In principio c’era paura: il timore di veder rovinata una bella saga con banali scaramucce inframezzate da qualche solito inseguimento “scoppiettante”. Non è stato così. Credo siano pochi a non conoscere il titolo di una bellissima opera del pittore spagnolo Francisco Goya datata 1797: Il sonno della ragione genera mostri (El sueño de la razón produce monstruos). Chissà perchè, guardando Mad max: fury road mi è venuto spontaneo parafrasare questo titolo in: La sveglia della follia genera (spesso) capolavori. Perchè è questo più o meno cha ha fatto George Miller, nel dirigere questo film. Un capolavoro del genere o qualcosa di molto simile. E non era facile riuscirci. Non lo era per varie ragioni, in primis il rischio appunto di rimanere banali per essere fedeli ad un cliché.
E invece con la follia che permea l’atmosfera e la trama del film, Miller “ci è andato a nozze”, nel senso che ha dato ampio spazio creativo alle scenografie, le coreografie e le varie inquadrature che ti seccano occhi e gola in un crescendo di tensione adrenalinico. Mad max: Fury road è stato accolto da un tripudio di ovazioni a Cannes. Non è che succede spesso da quelle parti, sia ben chiaro e questa volta è stato un tripudio da ultras del tutto spontaneo. Meritatissimo. Questo è un quarto episodio della vecchia serie che ha fatto la storia, difficile da riproporre, da realizzare, più o meno 30 anni dopo l’ultima uscita; difficile nella sua gestazione. Miller ci è riuscito in pieno e, cosa da non sottovalutare, ci è riuscito riproponendo più o meno lo stile che lui stesso ha contribuito a far nascere e progredire. Ha innovato pur rimanendo coerente. Il post apocalittico con rimandi allo steampunk scorre fluido nel girato, fra inseguimenti e esplosioni che, cosa rara, questa volta non stancano e non hanno il sapore del trito e ritrito. Tom Hardy convince in pieno e fa altrettanto Charlize Teheron nel ruolo della guerriera Furiosa. Lei emana fascino e timore reverenziale: il suo ruolo in quanto donna che indica il futuro di un’attesa e profetica rinascita di un mondo devastato dal genere umano, convince quasi al pari di una reale e sacra profezia. E non lasciatevi ingannare dalla direzione che ci si aspetta da una trama in parte conosciuta: lo svolgersi degli eventi nasconde anche pieghe inaspettate.
Insomma Mad max: Fury road ha l’apparenza di un qualsiasi action hollywoodiano, ma non lo è. Ci sono voluti anni di ripensamenti e intoppi vari per convincere la Warner ad investire più o meno 150 milioni di dollari per lasciare Miller libero di scorazzare nel deserto, nella sua lucida e contagiosa visione cinematografica: esaltante nello spacciare benzina infiammata come fuoco purificatore, quanto allucinante nel convincere della fattibilità di un futuro ingovernabile. Lascerà il segno questa pellicola. Lo ha già fatto. Ed era tempo che ci si augurava di un film del genere che innovasse e allo stesso tempo ribadisse con orgoglio certi punti fondamentali di una vecchia scuola che ha insegnato non poco. Speriamo inneschi qualcosa di emulativo, da un punto di vista qualitativo e non solo. Speriamo in un crescendo di emozioni per il prossimo futuro, apocalittico e non. Ad libitum.