Mixed by Erry, una commedia pop e vintage che non sa raccontare gli anni Ottanta

L'incredibile storia vera dell'impero della contraffazione di musicassette di tre fratelli napoletani. Il film di Sydney Sibilia però s'arresta allo spunto divertito e romanzesco, senza riflettere mai sull'epoca o sui personaggi

Mixed by Erry

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Con Mixed by Erry Sydney Sibilia, dopo la trilogia di Smetto Quando Voglio e L’Incredibile Storia Dell’Isola Delle Rose, arricchisce la sua galleria di outsiders, perdenti capaci di concretizzare tutte le loro aspirazioni attraverso mirabolanti avventure sospese tra legalità e illegalità, trasformati in criminali che non perdono però mai l’aria buffa e stralunata da sognatori impenitenti, cui le cose accadono un po’ malgrado loro.

La produzione è sempre dell’attivissima Groenlandia di Matteo Rovere, insieme a Rai Cinema e con la collaborazione di Netflix. Come ne L’Incredibile Storia Dell’Isola Delle Rose anche stavolta Sibilia, coadiuvato in sceneggiatura da Armando Festa, s’è fatto ingolosire da una storia vera talmente rocambolesca da sembrare inventata, quella dei fratelli Frattasio – in realtà quattro, nel film diventano tre –, che dai quartieri più popolari della Napoli a cavallo tra anni Ottanta e primi Novanta, sfruttando la passione da dj coltivata sin da bambino da Enrico (Luigi D’Oriano), ascoltatore onnivoro che crea selezioni musicali a perfetta misura di ascoltatore, riescono a creare in poco tempo un impero fondato sulle musicassette contraffatte.

È difficile, nel Sud Italia e non solo, trovare un’abitazione nella quale non ci sia una delle, pare, circa 180 milioni di cassette smerciate con il marchio Mixed by Erry – “la dimensione ideale per un ascolto pulito”, recitavano orgogliose –, un’attività che nel momento di massimo splendore contava decine di “laboratori” con centinaia di registratori perennemente in azione, dando lavoro a più di cento persone. La storia è stata ricostruita con grande puntualità dal libro omonimo cui s’è ispirato Sibilia, scritto dalla musicologa Simona Frasca (pubblicato da Ad Est dell’Equatore), di cui consigliamo la lettura per la sua capacità, partendo dai paradossali accadimenti, di intrecciare con acume storia economica e sociale, dando conto dei risvolti più seri della vicenda.

Il film com’è immaginabile, si concentra invece sugli aspetti più divertenti ed esteriori, sottoponendo la storia a un trattamento romanzesco in cui le memorie della lunga tradizione di perdenti da commedia italiana – che rimontano fino ai padri nobili delle scalcagnate bande degli onesti e soliti ignoti – sono filtrate attraverso un’attitudine marcatamente pop che nello stile rimanda all’heist movie americano. Anche se, va detto, l’ambientazione partenopea spinge qui ad attenuare quasi istintivamente l’uso di certe soluzioni visive, dai ralenti ai time lapse.

Come per il film precedente, però, la sensazione è che anche in Mixed by Erry la storia vera di partenza costituisca per certi versi più un impaccio che un moltiplicatore di idee. In Smetto Quando Voglio – che indubbiamente s’avvantaggiava, specialmente il primo episodio, di una scrittura più stringata – lo spunto realistico della disoccupazione intellettuale diventava il trampolino di lancio per un racconto felicemente di genere, con una evidente impronta estetica d’oltreoceano, conservando però nella caratterizzazione naïf e cialtronesca dei personaggi un sentore inequivocabilmente italiano.

La ricostruzione d’epoca dei due film successivi soffre invece della mancanza di una profondità storica, della capacità cioè di costruire un profilo accettabilmente verosimile tanto dell’epoca ritratta che dei personaggi. Non è questione tanto di rispetto della veridicità degli accadimenti – è chiaro che il film riadatti e “tradisca” nell’ottica delle sue legittime esigenze narrative –, quanto del mantenimento di una fedeltà all’essenza dei fatti.

Invece in Mixed by Erry, pur affettuoso verso i fratelli Frattasio protagonisti (gli altri due interpretati da Giuseppe Arena ed Emanuele Palumbo), l’ambientazione partenopea degli anni Ottanta si limita a costituire un fondale vagamente cartonato, di cui vengono colti gli aspetti più superficiali – la solita collezione vintage di oggetti, abiti, acconciature, tic e mode – senza però mai riuscire a dare conto della sostanza dell’epoca.

E l’ingombrante presenza di motoscafi blu, contrabbandieri di sigarette, feste dello scudetto del Napoli del 1987 in una storia tutta sigillata dentro l’itinerario dei vicoli di una comunità variopinta, restituisce un sapore di insistito folklorismo. Che si ritrova nella gag, che pure origina da un fatto vero, della diffusione delle imitazioni delle cassette Mixed by Erry, cioè dei falsi dei falsi che un venditore cerca di piazzare dicendo “Dottò, questo è un falso originale!” – e a quel punto più che in un film all’americana siamo stabilmente dentro la Napoli di Bellavista.

Anche l’irresistibile ascesa dei Frattasio è raccontata in maniera incongrua: i tre fratelli, da un giorno all’altro trasformati in miliardari che fanno affari persino con squali dell’imprenditoria milanese (Fabrizio Gifuni), restano improbabilmente i ragazzi di sempre, senza nessuna evoluzione caratteriale, con le fidanzatine da fotoromanzo e l’ingenuità da eterni adolescenti. Così la parabola di Mixed by Erry – che pure comincia e termina dal carcere in cui i fratelli finirono per una condanna a quattro anni e sei mesi – non ha mai nulla di esemplare, incapace di issarsi oltre il livello dello spunto curioso buono per un raccontino picaresco che fa l’elogio dei pirati guasconi e sognatori.

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