Uno studio dimostra che idratarsi bene fa vivere meglio e più a lungo

Secondo una ricerca americana gli adulti che bevono la giusta dose quotidiana di acqua si ammalano di meno


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Uno dei segreti per stare bene è idratarsi bene. Bere molta acqua è tra i consigli che tutti i nutrizionisti danno a qualsiasi paziente. Una conferma ulteriore di quanto sia importante idratarsi viene da una ricerca dei National Institutes of Health USA pubblicata sulla rivista eBioMedicine di Lancet, secondo cui le persone che si idratano poco e male hanno un rischio maggiore di incorrere in malattie di varia natura.

Nonostante le continue raccomandazioni dei medici, secondo gli studiosi, nel mondo, la metà delle persone non beve abbastanza acqua. La dosa giornaliera consigliata è di almeno 6 bicchieri, pari a 1,5 litri.

I ricercatori americani hanno esaminato i dati sanitari di 11.255 individui adulti in un periodo di 30 anni, analizzando il legame tra i livelli di sodio nel sangue (aumenta quando diminuisce l’assunzione di liquidi) e una serie di indicatori di salute.

Dai risultati emerge che gli adulti con livelli di sodio più elevati hanno maggior probabilità di contrarre malattie croniche e mostrano segni di invecchiamento più evidenti rispetto a coloro i quali avevano livelli di sodio nella media. Gli adulti con livelli di sodio più alto hanno infatti fatto registrare più elevata probabilità di morire in età più giovane.

I ricercatori si sono basati sull’esito di 5 visite mediche svolte nel corso degli anni, le prime due quando avevano 50 anni, l’ultima tra i 70 e i 90 anni. Considerando 15 indicatori di salute, tra cui pressione sanguigna, colesterolo, glicemia, hanno rilevato che le persone che bevevano poco e, dunque, avevano livelli di sodio più alti, mostravano un rischio più elevato, tra il 15 e il 50%, di mostrare un’età biologica più elevata di quella anagrafica. Anche il rischio di morte prematura era più elevato del 21% rispetto a chi aveva un livello di sodio normale.

Gli adulti che bevevano poco rischiavano di incorrere in malattie croniche come l’insufficienza cardiaca, l’ictus e la fibrillazione atriale.