The Eternals, da Bollywood al film d’autore, il cinecomic Marvel come enciclopedia dei generi

Dietro il gigantismo della messinscena del film di supereroi diretto dal premio Oscar Chloé Zhao emerge netta l’ispirazione mitologica. E l’ambizione del Marvel movie di diventare un macrogenere che contenga tutti gli altri

The Eternals

INTERAZIONI: 133

The Eternals, terzo tassello della fase 4 del Marvel Cinematic Universe, è il primo film della serie a recare una firma d’autrice, quella della regista e qui anche co-sceneggiatrice Chloé Zhao, vincitrice dell’Oscar – e del Leone d’Oro a Venezia – per Nomadland. Il punto di partenza è quello offerto dai personaggi creati negli anni Settanta da Jack Kirby, uno dei grandi padri dell’universo Marvel, che vi infonde il segno del suo tratto ieratico e corposo. Gli Eterni sono degli esseri dagli straordinari superpoteri che una figura dalle fattezze di divinità, il Celestiale Arishem, ha posto migliaia di anni fa sulla Terra per proteggerla dai mostruosi Devianti.

Gli Eterni hanno una natura intemporale, non nascono né muoiono né invecchiano, osservatori del lento processo di civilizzazione nel corso dei millenni, fedeli all’ingiunzione di non intervenire nelle cose degli umani se non per contrastare i Devianti. I quali però, intorno alla metà del secondo millennio sembrano essersi estinti. Per cui gli Eterni si sono mimetizzati mescolandosi agli umani, a poco a poco, alcuni di loro, mostrando anche qualche propensione alle loro emozioni e desideri.

Sersi (Gemma Chan) s’è addirittura, dopo migliaia di anni d’amore con uno dei suoi pari – Ikaris (Richard Madden), il più potente tra gli Eterni, palesemente esemplato su Superman – invaghito dell’umano Dane (Kit Harington); Kingo (Kumail Nanjiani) è diventato una stella di Bollywood; Druig (Barry Keoghan), che ha il potere di controllare le menti, è l’ispirato santone di una comunità; mentre Phastos (Bryan Tyree Henry) ha messo su famiglia insieme al suo compagno – il primo personaggio esplicitamente omosessuale dell’universo Marvel.

La pace termina quando, inaspettatamente, la minaccia dei Devianti riappare – forse liberati per il surriscaldamento globale dai ghiacciai liquefatti nei quali erano intrappolati. Così gli Eterni devono riprendere la loro missione, bisognosi anche di una nuova guida dopo la morte, uccisa presumibilmente dai nemici, della saggia leader Ajak (Salma Hayek). Chi ne prenderà il posto? E chi è il vero avversario contro cui dovranno combattere gli Eterni?

The Eternals dispiega, lungo due ore e quaranta inevitabilmente ridondanti, tutto l’armamentario dell’universo Marvel, con l’obiettiva difficoltà di dover costruire il ritratto di almeno una decina di nuovi personaggi cui, tra gli altri, si aggiunge anche la Thena di Angelina Jolie, divina guerriera però attratta dalle sirene, diciamo così, del lato oscuro – a un certo punto, ironicamente, si vede anche un bambino leggere un fumetto di Star Wars. Emerge più netta nella vicenda la propensione epica dell’universo supereroistico, con le sue aspirazioni, rese palesi dalle statue classiche mostrate nei titoli di coda, da autentico racconto mitologico per questo scorcio di millennio.

The Eternals prova una riflessione su questioni alte come il libero arbitrio – spingendo i protagonisti a interrogarsi sulla giustezza della loro imperitura fedeltà ad Arishem –, portata e limiti del processo di civilizzazione, la necessità per la salvezza del pianeta di un paradigma connettivo e collaborativo tra le creature – e tra le creature e l’ecosistema. L’esposizione dei temi impegnativi è frenata dall’inaggirabilità della ricetta e della griglia dentro la quale ognuno di questi film è posta. Che prevede prolisse sequenze di combattimento, inevitabili momenti ironici di alleggerimento e un bilanciamento da manuale Cencelli dei personaggi, tra i quali, per ragioni insieme di politicamente corretto e di coinvolgimento dei target di consumatori, ci sono orientali, indiani, afroamericani, omosessuali, diversamente abili.

Così alla fine in The Eternals emerge soprattutto la forza del dispositivo Marvel-Disney, la portata globalizzante di un modello narrativo che, in particolare con questo film, pare volersi dichiarare quale macrogenere che ingloba (e cita) tutti gli altri. È scontato il riferimento a un film cinematograficamente fondativo come il 2001 kubrickiano, attraverso la navicella spaziale degli Eterni che rimanda all’iconico monolito. Ma c’è anche Bollywood, appunto, di cui vediamo riprodotta una canonica, coloratissima sequenza musical; e lo stesso Kingo ha deciso di realizzare una specie di docureality sugli Eterni, riprendendo in tempo reale la vita quotidiana degli eroi.

Questa consapevolezza metacinematografica, casomai ce ne fosse ancora bisogno, riafferma la centralità nell’immaginario contemporaneo del Marvel Movie, che si pone sempre più esplicitamente quale catalogo universale, enciclopedia dei generi cinematografici. Tra i quali, grazie alla presenza di Chloé Zhao, si può comprendere finalmente anche quel genere spurio che è il “film d’autore” – ma la firma della regista di Nomadland qui è quasi invisibile, il suo ruolo sostanzialmente intercambiabile.

Il grande conglomerato produttivo guidato da Kevin Feige aveva già scandito alcuni meccanismi portanti del racconto contemporaneo, come la calibrata sovrapposizione tra autonomia del singolo film e sua appartenenza a un modulo seriale, oppure l’invenzione delle sequenze alla fine dei titoli di coda, che ha rivoluzionato le modalità di fruizione dei film. Con The Eternals si manifesta il desiderio di un ulteriore passo in avanti che, avvantaggiandosi della logica transmediale che col digitale salda una nell’altra tutte le forme di storytelling, punta alla costituzione di un dispositivo narrativo sempre più vasto e autosufficiente, che consegna allo spettatore un’opera d’arte totale, dentro la quale rinvenire tutti gli ingredienti, generi, formati, emozioni che soddisfino qualunque sua voglia di immaginario.