10 anni fa la morte di Enzo Jannacci, un “ateo laico imprudente” | Memories

Il 29 marzo 2013 ci lasciava Enzo Jannacci. Ecco perché è sempre importante ricordarlo

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Ph: Meeting Rimini


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Ricorrono oggi i primi – e tristi – dieci anni dalla morte di Enzo Jannacci, quel medico cantautore che ha sempre cantato ogni stratificazione della società dispensando a chiunque una carezza e una parola di conforto, ma soprattutto un abbraccio di ironia. Alle 20:30 del 29 marzo 2013 alla clinica Columbus di Milano Jannacci si spegne a 77 anni. Da un po’ di tempo sta combattendo contro un tumore e negli ultimi giorni le sue condizioni di salute sono peggiorate.

Da qualche anno Jannacci ha ridotto notevolmente le sue apparizioni pubbliche, e non nasconde un certo cambiamento anche sul piano spirituale. In vita, Vincenzo e la sua Vengo Anch’io, No Tu No, insieme a Vincenzina E La Fabbrica e tantissime altre canzoni hanno reso la canzone italiana nelle sue sfumature più originali e sceniche: il mondo del cantautore milanese è fatto di poesia e cabaret, autoironia e denuncia, un monumentale spettacolo del vero in cui qualsiasi colore e avverbio, verbo e articolo hanno avuto un senso, per questo oggi resta un genio imbattuto.

Chi lo ha conosciuto, oggi ne sente fortemente la mancanza. Non è una nostalgia comune: Jannacci manca anche a quel lavavetri infreddolito cui il poeta regalò il suo cappotto. Lo ricorda Rolling Stone, e l’aneddoto dipinge un’immagine ben chiara del cantautore: nelle sue canzoni non fingeva, non vendeva parole per fare mercato, ma distribuiva storie come se fossero tanti episodi di un documentario infinito.

In una delle ultime interviste rilasciate al Corriere della Sera nel 2009 Jannacci si definisce “ateo laico molto imprudente”, con una virata più vicina al sentimento religioso specialmente per il caso Eluana Englaro. Vincenzo non è d’accordo sull’eutanasia, e si giustifica così:

“In questi ultimi anni la figura del Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l’idea di aiutare qualcuno a morire. Se il Nazareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo, eccome, però avremmo così tanto bisogno di una sua carezza”.

Nello stesso anno Jannacci dichiara all’Avvenire di essersi scoperto credente dopo una “costante dialettica interna”. E Vincenzo con se stesso ha sempre parlato, si è sempre messo in discussione e proprio per questo, nel rispecchiarsi nei pazienti, nel suo pubblico e negli ultimi che incontrava per strada e ai quali regalava cappotti, ha sempre tradotto in parole ciò che il cuore suggeriva.

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