Nel film ora al cinema, Rodeo, le gomme delle motociclette bruciano come le vite dei suoi protagonisti.
Si scrive al plurale, ma la vera e indiscussa protagonista è solo una, Julia, adolescente rabbiosa ed estranea alla sua stessa famiglia. Il primo piano sequenza segue Julia combattere contro tutti, fratelli, amici e conoscenti. L’hanno derubata della sua amata moto ed è intenzionata a reperirne altre nello stesso modo. Contatta venditori di moto di seconda mano, finge di provarne una e scappa via a tutta manetta. L’importante è stare in sella, solo lì la si vede sorridere, solo lì riesce ad essere sé stessa, libera da ogni costrizione.
LA STORIA
Viene dal Guadalupe Julia, ma vive nella periferia di Bordeaux. La madre non la vediamo mai apparire, perché di fatto non esiste. Ha ripudiato la figlia perché troppo problematica e Julia sa di doversela cavare da sola, ad esempio entrando in una banda di riders in motocross che rubano e rivendono motociclette. Ma la bellezza si insinua persino in quell’ambiente degradato e julia è sensibile alla gentilezza. La ritrova persino in uno dei ladri, l’unico a vederla davvero e in una giovane madre, la moglie del capo. Si chiama Ophélie e somiglia più ad una sorella maggiore. Ophélie ha un figlio e anche a lui che si lega la nostra protagonista, ritrovando forse la famiglia che non ha mai avuto.
Julia si fa chiamare “Nessuno”, come Ulisse prima di scampare al ciclope. Ci prova anche Julia a scappare, a tutto gas. Il mostro da cui è inseguita si chiama morte. La sente addosso, sogna i riders che sono morti, quelli che la notte sembrano afferrarla e tenerla stretta. Non è facile per una giovane e intelligente ragazza integrarsi in una banda di malviventi, deve guardarsi continuamente le spalle, ma lei sogna il colpo del secolo, quello in grado di permettere di lasciare quel luogo e scappare con Ophèlie e il piccolo, che il capo tiene segregati in casa con la forza.
IL FILM
Il primo lungometraggio francese di Lola Quivoron, regista e sceneggiatrice, è un piccolo successo di critica. Al Torino Film Festival vince il Premio della giuria, ma il vero motore, o pistone, che spinge a guardare la pellicola è sicuramente la sua protagonista, attrice non professionista, Julie Ledru. Infatti è lei ad aver vinto sempre a Torino il premio come Miglior attrice protagonista e soprattutto è lei a mantenere alta l’attenzione dello spettatore.
La quivoron, classe ’89, sembra saperlo bene. La camera non si stacca praticamente mai dal personaggio di Julia e vediamo tutto con i suoi occhi. Annusiamo la sua rabbia, la possiamo quasi toccare, come possiamo sentire la voglia di libertà in sella ad una moto. Vediamo l’arco di trasformazione del personaggio, in maniera finanche troppo didascalica.
Rodeo è un film che segue il filone dei lungometraggi francesi degli ultimi anni. Pensiamo ai film premiati come Shèhèrazade e soprattutto a Divines per il tipo di storia e di personaggi femminili, senza tuttavia scavare realmente a fondo nella storia. Non sappiamo neanche perché proprio la moto riesce a restituirle quel senso di libertà e alcuni personaggi sono solo accennati all’interno della pellicola.
Il lungometraggio Rodeo, ha una sua lentezza e risente ovviamente dell’influenza di Rosetta dei fratelli Dardenne, con le dovute e necessarie proporzioni, ma la tensione e l’attenzione alla protagonista sembrano mirare a quell’obiettivo. Alcune soluzioni nel film sono fin troppo facili, altre le abbiamo già viste in Come Un Tuono e il serbatoio della moto utilizzato per nascondere i soldi sa di amarcord rispetto ad Easy Rider, anche se in quel caso si trattava di droga. Ciò nonostante non vi è dubbio che Rodeo sia un’ottima opera prima e che la protagonista meriti di essere seguita curva dopo curva nella sua avventura.
Rodeo è ora al cinema.