Azzurro di Adriano Celentano, una rilettura poetica sulla solitudine esistenziale

Un uomo solo in città, un amore lontano e i ricordi. Ecco il significato di Azzurro, una delle canzoni più famose di Adriano Celentano scritta da Paolo Conte e Vito Pallavicini

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Azzurro di Adriano Celentano è uno di quei brani entrati subito nel sentimento popolare. Scritta da Paolo Conte e Vito Pallavicini, fu pubblicata nel 1968 insieme a Una Carezza In Pugno nel lato B.

Quella di Paolo Conte con il Clan Celentano è la storia di una continua ascesa. Conte entrò nel Clan che era ancora un ignoto avvocato astigiano, ma da subito si fece notare per la sua penna poetica e originale. Dopo aver scritto Chi Era Lui, lato B de Il Ragazzo Della Via Gluck, nel 1967 scrisse La Coppia Più Bella Del Mondo per il Molleggiato e Claudia Mori insieme a Miki Del Prete e Luciano Beretta. Il brano vince il Cantagiro.

Nel 1968 arrivò Azzurro, un brano difficilmente catalogabile sia per il suo arrangiamento che per il testo: quelle parole amare si poggiavano su una marcetta sostenuta, quasi per un atterraggio morbido del protagonista travolto dalla solitudine. Un racconto d’estate in cui il narratore soffre la solitudine in città mentre il suo amore ha scelto il mare. “Sento fischiare sopra i tetti un aeroplano che se ne va” sottintende un complesso dell’abbandono molto forte, che disegna il tipico momento in cui le città si svuotano per il grande esodo verso le località estive.

Proprio mentre il protagonista pensa di prendere un treno per raggiungerla, ecco che mentre osserva il mondo dalla finestra riaffiorano i ricordi e comincia il viaggio nel tempo. La seconda strofa è proprio quel viaggio: “Sembra quand’ero all’oratorio con tanto sole, tanti anni fa; quelle domeniche da solo in un cortile a passeggiar”, una solitudine che quindi si ripresenta in un momento di forte autoanalisi esistenziale, dove la nostalgia è talmente viscerale da diventare una proiezione. Se da una parte il protagonista vive il vuoto della città d’estate in cui non c’è “neanche un prete per chiacchierar”, dall’altra “qui c’è gente, non si può più”.

Testo

Cerco l’estate tutto l’anno
e all’improvviso eccola qua.
Lei è partita per le spiagge
e sono solo quassù in città,
sento fischiare sopra i tetti
un aeroplano che se ne va.

Azzurro,
il pomeriggio è troppo azzurro
e lungo per me.
Mi accorgo
di non avere più risorse,
senza di te,
e allora
io quasi quasi prendo il treno
e vengo, vengo da te,
ma il treno dei desideri
nei miei pensieri all’incontrario va.

Sembra quand’ero all’oratorio,
con tanto sole, tanti anni fa.
Quelle domeniche da solo
in un cortile, a passeggiar
ora mi annoio più di allora,
neanche un prete per chiacchierar

Azzurro,
il pomeriggio è troppo azzurro
e lungo per me.
Mi accorgo
di non avere più risorse,
senza di te,
e allora
io quasi quasi prendo il treno
e vengo, vengo da te,
ma il treno dei desideri
nei miei pensieri all’incontrario va.

Cerco un po’ d’Africa in giardino,
tra l’oleandro e il baobab,
come facevo da bambino,
ma qui c’è gente, non si può più,
stanno innaffiando le tue rose,
non c’è il leone, chissà dov’è

Azzurro,
il pomeriggio è troppo azzurro
e lungo per me.
Mi accorgo
di non avere più risorse,
senza di te,
e allora
io quasi quasi prendo il treno
e vengo, vengo da te,
ma il treno dei desideri
nei miei pensieri all’incontrario va.