Sanremo 2022, seconda serata: le pagelle di Michele Monina

I migliori: Giovanni Truppi ed Elisa. I peggiori: Emma, Matteo Romano e Tananai


INTERAZIONI: 271

AMADEUS 4

Amadeus ha un gusto medio, che in quanto medio, sposa appieno il gusto dell’italiano medio. Direi che è talmente ovvio da risultare lapalissiano. I risultati Tv, infatti, lo premiano, un’impennata di quasi un milione di spettatori rispetto l’anno scorso. Figuriamoci quindi se Amadeus abbia anche solo pensato per un secondo di cambiare la trita formula che lo vuole lì a fare il finto tonto, dando vita a gag improbabili e inutili, se non per accontentare gli sponsor, infilando una dietro l’altra tutte le gaffe possibili e immaginabili, se nella prima serata ha trattato Ornella Muti come una partner di attori incredibili perfetta, vedi tu quanto si debba ancora lavorare sul patriarcato, e ha sbolognato Battiato sbagliando data di morte e omaggiandolo per ben trenta secondi, trenta, circa un ventesimo del tempo speso per parlare di come Raoul Bova andrà a sostituire Terence Hill in Don Matteo 13, stavolta

LORENA CESARINI 4

Suppongo che se io dicessi che non so chi sia Lorena Cesarini, o se dicessi che non l’ho trovata particolarmente adatta alla co-conduzione del Festival di Sanremo, legnosa e retorica, aprirei una qualche polemica, parliamo di polemiche sanremesi, attenzione, ne nascono e muoiono centinaia al giorno. Qualcuno mi darebbe del boomer, qualcuno del razzista, qualcuno del patriarcal-sessista. Nei fatti non so chi sia Lorena Cesarini e comunque non l’ho trovata particolarmente adatta alla co-conduzione del Festival, forse perché il Festival è un programma di una noia mortale e qualcuno con un po’ più mestiere e meno voglia di insegnarci la vita con aria di questura sarebbe servita. Avanti alla prossima polemica. Proprio qui sotto.

PS

Non sono titolato a parlare di look, ma chi l’ha vestita meriterebbe una punizione corporale, sia detto.

PPS

Non amarmi cantata male, dai, no, ti prego, così sembri, per dirla con Checco Zalone, una valletta scema.

LAURA PAUSINI 4

Vedere la Laurona nazionale tra i superospiti è qualcosa che mi rasserena, un po’ come sapere esattamente dove sta il pulsante della luce, lì in corridoio, quando di notte ti alzi perché devi andare a pisciare, sai dov’è senza correre rischi di andare a sbattere il mignolo in uno spigolo, lì al buio, o come sentire che ti tornano su i peperoni che per l’ennesima volta hai provato a mangiare nonostante tu sappia alla perfezione che non li digerisci, senti il sapore che risale per l’esofago e, seppur con un certo fastidio, ti sembra che l’ordine delle cose sia almeno per una volta quello regolare, che conosci da sempre. Lei è praticamente sempre lì, all’Ariston, per un motivo o per l’altro (il motivo è spesso che buona parte degli ospiti e superospiti sono del roster di Ferdinando Salzano, cioè della Friends and Partners), e benché tu sappia che come al solito ti farà cagare sapere che è lì ti regala qualche minuti, troppi, di normalità, il che al secondo anno di pandemia non è affatto male. Daje Laura, all’anno prossimo.

CHECCO ZALONE N.C.

Checco Zalone aveva un’autostrada davanti, per di più senza neanche un po’ di traffico. Dopo la fiacca di Fiorello, infatti, l’idea di far ridere doveva davvero sembrare qualcosa di semplice. Invece si è fatto fregare dal voler inseguire a tutti i costi una grevità di facciata, al solo scopo di non prendere direttamente a badilate l’ipocrisia tutta italiana di chi guarda all’altro con ostilità, ma guai a farglielo notare. Così ecco che le idee migliori gli escono quando deve perculare il pubblico in sala o Amadeus, salvo poi scadere nell’ovvio nella favola sui trans, davvero sciapetta e capace di far incazzare tutti come poche altre volte. Meglio la canzone sui finti poveri, ma di nuovo un passo indietro con quella sul Covid. Insomma, rispetto a Fiorello è comunque un successo, ma avesse lasciato da parte le strategie di sopravvivenza avremmo sicuramente riso di più.

MALIKA AYANE E ARISA 8

Questo Festival ci ha tristemente abituato a voci sciatte, incapaci di scandire le parole, spesso anche semplicemente incapaci di cantare, quando quindi arriva sul palco qualcuno che sa cantare e sa cantare bene, come Malika Ayane e Arisa, ecco che uno si chiede perché il Festival si ostini a inseguire i bimbiminkia invece di provare a guardare alla qualità. Certo le due canzoni presentate, le finaliste di un concorso cui hanno partecipato gli studenti di scuole di musica, concorso atto a trovare l’inno delle prossime olimpiadi invernali di Milano e Cortina, lasciano il tempo che trovano, ma loro sono brave davvero. Solo un rimpianto, sincero, che Arisa non ci abbia deliziato con altri scorci di chiappe, si sarebbe sicuramente rotta anche la tv, non solo l’internet.

SANGIOVANNI – FARFALLE 3

Un tempo si diceva che le canzoni destinate a vincere Sanremo erano quelle che avevano un ritornello che il giorno dopo avresti potuto cantare sotto la doccia o fischiettare in strada. Stessero ancora così le cose Sangiovanni sarebbe destinato alla vittoria finale. Poco conta che il pubblico di RAI1 abbia sessantun’anni di età media e lui sia del 2003, uscito da Amici e titolare di quella forma di piattola musicale che risponde al titolo di Malibù, la canzone più orecchiabile del Festival è la sua. Si capisse una sola parola di quelle che si biascica potremmo parlare anche del testo, ma anche lui evita il logopedista e niente, dobbiamo rinunciare a questa opzione. Per altro una voce davvero sgradevole, sembra quasi sia una costante dei giovanissimi, vai a capire perché. Canzone più orecchiabile, quindi, ma anche una delle più brutte, a riprova che nonostante ormai si guardi al Festival come a qualcosa di serio sempre di canzonette, spesso canzonette da dimenticare in fretta si parla.

GIOVANNI TRUPPI – TUO PADRE, MIA MADRE E LUCIA 9

Questo è un Festival anomalo, con una grande presenza di giovani, anche giovanissimi, una piccola rappresentanta di anziani, e un buco enorme che parte dal 1975 e arriva al 1948, nessuno nato in quelli che a ben vedere sono gli anni dello spettatore tipo della rete ammiraglia di Mamma Rai. In questo Giovanni Truppi, quarantenne, sarebbe già una mosca bianca, e se lo conoscete ben sapete che l’età anagrafica è decisamente l’ultimo degli aspetti che ci fa guardare a questo artista come a una mosca bianca. Prova ne è che il brano presentato in gara è una rara canzone dedicata a un amore in età matura, qualcosa che sembra essere proibito nel mondo della musica italiana. Come se chi non è più giovane, vai a capire perché, fosse destinato a non trovare artisti in grado e con la voglia di raccontarli. Anche per questo l’augurio è che Giovanni Truppi non si faccia cambiare dal carrozzone sanremese, non abbiamo dubbi a riguardo, e che continui a ballare da solo, come Liv Tyler nel film di Bertolucci. Un gigante che ha portato una canzone talmente piena di stile e di personalità da fare quasi paura, un vero gioiello in grado di accecare. La frase “L’1% è amore il resto è stringere i denti” vale da solo sucarsi cinque puntate di questo strazio di Festival.

Menzione d’onore alla canotta, ovviamente, cantautore, sì, ma pure estremamente punk.

LE VIBRAZIONI – TANTISSIMO 6,5

L’anno scorso si è detto che la vittoria dei Maneskin avrebbe ridato vita al rock. Si è parlato di sale prove prese da assalto da stuoli di ragazzini, di negozi di strumenti depredati dai medesimi, di rock pronto a invadere il pianeta come neanche ai tempi di Little Richard e Elvis Presley. Poi succede che le classifiche del 2021 abbiano in vetta Rkomi e Sangiovanni, e che il cast di Sanremo 2022 presenti solo Le Vibrazioni come unici artisti riconducibili al genere in questione, magari con una certa ampiezza di vedute. La canzone che presentano non è esattamente la mia idea di rock, anche se porta una botta di energia, con quel riff di synth, e l’interazione con l’orchestra è ottimale. Il rock, ca va sans dire, è altrove, e c’era assai prima dei Maneskin. Evviva l’omaggio a Stefano D’Orazio vergognosamente non fatto da Amadeus l’anno scorso.

EMMA – OGNI VOLTA È COSÌ 2

Sono venuta a Sanremo per farmi dare 5 da voi nelle pagelle. Non ti allargare, Emma, dai, troppi corn flakes sottomarca devi mangiare per arrivare a un 5.

PS

Oh, brava a dirigere la Michielin, davvero, sembrava Von Karajan.

MATTEO ROMANO – VIRALE 2

I miei figli piccoli, dieci anni, gemelli, usano il mio account Youtube per vedersi i video dei loro beniamini. Gente come Vito Bellavita o Te contro me, nel caso di mia figlia, gente che parla di calcio, nel caso di mio figlio. A volte lasciano anche commenti, col mio nome e la mia faccia, ma scritti con il loro stile da bambini di dieci anni. Immagino faccia una certa impressione. So chi è Matteo Romano perché uno dei due ha visto suoi video, credo ripresi da Tik Tok. Per questo, ma non solo per questo, spero di non dover mai incontrare Matteo Romano di persona, la mia vendetta sta tutta in questo due. Dimenticabile. 

IVA ZANICCHI – VOGLIO AMARTI 7

Tempo fa Iva Zanicchi ha azzardato un confronto, a distanza, tra lei, Mina e Milva, tutte e tre contemporanee e accomunate, a suo tempo, dall’essere indicate con animali, aquile, tigri e pantere. La sostanza del suo discorso era che lei era la migliore, perché aveva le doti di entrambe. Credo che allestire paragoni tra artisti sia sempre scivoloso, se poi a farlo è una delle artiste in questione peggio mi sento, ma nei fatti Iva Zanicchi, un po’ come è stato l’anno scorso per Orietta Berti, è un talento indiscusso, a ottantuno anni compiuti ha ancora una voce e una grinta che potrebbe tranquillamente mandare a casa tutti i Gen Z in gara con un acuto. La canzone che presenta, va detto, non è che sia esattamente un capolavoro, seppur al servizio di detta voce, e esattamente come per la Berti l’anno scorso, non è certo per provare a scalare le playlist di Spotify  che Iva si trova a Sanremo, è chiaro. Se anche stavolta assisteremo a una defibrillata a una carriera in apparenza dormiente non è dato saperlo, sicuramente il pubblico di RAI1 e di Sanremo avrà apprezzato un viso e una voce conosciuta, io, che di Iva potrei essere figlio, anche.

DITONELLAPIAGA E RETTORE – CHIMICA 7,5

Prendi una giovane e valida cantautrice, una che non disdegna di andare a impastare la propria musica d’autore col pop, e mettila sul palco con una icona degli anni 80 più trasgressivi e anche innovativi, il risultato è una canzone trascinante, il ritornello più orecchiabile di questo Festival con La Rappresentante di Lista, un passo dopo Sangiovanni, una ventata di aria fresca in mezzo agli sfiati mefitici di chi pensa che usare sempre le stesse quattro note sia segno di contemporaneità invece che di sciatteria. Ditonellapiaga, se possibile, anche meglio della Rettore stessa.

ELISA – O FORSE SEI TU 8,5

L’Elisa degli ultimi tempi mi mette a disagio. Come mi mette in genere a disagio chi, dotato di un grande talento, decide di buttarlo nel cesso per inseguire non so bene che sogni di gloria. Poi però Elisa resta Elisa, e questa volta torna al Festival con una canzone che è all’altezza del suo passato importante. Speriamo non sia un attimo di lucidità in mezzo al grande sonno, come in Risvegli.

FABRIZIO MORO – SEI TU 7-

A vederlo, Fabrizio Moro, tutto muscoloso, tatuato, anche vagamente incazzato, potrebbe quasi mettere paura. In realtà siamo di fronte a uno degli ultimi romantici in circolazione, un cuore pulsante che fatica a trovare la strada per affacciarsi all’esterno, ma a volte ci riesce.

TANANAI – SESSO OCCASIONALE 2

Una domanda: perché? Spero che i Jalisse compiano sul palco con addosso sacche come quelle per il plasma ripiene di merda e liquami e si facciano esplodere, perché se questo è lì, stonato come una campana e con una canzone orrida e loro no, dai, minimo tocca tirare giù il teatro.

IRAMA – OVUNQUE SARAI 7,5

Dimenticatevi dell’Irama che ha occupato le airplay radiofoniche nelle ultime estati. Meglio sarebbe che neanche ce lo abbiate presente, ma poniamo che vivete in questo paese malandato e vi sia capitato di ascoltare quella monnezza, ecco, dimenticatevela. L’Irama che torna sul luogo del delitto, dove tecnicamente l’anno scorso non era neanche salito, ricorderete che era risultato potisivo al Covid e avevano dovuto mandare i video delle prove, presenta una ballad in apparenza semplice, in realtà piuttosto complessa, almeno nella parte musicale, che ce lo regala in ottima forma. Peccato che l’estate non sia poi così lontana.

AKA 7EVEN – PERFETTA COSÌ  3

Ho vissuto una parte importante della mia vita giovanile, quella dell’adolescenza e della prima post adolescenza, in una piazza della mia città natale, Ancona, dedicata all’anarchico Errico Malatesa. Non credo questo abbia una qualche connessione al fatto che io poi abbia sposato le tesi anarchiche di Bakunin, ma sicuramente mi ha indotto a affascinarmi ai giochi di parole, quel suo decidere di storpiare il nome anagrafico, la erre al posto della enne, proprio come gesto dissacratorio era lì, sotto i miei occhi, ogni volta che guardavo la targa commemorativa che gli era stata dedicata in virtù del suo essere stato a capo della Settimana Rossa, la prima e unica rivoluzione mai partita nel territorio italiano. Leggendo quindi il nome Aka 7even dovrei sorridere mosso da un pizzico di simpatia, complice anche la giovane età dell’interessato, a questo dovrebbe portare la mia storia personale. Invece associo questo gioco di parole, un nome d’arte che di giocoso ha poco, a musica discutibile portata sul palco dell’Ariston con la spavalderia della gioventù ma senza uno straccio di talento. Lo vedo e vedo il fallimento di una generazione, per dirla col Mandelli de I soliti idioti. Peccato. Unica nota di merito, l’essersi presentato vestito con un completo che richiama i colori dei fiotti di vomito di chi alla Sagra dell’insaccato di Filottrano sboccava dopo aver mangiato ciauscolo tutta la sera e scolato non so quanti litri di rosso.

HIGHSNOB E HU – ABBI CURA DI TE 6.5

Come è noto giusto domenica Junior Cally, il tizio con la faccia mascherata che prima dello scoppio della pandemia aveva partecipato al Festival scatenando le ire di molto benpensanti, finendo poi nel dimenticatoio nel giro di poche ore, ha accusato Highsnob di avergli fregato la canzone in gara. Il che mi aveva spinto a pensare qualcosa di truce, violento, al limite della censura. In realtà ecco che il rapper ligure, in compagnia della ottima cantautrice marchigiana che risponde al nome di Hu, vai a capire perché, porta sulle assi dell’Ariston una canzone che è del tutto ascrivibile nel novero delle canzoni d’amore, certo moderna, un po’ orchestrale, siamo pur sempre a Sanremo, un po’ urban, ma pur sempre una canzone d’amore. Nonostante l’aria decisamente più vampiresca, siamo in zona Coma_Cose, meno incisivi ma sempre lì, più che Cypress Hill.

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