L’ordine è chiaro. Non mangiare i prodotti agricoli della Terra dei Fuochi. Anzi facciamola mangiare agli inquinatori. Frutta e verdura coltivati nei siti contaminati sono mortali. Un simile avviso non si discute, ma fa venire i brividi al sol pensiero che la frutta e la verdura consumata sulle nostre tavole possa esser letale.
Chissà se l’invitante esposizione di fave novelle della fotografia è contaminata o se l’intimazione – ipotesi più probabile – “non mangiare” vuol tenere lontani i golosoni che assaggiano senza pagare? Il dubbio rode la mente e non ci lascia sereni. Molti scienziati – in primis Veronesi – mettono al bando la carne ritenendola un alimento cancerogeno. I carboidrati ( pane e pasta) vanno utilizzati con saggezza, di salumi e formaggi meglio non abusare. Frutta e verdura sono al contrario universalmente indicati come alimenti salutari e gustosi. Ma se poi ci rode il sospetto che possano esser contaminati?
Dopo anni di denunce isolate, di coraggiose inchieste giudiziarie, di rivelazioni ad orologeria di pentiti finalmente siamo ad una svolta. Il Governo ha completato un monitoraggio serio dei territori a nord di Napoli per decenni utilizzati come sversatoio illegale di rifiuti tossici ed altamente nocivi. E’ stato controllata un’area di oltre mille chilometri quadrati il 2 per cento dei quali ( circa 21 chilometri quadrati) è stato dichiarato inquinato. E dunque scattato il divieto di produzione, vendita e consumo dei prodotti coltivati.
Un’operazione verità che contribuisce a rasserenare i consumatori, a tutelare i coltivatori onesti, ad inchiodare i colpevoli alle loro responsabilità. Intanto però il consumo dei prodotti agroalimentari made in Campania è crollato di oltre il 30 per cento. Un panico irragionevole ma più che comprensibile. Altro che Campania felix che fin dall’epoca romana era prospera – per il clima, l’abbondanza d’acque e la prosperità delle terre vulcaniche – dei migliori prodotti dell’Impero.
E’ una Campania infelix quella della Terra dei Fuochi. Ci vorranno miliardi per risanare il territorio e la salute dei cittadini, la tracciabilità tecnologica dei prodotti e molte generazioni generazioni per rimediare allo scempio compiuto da avidi sciacalli ai quali faremmo tutti mangiare i prodotti nati nei territori che hanno contaminato.