Così parlò Mattarella. Il Regime, ha paura e si blinda

La situazione appare sempre più allo sbando, incontrollata e il discorso di Mattarella a Parma è suonato più scomposto che meditato


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All’assemblea dei sindaci a Parma, Mattarella si è espresso con toni duri contro i supposti novax, che costituirebbero, secondo lui, un pericolo per la salute pubblica a causa dei loro assembramenti. Un discorso confuso, in cui non si è saputo o voluto distinguere tra manifestanti pacifici e provocatori, né, tanto meno, si è voluto tener conto di una verità elementare: se gli assembramenti sono focolai, allora lo sono anche quelli pro gender, per il clima, per la Cgil, per le manifestazioni politiche, i rave party eccetera. Fino all’alluvionale flusso di migranti che sbarcano del tutto privi di protezioni sanitarie, ma che nessuno si sogna di considerare pericolosi per la salute collettiva. Così il Capo dello Stato ha, di fatto, sancito la condanna del dissenso. Un segnale preciso dopo il quale, puntuale, il Viminale della fallimentare Lamorgese si è affrettato a formalizzare la stretta. Il “garante della Costituzione” ha avallato, piaccia o non piaccia, una torsione della Costituzione nel nome di una sicurezza che a questo punto è diventata controllo, impedimento, censura. È stato osservato, in modo appropriato, che, posto che “le forme di dissenso non possono sopraffare il dovere civico di protezione dei deboli”, non spetta al Presidente della Repubblica stabilire i contorni del dissenso più di quanto non gli spetti decidere chi sarebbero i deboli. È stato anche rimarcato che se una simile stretta fosse stata adottata da un governo di destra, si sarebbe levato immediatamente un coro contro il regime, lo Stato autoritario, la morte della Costituzione. Niente del genere oggi, stante la pressoché totale partecipazione dei partiti al governo. Sta di fatto che, sulla base di una logica discutibile, politici, amministratori e virologi hanno esultato all’uscita mattarelliana come davanti al Divino Avvento. Et pour cause, verrebbe da dire. Ma dove si era mai sentito il diritto a soffocare il diritto a manifestare? Le aggregazioni di protesta “statiche” e confinate nelle periferie?
Per “tutelare i deboli”? Non scherziamo, la verità appare diversa quanto semplice: questo regime non si sente saldo e reagisce blindandosi. Con metodi duri, al limite dello scrupolo democratico. La strategia è la solita degli ultimi due anni: minacciare, annunciare chiusure progressive, criminalizzare lo scontento, denigrare chiunque non si adegui alla narrazione unica. Che però comincia a perdere i suoi pezzi. Bene o male, quel minimo di informazione non ancora dominata riesce, vuoi per genuina motivazione, vuoi, chissà, per quei giochi di sabotaggio che non mancano mai nell’intreccio tra politica e informazione, a fornire retroscena e dati di fatto che aprono crepe nel muro di gomma. Report ha dimostrato, documenti alla mano, che la scelta di chiudere il Paese, partendo dalla Lombardia, all’inizio dell’emergenza, fu motivata da calcoli politici col pretesto della profilassi sanitaria (situazione clamorosa, che i media di regime hanno colpevolmente ignorato). Sono emersi scandali, malversazioni, sprechi su tutte le scelte adottate, dagli 800 milioni di mascherine cinesi inutili, costati 1,2 miliardi, ai 500 respiratori negoziati dalla Cina e del tutto inutilizzabili, alle primule vaccinali, ai banchi a rotelle, ai tamponi a pagamento, al greenpass sempre più punitivo, agli stessi vaccini che, non si capisce come, dopo avere smentito la loro efficacia oltre i sei mesi, adesso, alla terza somministrazione, dovrebbero proteggere addirittura per 10 anni. Mentre i social, nel silenzio omertoso dei notiziari ufficiali, già segnalano i primi puntuali decessi conseguenti a reazioni avverse.
Fino alla totale perdita di credibilità della classe medica – i virologi da avanspettacolo -, della burocrazia come sempre inadeguata e parassitaria, della stessa informazione, servile come mai prima, e fino alla vergogna del reddito di cittadinanza che, sfruttando il caos emergenziale, è costato almeno 200 milioni di euro, andando a foraggiare oltre 22mila soggetti senza il diritto di percepirlo, in buona parte ladri, pregiudicati, mafiosi, facoltosi. A fronte di una crisi socioeconomica che, dopo avere bruciato 300mila attività nel 2020, oltre a qualche milione di partite Iva, ha reso più povero un italiano su due prima ancora di dover far fronte ad una crescita dell’inflazione che sta portando al rincaro di tutti i generi di necessità, all’esplosione delle bollette, all’impennata del prezzo dei carburanti. Laddove le scadenze fiscali piovono inesorabili.
Il regime governato oggi da Draghi è appeso ai duecentoventi miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (sic!), ma, tacendo del fatto che trattasi di soldi per lo più a debito, e in parte già anticipati dall’Italia alla UE (quindi una semplice restituzione), questi fondi non solo non arrivano, nell’inerzia riconosciuta dal governo stesso, che lamenta (ma contro chi?) di trovarsi al palo con tutti i progetti che condizionano l’erogazione dei fondi. Non solo: una inchiesta di Quarta Repubblica ha mostrato come sia già partito, in largo anticipo, l’assalto alla diligenza, con la destinazione del malloppo spartita per mille rivoli clientelari, truffaldini, affaristici. E se i soldi non arrivano, il governo salta. La stessa campagna, violentissima, scomposta, sulla vaccinazione degli infanti ha il sapore del ricatto, come se tutte le forzature di due anni non fossero bastate, come se il vincolo del lasciapassare non avesse sortito sufficienti effetti.
Siamo, insomma, al pieno rispetto del copione: in Italia ogni emergenza si risolve in disastro e sul disastro cresce il big business per i soliti. Per tutte queste sacrosante ragioni i cittadini, a milioni, protestano. Per le stesse ragioni il regime fa la voce grossa, sapendosi fragile e temendo le contestazioni. Cosa dobbiamo aspettarci? Nella assoluta inaffidabilità della classe di potere, ogni sospetto è possibile. Di certo, vietare le legittime manifestazioni di dissenso non servirà a spegnere il dissenso. Speriamo solo che tutto resti nei binari della protesta non violenta, che non ci scappi la vittima di Stato da strumentalizzare. Certo però che la situazione appare sempre più allo sbando, incontrollata e il discorso di Mattarella a Parma è suonato più scomposto che meditato, più ansiogeno che rassicurante.