Estro e canzoni, Romina Falconi ci insegna la vita

Il suo cantare, su disco o su un palco, rilascia nell’aria feromoni, fisici e intellettuali, lasciati nell’etere, a beneficio degli ascoltatori


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C’è una cantante italiana piuttosto popolare negli ambienti LGBTQ+, una di quelle che, vivesse in paesi laici, sarebbe a ragione considerata una popstar assoluta, vuoi per la sua capacità di scrivere canzoni squisitamente pop nelle quali musiche in grado di inchiodarsi alla testa si sposano, o vanno a convivere, o magari hanno solo una fugace storia di sesso, non so mai in questi casi quale sia l’immagine più appropriata a rendere l’idea, con testi complessi, dove l’ironia cammina fianco a fianco con l’introspezione, il politicamente corretto tenuto a distanza come certe zanzare innocue con l’Autan (quelle serie se lo bevono come aperitivo prima di pasteggiare col nostro sangue, è noto). Una artista che affronta con costanza e determinazione quell’abisso senza fondo dei rapporti interpersonali senza tema e senza paura, al punto di essere diventata a suo modo un riferimento sentimentale per una intera comunità di riferimento, una sorta di mix tra una psicologa pret-a-porter e la confidente cui scrivi le lettere indirizzate alla Posta del cuore. Parlo di Romina Falconi, artista che ho avuto il piacere di conoscere ormai una vita fa, per la precisione nel 2007, quando è approdata sul palco del Festival della Canzone Italiana di Sanremo, sezione Nuove Proposte, col brano Ama, col quale si classifica quarta. A quel Festival segue un suo trasferimento a Milano, dalla natia Torpignattara, quartiere popolare e iconico della capitale, un contratto firmato con Universal e una collaborazione in fieri con Big Fish, ai tempi semplicemente Fish, e Nesli. In quell’occasione, come in certi ricordi che tendiamo a ricostruire nella nostra amorevole memoria, andando a sostituire pezzi di realtà con elaborate elucubrazioni che tendono quasi sempre a metterci dalla parte del giusto, sto provando disastrosamente a fare anche io lo spicologo pret-a-porter senza averne minimamente competenze e talento, ho avuto modo di ascoltare un suo lavoro poi rimasto inedito, una bomba di matrice urban, ai tempi nessuno da noi lo avrebbe mai chiamato così, si parlava, vado a memoria, di R.nB, semmia, nel quale la nostra cominciava il cammino che ancora oggi percorre, una irriverente narrazione, anche qui, nessuno ai tempi usava questo termine, men che meno avrebbe parlato di storytelling, figuriamoci, dei rapporti uomo-donna, con una lingua diretta, cruda, l’ironia sottile a aggiustare continuamente il tiro e rendere quelle che sulla carta potevano diventare cadute di stile qualcosa di molto ma molto simile a uno stile incredibilmente a fuoco, anticipando, so che queste mie parole verranno travisate, lette come uno dei miei soliti eccessi, io, quello che stronca senza pietà I BIG della canzone, gente che produce album al quale lavorano I campioni della composizione e della scrittura, milioni di euro investiti, e poi esalta le produzioni indipendenti, quel Messi non mi ha mai convinto del tutto, ma vuoi mettere il talento di quel trentenne che gioca in eccellenza, anticipando, dicevo, la poetica della Beyoncé di Lemonade, album a ragione considerato un capisaldo del femminismo del nuovo millennio. Una donna che usa le cifre stilistiche solitamente a appannaggio degli uomini, ambito hip-hop, giocando sulla propria carnosa e carnale bionditudine, tema che poi tornerà prorompente nella sua discografia, per rovesciare quei canoni. Quel disco, per questo parlavo di ricordi e memoria, non è poi mai uscito, il contratto con la Univesal naufragato come quella collaborazione. Un tour mondiale come corista di Eros Ramazzotti, Dio quanto mi piace questo non aver ancora citato il suo nome, seppur io sia conscio che il titolo ve lo ha già svelato senza alcun rispetto per il mio lavoro, una partecipazione non felicissima a X Factor 2011, capitanata da un Morgan più interessato a mostrarsi colto che a evidenziarne il talento indubbio, e poi, finalmente il primo incontro importante, veramente importante, della sua carriera, quella con il cantautore Immanuel Casto, di lì a breve suo partner in crime sul palco, in studio e anche in macchina di regia. Non è una biografia diluita che voglio proporvi, anche se a ben vedere è quello che sto facendo, per questo esiste Wikipedia, che ci crediate o meno questo è quello che quando eravate a scuola, sempre che non siate ancora giovanissimi e a scuola ci stiate andando adesso, negli stessi giorni nei quali leggete queste mie parole, o sempre che non siate insegnanti, gente quindi destinata a frequentare scuola vita natural durante, che ci crediate o meno questo è quello che a scuola propongono come capello del testo, cappello cui segue lo sviluppo e poi la chiosa o conclusioni. Un cappello che a scuola bollerebbero come decisamente troppo lungo, affibiandomi un voto tra il due e il tre, toh, magari un quattro di stima per il mio dibattermi indomabile e indomito tra le parole, ma che è parte portande della mia cifra, io che in fondo qualcosa in comune con l’artista in questione ce l’ho, e non parlo certo delle forme, a me spuntate in tarda età causa pinguedine dovuta alla vita sedentaria e a un metabolismo traditore che mi ha presentato il conto troppo tardi, quanto piuttosto l’essere andato a pescare nel mondo del rap, lei la propria schiettezza sessualizzata, schiettezza che, avrete notato, è anche mia, io anche una certa tendenza a dissare, o a fare dissing, credo di essere cintura nera di dissing nel mio campo, le polemiche accumulate nel tempo tante e tali che faticherei a ricordarle tutte, tempo fa le ho usate come QOT per il retro di copertina di un mio libro, invece che usare gli elogi ho preferito accumulare riga dopo riga gli insulti ricevuti da artisti anche piuttosto popolari della musica leggera italia, tendenza a dissare che, quindi, a volte diventa tendenza a flexare, dove non è certo il denaro o I gioielli l’oggetto del mio esibire, quanto piuttosto il mio talento, e quindi il mio avere una cifra e uno stile a suo modo unico, siamo gente di periferia, io e lei, lei nel senso che viene da Torpignattara, periferia di Roma, io nel senso che vengo da Ancona, che non è periferia periferia, quanto piuttosto provincia, e la provincia è la periferia dell’impero, è roba scritta da sempre.

Mi sono perso, dovrei dire a questo punto, volessi fingere di star qui a scrivere come fossi un rapper che pratica il free style, buttando parole su parole al solo scopo di intrattenere, senza sapere esattamente dove andare a parare, sempre che chiudere una barra con la rima giusta non sia di suo un andare a parare dalla parte giusta, ma in realtà non mi sono perso affatto, e anche lo avessi fatto, voi state leggendo le parole definitive di questo mio scritto, io mentre scrivo scrivo, quindi posso sempre fermarmi, tornare indietro, capire cosa stavo dicendo, correggere il tiro, se è il caso, spostare parole, spostare intere frasi, mica sto parlando in diretta con voi, diamine, la scrittua è finzione e mediazione, non state lì a prendermi e quindi a prendervi troppo sul serio, non mi sono perso affatto.

Dopo la brutta esperienza con Morgan a X Factor, e l’incontro a suo modo salvifico con Immanuel Casto, prima sotto forma di featuring e poi a mettere su in piedi insieme una virtuosa realtà preposta non solo a produrre I rispettivi lavori discografici, oltre che I lavori discografici futuri di altri, da The Niro a Roberto Casalino, quanto anche un fruttuoso giro di carte da gioco in chiave sexy, Squillo su tutte, perché si somiglia si prende, e a volte, nonostante il suo esser col tempo divenuta la titolare della posta del cuore più figa del mondo, le belle storie hanno anche un lieto fine, ecco che arrivano I primi lavori di studio a proprio nome nei quali si può riconoscere a pieno titolo, quelli che iniziano a costruire, e anche qui non sto affatto esagerando ricorrendo alla mia solita pratica del paradosso, quello secondo il quale Patrizia Laquidara, per dire, è Dio, e Laura Pausini, sempre per dire, una scappata di casa che canta non si capisce neanche bene perché, quelli che iniziano a costruire una poetica e un immaginario unico in Italia, talmente tante idee concentrate in un metro e sessanta di altezza quante a fatica se ne potrebbero trovare in una squadra di cestisti americani, di quelli con gente come Manute Bol, quindi ecco I tre EP Certi sogni si fanno, Attraverso, Un filo d’odio, tutti anticipati da singoli fondamentali, poi a formare l’album d’esordio, ovviamente intitolato Certi sogni si fanno attraverso un filo d’odio, anno del Signore 2015, cui fa seguito Biondologia, il termine bionda usato come paravento per rappresentare una certa ingenua visione del mondo, l’esordio prodotto da Francesco Fornaciari e Stefano Maggiore, il secondo da Katoo, oggi uno dei producer più alla moda, qualcuno le mode le deve pur lanciare, sempre con Maggiore. E visto che si parlava, no, non si parlava, basta questi giochetti retorici, ero io a parlarne, mica a caso, di idee sfornate con una naturalezza e continuità quasi incredibile, a lanciare uno dei singoli estratti da Biondologia, Magari muori, una campagna di guerrilla marketing fatta in collaborazione con l’azienda di servizi funebri più cool di Italia, la Taffo. 

Arriviamo a oggi, è esattamente qui che vi volevo portare, quando ho cominciato a scrivere. No, non intendo quando ho cominciato a scrivere in assoluto, né quando ho iniziato a scrivere ai tempi della prima elementare, negli anni Settanta alla scuola materna si giocava, non si iniziava a improntare il lavoro delle scuole elementari, né quando ho cominciato a scrivere nel senso a svolgere il lavoro di scrittore, anche non esattamente un lavoro, certo, ma con tutte le intenzioni per far diventare quella potenza atto, intendevo quando ho iniziato a scrivere di questa artista di cui, pretestuosamente e in maniera del tutto inutile non ho ancora dichiarato il nome, ben presente nel titolo, lei presente anche nella foto di copertina. È qui che volevo portarvi quando ho cominciato a scrivere qualche minuto fa, qualche minuto fa perchè in questo preciso momento sto fingendo che il mio scrivere coincida col vostro leggere, sempre che siate quanti iniziano a leggere qualcosa e non lo mollino finché non è terminato, si tratti di un capitolo di un libro o di un articolo, un libro intero, immagino, richiede più tempo di quanto il volitovo impegno di chiunque possa prevedere, mentre io, mentre scrivevo, mi sono più volte interrotto, per andare a farmi un caffè, scrivo quasi sempre di mattina, per andare a dare da mangiare alle nostre tartarughine d’acqua dolce, Sparky e Lattuga, per andare a accompagnare a scuola mia figlia Chiara a scuola, oggi una riunione sindacale ha spostato di due ore l’orario d’ingresso, decisamente più tempo di quanto avrei impiegato normalmente, e forse anche più di quanto ne abbiate impiegati voi, circa cinque, sei minuti, andando dritti come un fuso. Volevo arrivare a oggi, e l’oggi in cui scrivo, ovviamente, non coincide con l’oggi con cui leggete, sono le 11 e 35 di martedì 6 dicembre 2022, per una volta voglio essere preciso, anche se l’oggi a cui volevo arrivare non è oggi oggi, nel senso del 6 dicembre 2022, il mio scritto risulterebbe altrimenti datato, lungi da me fare il cronista e rendere datato quel che scrivo, sono uno scrittore, io, volevo arrivare a un oggi generico, diciamo sul volgere del 2022, magari anche allargando lo sguardo all’inizio del 2023, chi scrive può permettersi il lusso di spostare in avanti il calendario senza risultare con questo fantascientifico, con questo mio reiterare la faccenda dello scrittore che parla al lettore, lasciando coincidere la voce narrante con quella del narratore, cioè con la mia, sto vanificando quanto su detto riguardo al mio rifarmi al mondo dell’hip-hop, lo so, il mio aspetto dice a riguardo molto più di quanto non facciano le mie parole, la fisiognomica è una scienza cui toccherebbe guardare con maggiore attenzione. Oggi, ci siamo capiti, l’artista di cui sopra è in giro per portare in tour le canzoni che ha scritto in passato, quelle contenute negli album su citati, e anche I singoli che ha da poco pubblicato e che andranno a comporre parte della scaletta del suo prossimo album, previsto proprio per I primi mesi del 2023, Rottincuore. Ecco, Rottincuore è un titolo che da solo avrebbe potuto raccontarvi la poetica dell’artista in questione, non avessi io deciso di lasciare pascolare libero il mio ego, calambour e politicamente scorretto, capacità da pubblicitaria anni Ottanta di sintetizzare in una parola ben più di quanto quella parola in sé dovrebbe poter dire. La suora e Lupo Mannaro I titoli di detti singoli, Romina Falconi quello della donna e artista di cui vi sto parlando ininterrottamente da circa duemila e rotti parole. Il tour in questione è condiviso col suo partner in crime, Immanuel Casto, e si intitola Insegnami la vita, brano che vede I due artisti duettare, contenuto nell’album Malcostume del cantautore.

Mi sposto un attimo a lato, lasciando momentaneamente Romina Falconi lì, sul palco del Insegnami la vita Tour, al fianco di Immanuel Casto, lui a torso nudo, lei con indosso un body degno della Madonna di Vogue, Madonna nel senso di Veronica Ciccone, per intendersi.

Non ho grande dimestichezza con gli animali cosiddetti da accompagnamento. Ho due tartarughine di acqua dolce, certo, e anche un pesce rosso, ma non ho mai avuto né cani né gatti. So però, perché sono circondato da gente che ne ha e li tratta, immagino legittimamente, come parte della propria famiglia, che detti animali vanno in calore. Quando ero giovane, giovanissimo, abitavo con la mia famiglia di origine, non cioè con quella che sono andato a formare con mia moglie, in una piazza del centro di Ancona, Piazza Errico Malatesta. Nel mio palazzo c’era una famiglia che aveva un cane di quelli che in genere si chiamano bastardini, perché non di razza con pedigree, e perché non troppo grosso di taglia, anche se dubito che se fosse stato grande lo avremmo chiamato bastardone. Nella piazza viveva, ospitato da un meccanico che lì aveva la sua officina, ma non di sua proprietà, un cane lupo nano, nel senso che era un cane lupo ma di bassa statura, immagino a sua volta bastardo. Un cane pacioso che se ne gironzolava libero per la piazza, cosa che oggi, immagino, non sarebbe possibile, all’epoca non esistevano chip, vaccini e roba del genere. Un giorno, credo fosse il primo anno in cui vivevo lì, o forse il primo anno in cui lì è venuto a vivere il bastardino di cui sopra, non ricordo bene, ho scoperto che il bastardino era in realtà una bastardina, perché il canelupo della piazza, di cui non ricordo il nome, ha iniziato a stare di piantone davanti al portone del mio palazzo, provando a entrare nell’androne ogni volta che qualcuno usciva. Il motivo, mi hanno spiegato I padroni del bastardino, che poi era una bastardina, il fatto che la bastardina in questione fosse entrata in calore. Lui, il canelupo nano, voleva evidentemente farsela, al punto che quando I padroni uscivano, pregni dell’odore della loro cagnolina, lui provava in tutti I modi a saltar loro addosso, come fossero loro a essere in calore. L’andare in calore degli animali, di una parte degli animali, si chiama estro, mi è stato spiegato. In genere accade due volte l’anno, e durante quei due periodi l’animale femmina in questione ovula, quindi è feconda. Anche per gli esseri umani il periodo dell’ovuluazione, che invece avviene in cicli di ventotto giorni circa, come le fasi lunari, coincide con un picco di estrogeni, parola che evidentemente ha estro come radice. Gli animali, quasi tutti, non hanno però le mestruazioni mensili, diciamo così, che è, il Dio della ginecologia abbia pietà di me, il momento del tabula rasa, cioè l’eliminazione da parte dell’utero della cellula uova grazie a una sorta di sfaldamento possibile per intervento degli ormoni, cellula uovo lì arrivata dopo che il follicolo maturato è esploso liberandola e lasciandola arrivare fin lì attraverso le tube di Falloppio e in attesa di essere fecondata da un qualche spermatozoo. Finite le mestruazioni avviene il picco di estrogeni, prodotti dal follicolo, picco che porta all’ovulazione. Mi guardo bene, ora, dal perdermi in una sterile, scusate lo sciocco gioco di parole, dissertazione su come I tempi maschili e femminili non coincidono in nulla, il ciclo di vita degli spermatozoi durano quasi tre cicli femminili, per dire, lascio con piacere a altri questo ingrato compito.

Torno a parlare di animali, partendo dal punto fermo che vuole l’estro animale coincidere con il momento dell’ovulazione, quello durante il quale l’animale femmina rilascia nell’aria feromoni che servono per attrarre I maschi della propria specie, con lo scopo di indurli a accoppiarsi e quindi a riprodursi, l’estro è quindi il periodo dell’ovulazione, non con quello delle mestruazioni, come erroneamente pensavo, momento successivo, della durata di circa sette giorni, durante I quali I feromoni vengono ancora rilasciati, ma che vedono l’animale femmina piuttosto restio all’accoppiamento.

Nella nostra amata lingua l’estro è però anche altro, quella sorta di furia creativa, o meglio di ardore della fantasia e dell’immaginazione, tipica degli artisti. Essere estrosi, di conseguenza, significa essere particolarmente fantasioso, originale, artista, appunto. Se l’estro animale è qualcosa cui guardare come si guardano alle cose del corpo, della carne, un tempo si sarebbe detto con quel tipo di distacco cartesiano che ben conosciamo, l’estro umano è qualcosa di alto, anche cartesianamente, certo non esattamente riconducibile all’alveo della razionalità, ma l’arte è arte, e il momento della creazione è da sempre visto con ammirazione, anche da chi creativo non è mai stato.

Romina Falconi è una artista molto estrosa. Una delle più estrose che il nostro asfittico panorama musicale ospiti. Il suo cantare, su disco o su un palco, rilascia nell’aria feromoni, fisici e intellettuali, lasciati nell’etere, a beneficio degli ascoltatori. La sua scrittura, ironica, politicamente scorretta, geniale, sì, usiamo I termini giusti, è figlia di un ardore di fantasia e immaginazione che possiamo serenamente chiamare estro.

Conosco Romina da oltre quindici anni, la seguo artisticamente con interesse, e credo di poterla annoverare tra il ristreto cerchio delle mie amicizie, quantomeno ristretto per quel che riguarda il mondo dello spettacolo. Per dire che qualcosa le ha fatto particolarmente piacere, di più, l’ha fatta proprio godere, Romina usa un modo di dire che fa riferimento proprio a quanto ho su scritto, “Mi hai fatto ovulare”. Non possiamo che crederle.

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