Era il 24 ottobre 1973 quando iniziò ufficialmente la battaglia di John Lennon contro gli USA e l’FBI. L’ex co-autore dei Beatles, rispetto agli altri compari di avventure, aveva trovato nell’attivismo politico quella sfumatura in più per la sua musica. La sua potenza mediatica preoccupava non poco il presidente Richard Nixon, che vedeva in lui una minaccia per l’esito delle elezioni del 1972, le prime in cui avrebbero potuto votare i diciottenni.
Lennon, del resto, aveva un grande seguito tra le nuove generazioni di allora che – proprio come lui e Yoko Ono – non avevano certo a cuore la guerra del Vietnam che somigliava più a un massacro insensato che a un’operazione militare. Nei suoi piani c’era un tour di protesta fatto di musica e messaggi, una strategia che avrebbe certamente affossato la credibilità di Nixon. Fu il senatore Strom Thurmond a rivelare l’agenda di Lennon alla Casa Bianca con una lettera, e per allontanare il pericolo britannico dagli Stati Uniti propose di revocare il visto al cantautore e alla consorte.
Va detto che il governo fece davvero di tutto per allontanare John e Yoko dal Paese. L’FBI, infatti, si appellò ad una condanna subita da Lennon nel 1968 per possesso di marijuana, condizione che lo rendeva non idoneo alla permanenza negli Stati Uniti. Il 24 ottobre 1973, dunque, con il supporto del suo avvocato Leon Wildes la voce di Imagine depositò presso il tribunale di Manhattan un documento contro l’FBI per invitarli ad ammettere di aver messo sia lui che il suo difensore sotto intercettazioni telefoniche.
Secondo Lennon e Wildes, le indagini dell’FBI a suo carico avrebbero inibito la sua domanda per la Green Card necessaria per la permanenza negli Stati Uniti. Nel 1976 il cantautore vinse la sua battaglia e ottenne la Green Card.