ne occuperanno i magistrati antimafia palermitani.