Casanova Opera Pop di Red Canzian, affrontare la vita con lo sguardo di Gerrard

Casanova Opera Pop sarà in scena con la prima il 21 gennaio a Venezia, e io sarò lì a godermi il lavoro di una nostra eccellenza della musica


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Quella che sto per raccontare è una storia singolare. Lo è per più di un motivo. Singolare perché è la storia di un singolo, e nello specifico di un singolo che in qualche modo diventa tale dopo essere stato parte di un tutto, e che tutto. Lo è perché è la storia di un singolo che per determinare il proprio essere un singolo, pensa te, mette in piedi un progetto che più corale non si può, seppur basato a sua volta su un singolo che viene identificato con un altro singolo, e so di essere talmente vago da rasentare il fastidio mortale. Lo è perché questo singolo, divenuto singolo dopo essere stato parte di un tutto e ora singolo singolo in quanto creatore di un progetto corale che però parte da un singolo identificato universalmente con un altro singolo, è riuscito a fare tutto questo dando vita a qualcosa di inedito e nuovo, rimanendo però talmente se stesso da aver sparso la sua cifra in ogni singolo anfratto di questo progetto. Ecco, sono stato fumoso, nebbioso, ambiguo. Foste voi degli psicogeografi, o semplici appassionati di enigmi, potreste essere autorizzati a pensare che io stia parlando di Alan Moore, rifondatore del fumetto insieme a Frank Miller, che, di punto in bianco, abbandona il mondo dei supererori per scrivere un romanzo a fumetti su Jack lo Squartatore. Tutto lì, la sua voce narrante, quella di Alan Moore, il singolo autore uscito dal mondo dei fumetti, la figura mitologica di Jack lo Squartatore, un singolo che viene però identificato universalmente con Londra, il fumo, la nebbia, l’ambiguità.

Certo, dovrei fare un salto nel passato, non tanto perché dovrei immergermi nell’Inghilterra vittoriana, quanto piuttosto perché From Hell, questo il titolo del romanzo che Alan Moore ha dedicato a questo irrisolto mistero criminoso è ormai di trentadue anni fa, e ci hanno anche già tirato fuori un film, come tutti i film tratti dalle sue opere da lui disconosciuto, Johnny Depp come protagonista nei panni del detective oppiomane incaricato di scoprire l’arcano. In realtà, per una volta, non era mia intenzione simulare l’oggetto del mio racconto col mio scrivere, per quanto anche Venezia, è questo il luogo riconoscibilissimo di cui andrò a parlare, immagino sia soggetta alla nebbia come spesso capita ai posti di mare. Il fatto è che dopo esattamente un anno da che, prima che tutto di colpo si richiudesse di nuovo, il lock down, seppur meno radicale, le zone colorate, tutto quel che sappiamo, ho avuto l’onore di ascoltare degli estratti da Casanova Opera Pop, in realtà opera rock e opera classica, oltre che opera pop, scritta da Red Canzian, la cui prima andrà in scena a Venezia, e dove se no?, il 21 gennaio 2022, presso il teatro Malibran, per poi prendere il volo, dopo tre date di seguito, e prosegiore ol 28 e 29 a Bergamo, dal 1 al 3 febbraio a Udine, dal 9 al 20 a Milano, al Teatro degli Arcimboldi, dal 22 al 25 nella Treviso di Red, per chiudere questo primo ciclo dall’8 al 13 al Teatro Alfieri di Torino. Trenta date che dovrebbero essere il preludio a un percorso assai più ambizioso, in giro per il mondo, laddove il nome di Casanova è riconosciuto e riconoscibile, quello di Venezia, beh, che ve lo dico a fare?, e la maestria di Red Canzian nello scrivere questo colosso, coadiuvato da Miki Porru per i testi, ispirati al romanzo storico di Matteo Strukul, con la direzione musicale di Phil Merr e quella canora di Chiara Canzian, regista residente per tutte le date del tour, vera e propria opera familiare, quindi.

Il fatto è, poi, che Red Canzian, storico bassista e una delle quattro voci dei Pooh, quando penso che qualcuno ha paragonato i Maneskin ai Beatles italiani mi viene un rigurgito, è in un vero e proprio stato di grazia. Chiusa quell’esperienza durata oltre quarant’anni, almeno per quel che riguarda lui, subentrato sin dagli inizi a Riccardo Fogli, transfuga, Red sembra essere rinato. E qui credo che io debba scegliere le parole con particolare cura, sempre nel flusso massimalista dentro il quale sono uso includere i miei racconti. Perché è un discorso delicato, che va affrontato con tutte le cautele del caso. Red Canzian è parte della storia della nostra musica leggera, lo è perché i Pooh sono un tassello fondamentale di quella storia, e perché a differenza di qualsiasi altra realtà musicale nata dal beat e poi passata al prog, sì al prog, e infine al pop, il rock sempre sullo sfondo, i Pooh sono sempre stati una vera band, dove tutti i componenti hanno avuto un ruolo centrale, fondamentale, per questo unico e facilmente riconoscibile dall’esterno. Dire, quindi, come ho fatto prima, che parlando di Red Canzian si può parlare di un singolo che è diventato tale dopo essere stato parte di un tutto è come se negassi che Red Canzian era Red Canzian anche dentro i Pooh, il che ovviamente è una forzatura narrativa, un artificio. Però essere parte di un tutto e essere un singolo non sono la medesima cosa. Nel senso, per quanto Red fosse fondamentale dentro il gruppo Pooh, mai avrebbe potuto tirare fuori un progetto ambizioso, corale, epico, incredibile come Casanova Opera Pop. Ha tirato fuori un repertorio importante, importantissimo per il nostro pop, certo, ma questo progetto è il suo progetto, e per venir fuori si è prima dovuto chiudere quell’universo lì, questo il punto di partenza. Quando un anno fa, per altro poco prima che arrivasse la ferale notizia della morte di Stefano D’Orazio, ho avuto modo di ascoltare tutta l’opera, in quello che un tempo era appunto il tempio dei Pooh, a Milano, sono rimasto sbalordito. Perché le trentacinque canzoni  inedite, cui vanno aggiunti i brani di cornice, di congiuntura, questa è una vera e propria opera, quindi le parti recitate sono poche, tolte dai passaggi musicali, sono un vero mix di tutto quelle le sfumature musicali che l’essere nato in Italia, avere una cultura musicale che affonda le radici nel classico, aver avuto esperienze in più generi, dal prog al rock, passando per il più squisito pop da classifica consente, il tutto rimanendo incontrovertibilmente “alla Red Canzian”, cioè con quella cifra tutta sua che chi ha seguito l’epopea dei Pooh ben conosce. Questa della cifra riconoscibile, anche quando a cantare non è lui, un anno fa ho sentito le versioni “provino”, tutte le voci fatte da Red e da sua figlia Chiara, stavolta a cantare erano gli interpreti che porteranno l’opera in scena, ventidue attori e ballerini, a partire da Gian Marco Schiaretti, Casanova, a Gipeto, un immenso Inquisitore, passando per Angelica Cinquattini, una dolcissima Francesca, è un dono che tocca a pochi talenti, penso a un Baglioni, artisti capaci di scrivere generi diversi infondendo in tutte le canzoni un proprio ingrediente segreto, riconoscibile senza essere invadente. Red se ne sorprende, parlandoci, mentre mi fa vedere le strepitose immagini di Milo Manara che corredano il libretto, un vero libretto, stavolta, con tutti i testi scritti da quel genio di Miki Porru, immagini evocative, fascinose come tutto quel che riguarda Casanova e Venezia dovrebbe poter essere, lui, Manara, che ha già lavorato a Casanova con Fellini, una vita fa, Red se ne sorprende perché, credo, essere stato parte di un tutto, nascosto in parte dietro il suo basso fretless, lo ha in parte come inibito, lasciando che non tutto il suo talento fuoriuscisse, e di talento, santo Dio, ne è uscito davvero tanto. “Anche la mia voce è più potente, da che ho iniziato il secondo tempo della mia vita,” mi dice. Un secondo tempo degno di un Milan-Liverpool in finale di Champions, chiedo scusa per aver riaperto ai milanisti in ascolto una ferita ancora dolorante, per intendersi, qualcosa di strepitoso. Perché Casanova Opera Pop è l’opera massima di Red Canzian, su questo non ci sono dubbi. Non solo e non tanto per l’imponenza del lavoro, certo anche per quello, quanto più per la resa espressiva, l’ispirazione passata dalla potenza all’atto, la capacità divenuta stavolta davvero possibile di trasferire in un colossal il proprio universo mondo, per altro la storia di Casanova per come la conoscevo è assai più dimensionale di come non ci venga mostrata, la regia di Emanuele Gamba, coadiuvato dalle coreografie di Martina Nadalini e Roberto Carrozzino, in questo aiutano, seppur tutto parta da una idea ben precisa dello stesso Red Canzian, davvero dietro ogni singolo dettaglio di questo imponente lavoro, prodotto con la moglie Bea per la loro Blu Notte, e che ambisce, giustamente, a fare il giro del mondo.

Parlare di secondo tempo meglio del primo, parlando di uno come lui, che ha attraversato gli ultimi cinque decenni da protagonista della scena musicale, non solo in Italia, potrebbe quindi suonare fuoriluogo, non fosse che l’ascolto di questi trentacinque brani questo lascia pensare, come lo lascia pensare il fatto che Red mi abbia raccontato di aver passato giorni a invecchiare le armi di scena, a scegliere le tinte dei costumi di scena, tutte lavorate in jeans, a passare la pialla sui legni destinati a diventare i remi delle imbarcazioni veneziane, “I remi a Venezia non si aprono come quelli delle pagaie,” mi ha raccontato, “vanno giù quasi dritti come un palo”, ripeto, ogni singolo dettaglio curato come fosse centrale, fondamentale, vitale. E forse le cose stanno esattamente così, perché finalmente Red Canzian è libero di portare in scena la sua opera, sua e sua soltanto, per quanto costruita con la sua famiglia, coi suoi collaboratori, un progetto corale che è anche un canto per la sua terra, il Veneto, Venezia in testa. Un’opera, prendete queste mie parole con le molle, che in parte ha avuto modo di crescere e lievitare meglio anche in virtù di quel blocco di un anno fa, l’anno in questione passato a arricchire i dettagli, a limare gli spigoli perché non ci sbattessero gli stinchi i ballerini, anche questo ha fatto Red, ma qui usavo questa immagine come metafora, a migliorare davvero il tutto. Che a avere una “visione”, questa è Casanova Opera Pop sia un quasi settantenne dovrebbe forse far riflettere rispetto a quel che stiamo facendo alle nuove generazioni, perché è evidente che per mettere in piedi un progetto del genere serve esperienza e anche una forza economica non indifferente, oltre che una credibilità presso chi a questa opera deve contribuire, penso appunto all’incontro con Milo Manara o con Renzo Rosso, le tele di jeans dei costumi di scena sono del patron della Diesel, impensabile da parte di qualcuno che non abbia a sua volta un nome, ma è anche evidente come spesso manchi proprio la voglia di mettersi in rischio, di azzardare, di lasciarsi andare appunto a una visione, a qualcosa di ambizioso.

È passato un anno da che ho ascoltato tutta Casanova Opera Pop, in mezzo tutto quel che conosciamo, il 21 gennaio sarò lì, a Venezia, a godermi il lavoro di una nostra eccellenza della musica, non solo del pop, lo sguardo di Steven Gerrard pronto a prendersi tutto nel suo secondo tempo.