Dogman di Luc Besson, l’anello di congiunzione tra Joker e Lo Chiamavano Jeeg Robot (recensione)

Quella di Luc Besson è la storia della genesi e ascesa di un villain da fumetto. Una buona fotografia e l’interpretazione di Caleb Landry Jones riescono a fare di Dogman un film riuscito, capace di perdersi solo quando si prende troppo sul serio


INTERAZIONI: 82

Dimenticate Garrone, il Dogman di Luc Besson, ora al cinema, è l’anello di congiunzione tra Joker (2019) di Todd Phillips e Lo Chiamavano Jeeg Robot (2015) di Gabriele Mainetti.

TRAMA

Questa è la storia di un villain, un eroe o meglio antieroe, sofferente e a tratti sadico con cui lo spettatore riesce a empatizzare. Perché il nuovo film di Luc Besson racconta la storia di Douglas (Caleb Landry Jones), che ha passato l’infanzia tra le violenze domestiche. Douglas  è stato un bambino maltrattato nella periferia americana del New Jersey, chiuso finanche in una gabbia insieme a decine di cani, fedeli compagni in grado di capirlo, letteralmente.

“Un bambino prende l’affetto che trova”  dice Douglas alla sua terapeuta. Il nostro protagonista scopre quel sentimento nell’interazione con i cani, che a differenza della sua famiglia di origine o di quelle in affido dove è costretto a crescere, sono gli unici capaci di amore incondizionato.

La società tenderà sempre più a isolare Douglas, cosa che non farà altro che accrescere la rabbia che cova dentro il nostro protagonista. Deciderà infine di far esplodere quelle frustrazioni con una crudeltà e un senso di giustizia da vero cattivo di una graphic novel, opera che in realtà non esiste nei riferimenti del film.

Non mancano figure femminili di rilievo, come un’insegnante di recitazione, interpretata da Grace Palma, che lo farà appassionare a Shakespeare e spezzerà il suo cuore a metà, facendolo ricadere ancor di più a patti con i suoi demoni. Altre figure positive, seppur poco indagate da Besson e tenute quasi come orpello e cliché nella pellicola, sono il gruppo di drag queen che lo accolgono a braccia aperte nel loro mondo. I fantasmi del passato, le vendette e un “cattivo davvero cattivo” costringeranno infine Douglas a diventare definitivamente Dogman, un uomo di cui è meglio aver paura.

IL FILM

Luc Besson porta sul grande schermo forse il suo film più riuscito del decennio. Siamo certo ben lontani dal fascino del suo capolavoro Nikita (1990) o dei suoi più riusciti action come Io Vi Troverò (2018 -sceneggiatore).

Dogman di Besson è quindi a tratti una origin story  del personaggio e a tratti un film drammatico. E’ proprio questa seconda velleità a non convincere. Non riusciamo sempre a intravedere le ragioni di alcune scelte del protagonista, non scendiamo con lui negli inferi, ma guardiamo alla fine con un certo distacco persino la sua infanzia problematica.

I dialoghi poi, sono spesso sassi buttati in uno stagno di emozioni continue. Non abbiamo neanche il tempo di guardare la refrazione dell’acqua, un rimbalzo o la parabola della pietra, che già un altro sasso viene gettato in pasto allo spettatore. Il risultato sono una lunga serie di frasi ad effetto lasciate cadere nei dialoghi, soprattutto quelli con la psichiatra che lo ha in cura. Scordiamoci quindi il fascino di Joker di Todd Philips con il mitico Joaquin Phoenix, film da cui Besson sembra prendere a piene mani.

Il dialogo con la terapeuta serve a Besson per spiegare con flashback la storia del suo eroe, ma l’atteggiamento del protagonista è talmente piatto, disponibile, facilmente filosofico, da essere disturbante e non in senso positivo. La tensione tra i due è praticamente assente, della paura che proviamo ad esempio nelle battute della psicologa con il Joker, qui non vi è alcuna traccia.

Joker vs Dogman scena psichiatra

Del capolavoro di Matteo Garrone, il Dogman di Luc Besson, prende solo a prestito il titolo del film. La drammaticità del film di Garrone, la memorabilità e veridicità del personaggio, l’ambientazione riconoscibile tra mille, sono tutte doti che dobbiamo dimenticare prima di entrare in sala e vedere Besson. Anche se prova a spingere, senza riuscirci, sulla drammaticità della storia e del personaggio, non è tutta lì la direzione del lavoro di Luc Besson. Ecco allora che Dogman è un film su un antieroe perfettamente riuscito, anello di congiunzione dal fascino europeo come lo è Lo Chiamavano Jeeg Robot (2015) di Gabriele Mainetti e le ambizioni hollywoodiane alla Joker (2019).

A connotare positivamente il lungometraggio c’è sicuramente l’interpretazione del protagonista, Caleb Landry Jones, che qui entra ufficialmente nella ristretta cerchia degli attori che contano negli U.S.A. Siamo certi che lo rivedremo presto sullo schermo, diretto magari da altri grandi registi. Infine, le scene durante gli spettacoli delle drag queen, in cui il nostro Dogman imita e canta icone come Edith Piaf, Marlene Dietrich e Marilyn Monroe, rendono ben riconoscibile la fotografia del nuovo film di Luc Besson.