Sanremo 2022, terza serata: le pagelle di Michele Monina

I migliori: Giovanni Truppi e La Rappresentante di Lista. I peggiori: Emma, Achille Lauro e tanti altri


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AMADEUS 4

Pensare una serata con venticinque canzoni in gara è da pena corporale, o quantomeno da tortura del sonno, insomma, roba che farebbe rabbrividire Amnesty International. Ma lui è Amadeus, quello che finge sempre di essere il tonto di turno, e infatti eccole lì le venticinque canzoni, cui si aggiungono gli ospiti, le promozioni dei programmi Rai, i collegamenti con la nave e tutto il cucuzzaro. Il programma è qualcosa su cui andrebbe fatta una serie per Netflix, di quelle che le guardi e poi non riesci a dormire con la luce spenta per almeno qualche settimana. Che poi è esattamente quello che sta succedendo in questi giorni. Comunque, quando guardando la scaletta ho visto che la chiusura era prevista per l’una e cinquantadue non ho esitato, ho chiamato Getir e mi sono fatto portare un paio di coglioni di scorta.

PS

Per la seconda volta in tre serate fa alzare e ballare la gente in sala, alla facciacci di tutti coloro che hanno, gestiscono o lavorano in locali dove si balla e dove si fa musica dal vivo, chiusi da un anno e mezzo, davvero un uomo solidale con chi lavora nella sua stessa filiera, Amedeo.

DRUSILLA FOER 7

Finalmente una “valletta” all’altezza del Festival di Sanremo. Una donna capace di tenere la scena, interagire alla pari, anche più che alla pari, con Amadeus, incantare, ammaliare, insomma, fare propria la scena. Che queste mie parole si applichino a un personaggio di finzione è qualcosa di relativo, anche ieri abbiamo parlato a lungo di Checco Zalone, e non di Luca Medici, anche se molti hanno frainteso tra i due. Sul perché Drusilla Foer sia un esempio e un modello per la comunità LGBTQ+ ho qualche difficoltà di comprensione, ma direi che la cosa lascia il tempo che trova, che sia una crossdresser, un personaggio di spettacolo, per dirla con parole sue “un uomo en travestì”, poco conta, Drusilla è stata convincente.

CESARE CREMONINI 9

Per la prima volta Cesare Cremonini arriva al Festival. Arriva e porta la sua musica in un periodo in cui gli è impossibile portarla nei luoghi preposti a questo, nel suo caso gli stadi, in attesa dal 2020. Un gran bello show nello show, lungo e variegato, il suo, a riprova che quando si ha il repertorio e la capacità di calcare un palco non servono effetti speciali o trucchetti di varia natura, basta salirci sopra e cantare. La nuova La ragazza del futuro, per altro, brano uscito da poco e dai molteplici piani di lettura, regge perfettamente anche in chiave live, pronta a diventare un classico, dico sempre che nessuno si sta prendendo la briga di raccontare questi tempi tempestosi, ecco, Cesare stavolta l’ha fatto, concentrandosi non sulla cronaca, ma sulle speranze e le emozioni. Standing ovation meritata. Un vero superospite.

PS
Di fronte al giusto spazio che Amadeus gli ha concesso, al suo primo passaggio sanremese, immagino che Laura Pausini avrà rovesciato gli occhi all’indietro, schiumando dalla bocca e parlando un antico dialetto aramaico. Anche a pensare questo, confesso, ho un po’ goduto.

GIUSY FERRERI – MIELE 6,5

Il brano di Giusy Ferreri è un brano di tutto rispetto, che in versione di studio diventa forse più abbordabile, ma che anche all’Ariston è un bel sentire. Giusy da anni si dedica ai tormentoni estivi, e immagino che, conti alla mano, faccia bene, a me resta la sensazione che avrebbe potuto avere tutta un’altra carriera e che questa dovrebbe essere la sua strada principale. Poi è chiaro, non so come la vedrebbe il suo commercialista. Comunque piacevole, e stavolta almeno la figlia avrà potuto vederla senza che qualcuno abbia puntato la sveglia per lei, Amadeus Erode.

HIGHSNOB E HU – ABBI CURA DI TE 7

I due cantanti dall’aspetto più cyberpunk e cupo dei venticinque in gara, li vedo e un po’ mi cago addosso, presentano una delle canzoni più romantiche di questa edizione. Volendo anche una delle più canoniche. Una bella canzone che i due bene interpretano, sorprendendo e crescendo di ascolto in ascolto. Resta lo sfasamento tra musica e look, ma figuriamoci se sia io la persona preposta a parlare di abiti. Decisamente sul pezzo. 

FABRIZIO MORO – SEI TU 7-

Fabrizio Moro torna per l’ennesima volta a Sanremo e ci torna facendo Fabrizio Moro. Il che potrebbe essere frainteso come a dire che è qualcosa di monotono, oppure preso come un tributo alla coerenza. Non saprei dire, esattamente, la canzone suona già sentita, roba tipo A te di Jovanotti o similia, ma suona bene, intensa l’interpretazione, e comunque meglio di molta della merda portata dai ragazzini.

AKA 7EVEN – PERFETTA COSÌ 2

Le pagelle di Sanremo sono un gioco. Perché un critico musicale non dovrebbe mai star lì a dare voti, come fossimo a scuola, e perché dare voti dopo aver ascoltato una canzone una sola volta, magari anche distratto dai figli che reclamano l’attenzione, potrebbe generare qualche errore di valutazione. Potresti, cioè, dire che un brano è indegno, appioppare un voto particolarmente basso, magari metterci di contorno una qualche battuta becera, politicamente scorretta, perché vuoi rendere anche visivamente l’orrore che hai provato, ma magari tutto questo è dettato da un ascolto superficiale, un giudizio, quindi, che diventa sommario, come quando in certi film il cattivo di turno spara in testa a uno degli ostaggi tanto per far capire che fa sul serio, ma avrebbe anche potuto risparmiarlo. Non è il caso di Aka 7even, che ha fatto cagare ieri, alla sua prima esibizione, e ha fatto cagare anche oggi, alla seconda esibizione, ma mi sembrava onesto specificare che ho preso in considerazione l’idea di essermi sbagliato, salvo rimanere dello stesso parere del primo ascolto. Anzi no, temo di essere stato fin troppo generoso in prima battuta. Orrida.

MASSIMO RANIERI – LETTERA DI LÀ DAL MARE 8

A sentirlo cantare non esattamente in maniera impeccabile viene da chiedersi se la canzone che Fabio Ilacqua ha scritto per il settantunenne cantante napoletano non sia troppo difficile per lui, se non sarebbe stato magari sensato abbassarla di tono o se, semplicemente, una momentanea mancanza di voce non stia influendo sull’andamento delle sue esibizioni. Sicuramente non mi verrebbe mai da pensare che Ranieri non sia più il ghepardo di una volta, e sicuramente la sua è una delle più belle e intense canzoni in gara. Sentirla su disco è cosa buona e giusta, magari anche mentre lui sta cantando in diretta tv. Una delle canzoni più belle degli ultimi anni, sicuramente degna della tradizione che parte da Modugno e arriva fino a noi. Grande Ilacqua e grande Ranieri, sempre e comunque. Storia che andrebbe fatta sentire col metodo Ludwig a Salvini, per altro.

DARGEN D’AMICO – DOVE SI BALLA 7,5

Lo confesso, ero convinto che la canzone di Dargen fosse la vera botta di vita di questo Festival, certo c’era La Rappresentante di Lista, ma il loro è un brano più cerebrale di quanto non suoni, se dovevo pensare a un brano da ballare senza se e senza ma pensavo fosse Dargen a esserne il titolare. Poi ho sentito Ditonellapiaga e Rettore e ho un po’ cambiato idea, o quantomeno ho pensato che quest’anno a Sanremo hanno portato almeno tre validi brani da ballare. Dargen era entrato come uno di uno e ora è uno di tre, ciò non toglie nulla alla bontà del suo brano, e anche al fatto che parli a suo modo dell’oggi. Quel “fottitene e balla” diventerà una dei tormentoni del 2022, credo, e credo che io sarò tra quanti starà lì a tenere il dito alzato verso il cielo ondeggiando il sedere. Godibile.

IRAMA – OVUNQUE SARAI 6,5

Resto sulle mie posizioni, Irama, giunto quest’anno a Sanremo come forma di risarcimento morale per il Festival in quarantena affrontato dall’albergo l’anno scorso, spiazza portando una ballad, ben scritta e ben interpreta. Qualcosa di lontano dalle canzoni che ci ammorbano durante l’estate, e per questo gradevole. Certo, non è che domani andrò a ascoltarmela in loop, ma comunque buona.

DITONELLAPIAGA E RETTORE – CHIMICA 8

Partendo con un omaggio a I Feel Love di Donna Summer, e quindi al gigantesco Giorgio Moroder, Chimica è una vera e propria botta dance e al tempo stesso un ironico inno al sesso liberato, senza neanche pensare di tirare in ballo il sentimento. Una canzone sui corpi, quindi, e su fregarsene della morale, portato avanti da una artista che di provocazioni in carriera ne ha fatte parecchie, appoggiandole su brani entrati nella storia della nostra canzone, e da una nuova cantautrice che, stando a come domina il palco e anche alle canzoni che scrive, direi che si candida ampiamente a seguirne le orme. La vera sorpresa di questo Festival, sia messo agli atti. E salutatemi le suore.

MICHELE BRAVI – INVERNO DEI FIORI 7

Ho sempre ritenuto che il critico musicale non dovrebbe occuparsi di emozioni. Non perché le emozioni siano da rifuggire, ci mancherebbe, ma perché appoggiare su quelle, intendendo per di più un ventaglio piuttosto ristretto di emozioni, mai qualcuno che citi la rabbia, per dire, o il rancore, il giudizio su un brano vorrebbe dire non tenere conto di altri fattori, solo in apparenza più tecnici. Di fatto Michele Bravi, sicuramente non precisissimo vocalmente in questo Festival, ha fatto delle emozioni la sua cifra, al punto da riuscire a metterle una spanna sopra la tecnica, complice una scrittura assolutamente azzeccata. Brano ben scritto, molto ben scritto, ma è il suo modo di cantarlo che fa la differenza. Emo.

RKOMI – INSUPERABILE 2

Qualcuno, sui social, ha fatto notare che Rkomi ha lo stesso taglio di capelli che solitamente esibisce Keanu Reeves, come a dire che forse sarebbe il caso di rivederlo, perché il paragone è impietoso. Io mi sarei più concentrato sul fatto che, taglio di capelli e look da membro aggiunto dei Sons of Anarchy, un po’ anche come quei tipi che portano per le fiere i falchi, i lunghi guanti di pelle fino ai go,iti, ripeto, completamente scollegato dal testo che parla di auto invece che di moto, è lo stesso riff di Personal Jesus a inquietarmi, perché non essendo ancora la serata delle cover e non essendo in una puntata di Tale e quale show, forse andare sul campo dei plagi e per di più di una canzone famosissima non aiuta uno che entrava da Sanremo come Papa e rischia di uscire da chierichetto. Detto questo, come nel caso di tutti i concorrenti nati dopo il 1990, Ditonellapiaga a parte, lei è una macchina da guerra, credo che MirkodettoRkomi abbia seri problemi di dizione, fermasse nel backstage Iva Zanicchi o uno dei vecchi senatori per farsi spiegare come si deve prestare attenzione al testo per farlo capire a chi aspetta, magari impara qualcosa. Poi che il testo sia realmente a ascoltare, temo, è altra faccenda, ma un passo alla volta.

MAHMOOD E BLANCO – BRIVIDI 4

Per scrupolo, e anche perché non avevo un cazzo da fare, sono andato a sentirmi la versione di studio del brano che molti danno per vincitore al Festival, visto che al televoto i due possono contare su due fanbase, Elisa solo su una. Sono andato a sentirmi la versione di studio di Brividi per capire se l’impressione che Mahmood, coi suoi vocalizzi con l’autotune, il suo modo personalissimo di appoggiare le parole sulle strofe in effetti si mangiasse davvero la presenza di Blanco, che invero dal vivo mi era parso assai più a fuoco sul pezzo di lui, e devo dire che non solo ho avuto la medesima impressione, ma ho notato che su disco BlanchitoBabe, non so perché ma i miei figli ne parlano così, imita letteralmente il modo di cantare dell’autore di Soldi, finendo in qualche modo per dare vita un doppio di quelli che avrebbe mandato ai matti Kubrick. Quindi, pur rimanendo convinto che sì, alla fine saranno loro a vincere, con buona probabilità, la canzone, assolutamente sanremese e per nulla contemporanea come le loro voci potrebbero far pensare, rimane bruttina, una Non amarmi 2.0, solo che Non amarmi era meglio, per quel suo essere dichiaratamente un po’ trash. Un’occasione persa se a cantarla fosse stato solo, il più giovane dei due.

GIANNI MORANDI – APRI TUTTE LE PORTE N.C.

Gianni Morandi piace a un pubblico trasversale, certo in prevalenza adulta, ma comunque transgenerazionale. Piace perché è simpatico, non divisivo e quindi ecumenico. Impossibile volergli male, e lungi da me star qui a dimostrarmi eccezione alla regola. Resta che la canzone è abbastanza indegna, mezza scopiazzata da brani di un certo valore e comunque con un testo che un signore di quasi ottant’anni canta, spero, con disagio. Poi lui arriverà in alto, perché la gente lo ama, ciò non sposta di una riga quel che ho detto. Evitabile.

TANANAI – SESSO OCCASIONALE 2

Ricordate la schedina del Totocalcio? Altro che FantaSanremo, quando ero giovane se eri uno che ne capiva di calcio, e aveva anche una discreta dose di culo, giocavi la schedina e speravi di aver azzeccato tutte e tredici i risultati delle partite in cartellone, tutta la Serie A e qualche partita della Serie B e C. Dovevi dire chi vinceva in casa, chi fuori casa e chi pareggiava, usando l’1, il 2 e la X. Non ho mai saputo se fosse vero, ma si diceva che una vittoria pari a chi azzeccava il 13, al 90 Minuto dicevano sempre quanti erano stati i 13 e quanto vincevano, andava a chi avrebbe azzeccato lo 0, cioè scientemente avrebbe sbagliato tutti i risultati. Penso fosse una cazzata, perché il 13 prevedeva scegliere una delle tre possibilità per ogni partita, lo 0 dava modo di scegliere le due sbagliate, e anche perché non ho mai sentito Paolo Valenti dire, ci sono stati due 0 che hanno vinto tot. Tutto questo per dire che Tananai, che porta sul palco dell’Ariston una canzone piuttosto brutta, riesce a fare una cosa che è pari allo 0 in schedina, andando però a sbagliare davvero tutto lo sbagliabile, e in qualche modo la cosa mi affascina, perché riuscire a non beccare neanche una nota è difficile, specie se nella vita fai il cantante. Certo, quelle giuste sono come la colonna vincente della schedina, quelle sbagliate sono tutte le altre e lì va a pescare il nostro, ma il risultato è talmente brutto che, come si dice in certi casi, fa il giro completo e diventa quasi bello. Quasi.

ELISA – O FORSE SEI TU 8

Ho letto, non ricordo a firma di chi, che il brano di Elisa sembrerebbe un brano da film della Disney. Confesso che anche io ci avevo pensato, ascoltandolo, andando a collocarlo nella colonna sonora di Frozen, forse associazione indotta dal look total white della cantautrice friulana. Non so se quel commento avesse intenti di scherno, non nel mio caso. Ritengo che questa sia una signora canzone, semplice solo in apparenza, in realtà con tutti i pezzi al punto giusto, stasera non interpretata alla perfezione da Elisa, succede, è irrilevante, e comunque ritengo che la Disney abbia sempre avuto un gran gusto nello scegliere i brani per i suoi film, di qui il mio associarla a. Elisa è tornata quella che conoscevamo, cioè una delle nostre artiste più valide, con una voce che anche quando non si dimostra impeccabile è comunque capace di emozionare. E con un brano così emozionare è gioco facile, almeno per lei. Brava.

LA RAPPRESENTANTE DI LISTA – CIAO CIAO 9

Muovete il vostro culo, la testa lo seguirà. Ciao Ciao, canzone de La Rappresentante di Lista fa propria la massima di George Clinton dei Funkadelic, uno che in quanto a tiro e funky la sapeva decisamente lunga. Così costruiscono una canzone che richiama musicalmente agli anni settanta e ci mettono su un testo che è una lettura perfetta della contemporaneità, apocalypse now, andando quindi a colorare di glitter un messaggio importante, consistente, la superficie che rimanda alle profondità sottostanti. Credo che presentarsi sul palco dell’Ariston con questo brano, dopo essere diventati famosi con Amare, sia gesto coraggioso, perché spiazzante, e dimostrazione di una grande lucidità nel vedere la propria carriera. Questo sarò uno dei brani che più ricorderemo di quest’anno, e non sto certo parlando solo del Festival, dai piccini agli anziani tutti a fare il balletto bubusettete, qui lo dico e qui lo confermo. Stroboscopici.

IVA ZANICCHI – VOGLIO AMARTI 7

L’aquila di Ligonchio non si tocca. Ha una voce clamorosa, a ottantadue anni compiuti, scandisce alla perfezione ogni singola parola, non limitandosi alla dizione, ma interpretandola per quello che ogni singola parola è lì a dire. Parla di un tema inedito in musica, almeno in quella italiana, la corporeità e il desiderio nella terza età e lo fa con una canzone che oggi suona vecchia, più che antica, ma lo fa talmente bene che è stupido star qui a pignoleggiare, tocca solo applaudire a scena aperta.

ACHILLE LAURO E HARLEM GOSPEL CHOIR 2

Finalmente un colpo di scena: Achille Lauro sale sul palco e canta. E basta. Niente crocifissioni, battesimi, vestiti che richiamano santi o Madonne. Niente. Giusto un accenno ti spogliarello e strofinamento del pacco sul finale, ma poca roba. Solo una canzone. Che però è davvero sciapetta, mezza scopiazzata da Rolls Royce, che comunque non è che fosse questo capolavoro. Una cagatella. Però almeno non ha fatto il pagliaccio. Almeno stavolta.

MATTEO ROMANO – VIRALE 2

Mi è stato fatto notare che, nella prima pagella al tiktoker, non ho praticamente neanche fatto un cenno alla canzone portata in gara, una canzone teen che rispetta tutti i crismi del genere e che Matteo Romano interpreta in maniera adeguata. Il fatto è che un brano teen, nella mia ottica, equivale a qualcosa che si trova, nella scala evolutiva, poco sotto gli esseri invertebrati, traslando, qualcosa che Darwin avrebbe classificato come estinti già da tempo. Ora, un ragazzino che porta in gara una canzone estinta è un controsenso, perché l’essere vitale, più che virale, dovrebbe essere la sua cifra.

ANA MENA – DUECENTOMILA 2

Se adesso io volessi fare quello originale dovrei dire che in fondo la canzone che Rocco Hunt- Rocco Hunt, è, non Burt Bacharach- ha scritto per Ana Mena è tutto fuorché banale, un brano che si rifà a una lunghissima storia di tradizione latina, tirare in ballo Amandoti dei CCCP, non di Gianna Nannini, colleghi distratti, è corretto ma appunto rimanda alla medesima tradizione presa a modello da Zamboni e Ferretti. Qualcosa che ci richiama il rapporto tra Napoli e la Spagna, quindi, e volendo, via, fino all’Argentina, l’incedere ritmico rispettato da una interpretazione mai sopra le righe, sempre rigorosa, quasi neutra. In realtà la canzone è una cagata indegna, roba da far sembrare Bambola una specie di capolavoro assoluto, e lei, Ana Mena, è una pallida interprete, talmente pallida da sembrare anche incorporea. Bocciata su tutta la linea.

SANGIOVANNI – FARFALLE 3

Le battutine sul fatto che Sangiovanni deve arrivare Sesto, confesso, mi mettono a disagio, un po’ come quando sei in un luogo particolarmente silenzioso e ti comincia a brontolare lo stomaco, fatto che un tempo avrei provato a dissimulare con secchi colpi di tosse, oggi fortunatamente non vedo più nessuno, potrei anche scoreggiare, ma è altra faccenda. Io credo che Sangiovanni non dovrebbe proprio essere a Sanremo, perché aver azzeccato una canzone, Malibù, e il conseguente album non mi sembra un enorme merito. Sia come sia Farfalle è una canzoncina ina ina, e lui la canta male ale ale, il fatto che il ritornello sia particolarmente orecchiabile ovviamente è una aggravante, non solo è brutta ma la si fatica a dimenticare. Cornuti e mazziati. Il consiglio di andare da un bravo logopedista verrà ripetuto per lui e gli altri a ogni pagella, a rotazione, parole gettate al vento, le mie, ma Dio mio, parole sensatissime.

EMMA – OGNI VOLTA È COSÌ 2

Il segno della figa con le mani. Dai. Sul serio? Per una canzone come questa? Con la Michielin a zompettare fingendo di dirigere un’orchestra che va avanti con le sequenze? Soprattutto per questa manciata di retorica così sempliciotta? Dai. Sul serio? Ma poi, per fare il segno della figa fai un triangolo isoscele? Ma che fighe hai visto? Ridicola.

YUMAN – ORA E QUI 5

La voce è in effetti bella. Non originalissima, ma bella. La canzone pure, non originalissima, ma bella, progressione giusta, armonia giusta, melodia giusta. Ecco. Avrei voluto sentire qualcosa anche di solo un po’ originale. Invece no. Amen.

LE VIBRAZIONI – TANTISSIMO 6-

Sarcina e soci arrivano in riviera convinti di portare un po’ di ritmo e rock. Ora, lasciando da parte il secondo, ognuno ha idee proprie a riguardo e dopo la vittoria dei Maneskin se ne è decisamente parlato troppo, resta che mai come quest’anno si sono sentiti brani ritmati, alcuni dei quali, penso a LRDL, Ditonellapiaga e Rettore e Dargen D’Amico assai più incisivi di questo. Comunque sufficienti, quasi.

PS

Avendo letto la autobiografia di Sarcina, immagino l’apprensione per essere usciti pochi minuti dalla presenza sul palco di una donna carabiniere.

GIOVANNI TRUPPI – TUO PADRE, MIA MADRE E LUCIA 9

Tuo padre, mia madre e Lucia è un gioiello. Una canzone che racconta, con poesia ma anche con sudore la fatica del costruire un amore, la parola è ripetuta tante volte, omaggio anche al palco calcato, in età adulta. Una canzone che si muove su un campo di gioco che potrebbe non sembrare il medesimo del Festival, ma che si apre a un ritornello che festivaliero può anche essere, con le dovute cautele. Un pezzo si maestria che spero faccia conoscere a più persone possibili uno dei nostri artisti più talentuosi e originali, qui in particolare stato di grazia.

NOEMI – TI AMO NON LO SO DIRE 7

Tocca confermare quanto detto al primo ascolto, Noemi porta a Sanremo una delle canzoni più difficili, quella che Mahmood avrebbe dovuto cantare lasciando a Blanco Brividi. Lei porta a casa il risultato egregiamente, seppur l’impressione sia appunto di una poetica che si adegua alla poetica di qualcun altro.

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