Il Principe di Roma, Marco Giallini nella goliardica rivisitazione del Canto di Natale di Dickens (recensione)

Alla Festa del Cinema di Roma c'è Il Principe di Roma con Marco Giallini, una goliardica rivisitazione del Canto di Natale: la recensione

Il Principe di Roma

Credits photo: @Lucky Red


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Non chiamatelo “Signor Bartolomeo”, ma neanche Marchese del Grillo: lui è Il Principe di Roma. La Festa del Cinema di Roma prosegue con il nuovo film di Edoardo Falcone, alla sua terza collaborazione con Marco Giallini (dopo Se Dio Vuole e Io sono Babbo Natale).

La pellicola s’impone come un adattamento del celebre Canto di Natale di Charles Dickens in salsa romana. Ambientata nel 1829, la storia segue quella di Bartolomeo “Meo” (Giallini), un uomo ricco e avido come lo Zio Paperone disneyano, con la personalità narcisistica del Marchese di Alberto Sordi, che non si commuove davanti a nulla e brama il titolo nobiliare più di qualunque cosa: “A Roma puoi esse ricco quante te pare, ma se vuoi contare qualcosa devi esse ricco o diventare Papa.”

Per riuscirci ha incaricato un suo vecchio amico di recuperare 1000 scudi, soldi necessari per stringere un accordo con il Principe Accoramboni (Sergio Rubini), che gli permetterà di assumere tale titolo sposando la figlia Domiziana. Nel tentativo di recuperare il denaro, Bartolomeo finisce per compiere un percorso personale, tra sogno e realtà, in cui dovrà fare i conti con se stesso e con l’uomo che è diventato.

Con divertimento e goliardia, Falcone rilegge il Canto di Natale facendo sì che Meo diventi lo Scrooge romano. Come nell’opera di Dickens, anche lui appaiono tre fantasmi: Beatrice Cenci (Denise Tantucci), fantasma del passato, che porta l’avido protagonista a riscoprire la sua infanzia e adolescenza, invitandolo a non dimenticare le sue origini . Un personaggio malinconico, che comunque riesce ad essere ironico; un diabolico e sarcastico Giordano Bruno (Filippo Timi), fantasma del presente, che appare a Meo per fargli osservare la sua vita sotto un’altra prospettiva; e infine c’è Papa Borgia (Giuseppe Battiston), un fantasma del futuro che si fa autocritica sempre con ironia, e mostra a Meo le conseguenze delle sue azioni negli anni avvenire.

Il Principe di Roma è una commedia in costume che sa essere esistenziale, grazie alla trasposizione dei temi universali dell’opera originale di Charles Dickens. Marco Giallini dimostra di sapersi adattare in questo nuovo ruolo, senza dimenticare lo stile burbero ma giocoso, tratti comuni dei suoi personaggi.

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