Il Club Tenco e X Factor abbattono i generi, contenti loro

Ma non lasciatevi ingannare dal titolo, parlo di significati diversi della parola "genere"


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È storia ormai di ieri, già più che raccontata (non da me, da chi si prende briga di raccontare queste cose), Manuel Agnelli, durante la conferenza stampa di presentazione di X Factor 2021, riprendendo una dichiarazione della responsabile di produzione Eliana Guerra ha specificato che chiunque paragoni i Maneskin ai Sonic Youth di musica non capisce un cazzo, perché loro sono dei performer e quindi in quanto tali andrebbero semmai paragonati agli Aerosmith, dimostrando in una sola frase di non capire a sua volta un cazzo, almeno per quel che concerne gli Aerosmith, band con un repertorio di un certo ceso specifico. Ora, chiaro che da chi cantava “sui giovani d’oggi ci scatarro su” e che è entrato nel talent di Sky al grido di “voglio trovare il nuovo Lou Reed”, salvo poi piagnucolare per chiunque si dimostri in grado di tenere una nota, facendo per altro propri più altri suoi versi, tipo “la grandezza della mia morale è proporzionale al mio successo”, direi che non ci si dovrebbe aspettare di meglio, ognuno fa della propria carriera quel che gli pare, nel limite del possibile, resta comunque un buono spunto di partenza per affrontare un tema più ampio, che lascia X Factor al proprio destino e si addentra nel bosco fitto dei generi musicali. Lasciamo quindi da parte Manuel e il suo conto in banca, i Maneskin, i Sonic Youth e gli Aerosmith. Non è di loro che mi preme parlare, l’intro era giusto una scusa per dire, con colpevole ritardo, quanto io ritenga Manuel ridicolo nei panni di quello che, sullo scranno dei giudici di un talent che si prende gioco di tanti ragazzi e che comunque, a oggi, non ha tirato fuori nulla di artisticamente rilevante, sicuramente non sotto la sua egida, pontifica manco fosse stocazzo (stocazzetto era Fedez, ricorderete, diamo comunque a Cesare quel che è di Cesare).

I generi, dicevo. Suppergiù pochi giorni prima che Manuel si lasciasse andare a queste belle puttanate, per altro a breve tornerò anche su altre puttanate partorite nel medesimo contesto, la conferenza stampa di presentazione della nuova edizione di X Factor, andava di scena in quel di Sanremo l’edizione 2021 del Premio Tenco, quella presentata dal Club Tenco come “senza aggettivi”. Anche questa è faccenda nota, iperdibattuta, sicuramente in contesti altri rispetti a quelli nei quali si dibatte di X Factor, dopo lo scisma del 2017, quello che vide parte del direttivo abbandonare la nave, da Enrico De Angelis a Enrico Deregibus a tanti altri facenti parte, il nuovo corso ha deciso di cambiare rotta, sposando in tutto e per tutto una corrente vagamente alla “Festivalbar”, almeno da un punto di vista strettamente teorico, perché poi i nomi chiamati, a mio parere, restano invece decisamente d’autore, da Enrico Ruggeri a Marisa Monte. Lasciando da parte il cast e le meste faccende interne al Club, che nei fatti più che interne sembrano molto simili alle coppie che divorziano male, gli uni contro gli altri, a rimetterci i figli, traslando quegli artisti poco “visibili”, parlo di artisti, intendiamoci, che non trovando ospitalità sotto l’occhio del riflettore lo avrebbero trovato in quel contesto, oggi diventato una sorta di depandance del Festival di Sanremo, a sua volta depandance extralusso del Mi Ami di Rockit, vorrei provare a imbastire un discorso proprio intorno all’idea di genere musicale, ovviamente partendo da quella di “musica d’autore” intorno alla quale e al servizio della quale era nato appunto il Club Tenco, per volontà di Amilcare Rambaldi.

La classica tiretera, in genere tirata in ballo da chi non si occupa di musica, comprendendo questa dicitura anche buona parte di chi opera come addetto ai lavori, tutte le canzoni hanno un autore è talmente idiota che non merita neanche una risposta. Per canzone d’autore, o canzone d’arte, a fermare il concetto su carta è stato proprio De Angelis, supperigiù nei mesi nei quali venivo al mondo io, cinquantadue anni fa, un modo di intendere il rapporto tra testo e musica, alla ricerca di soluzione sostanzialmente alternative rispetto alle mode correnti. Direi che è un concetto piuttosto chiaro, magari vetusto, ma indubbiamente chiaro. Le ambiguità che ci si possono applicare, tante, sono comunque parte del discorso, le mode sono mode, e la letterarietà è comunque materia di studio accademico, fingere che sia tutto volatile è nascondersi dietro un dito. Essendo appunto la definizione di De Angelis ancora oggi in auge, al punto che il nuovo Club Tenco si è sentito in dovere da prenderne le distanze, parlando di steccati e muri che cadono, nicchie che esplodono e via discorrendo, è evidente che non di genere in quanto tale si parla quando si parla di canzone d’autore, troppo ampio e trasversale il concetto, quanto piuttosto di un macrogenere dentro il quale trovano ospitalità artisti e album che a questa definizione possono aderire. Per capirsi, ci possono essere artisti rock che praticano la canzone d’autore, seppur inizialmente si tendeva a escludere un certo tipo di impianto ritmico con la canzone d’autore, ci sono brani rap o urbam che possono in qualche essere riconducibili alla canzone d’autore, credo che il nome Caparezza sia piuttosto esplicativo in tal senso, e via andare. Quando però si dice canzone d’autore chi di musica si occupa, che si tratti di artista, addetto ai lavori o semplice pubblico appassionato e informato, capisce di cosa si sta parlando. Poi, certo, Samuele Bersani dichiara a pochi giorni dal Premio Tenco, lui ha vinto la Targa Tenco come Miglior Album con Cinema Bersani, e sebbene i Premi Tenco e le Targhe Tenco siano due storie diverse è evidente che stava parlando proprio del nuovo corso del Club Tenco e quindi dei Premi Tenco, ma nei fatti gli steccati non sono mai da guardare con accondiscendenza, quando si parla d’arte, ma le definizioni e i canoni sono parte del gioco, come accade in tutte le forme d’arte. Del resto lo stesso Bersani solo poche settimane prima aveva detto, parlando di Salmo e delle sue dichiarazioni post concerto abusivo di Olbia, che nessuno dovrebbe potersi definire artista, o una cosa del genere, andando a confondere ancora una volta il senso delle parole e i canoni, ovvio che chi fa musica che non sia solo musica rivolta al mercato, e soprattutto che sia musica da se stesso creata non per mero intrattenimento è un artista, e cosa dovrebbe mai essere, un artigiano?, evidentemente non tutte le ciambelle gli riescono col buco, di qui, immagino, il suo prendersi così tanto tempo per tirare fuori le sue bellissime canzoni d’autore.

Allora, piccolo riassunto delle puntate precedenti, poi inizia il nuovo episodio. La musica d’autore non è un genere, che fondamentalmente è l’adesione a un canone, ma più una definizione che attraversa i vari generi, non proprio tutti ma quasi. Far finta che ora non esista più è da stolti. Far finta di non cogliere l’incoerenza di ritenere musica d’autore quella musica che punta al seguire le mode, e che nulla ha a che fare con una ricerca letteraria, anche. Forse anche di più.

Poi possiamo dire che parlare di generi in musica nulla ha a che vedere con la bellezza o meno delle canzoni, possiamo dire che parlare di generi è roba da addetti ai lavori, e il successo di una canzone lo determina il pubblico, e ci mancherebbe pure altro, sfido chiunque a trovare la parola successo laddove si parla di musica d’autore, possiamo anche dire che fossilizzarsi a parlare di musica d’autore mentre il mondo della musica si sta in qualche modo spostando sullo streaming, vedi alla voce trap, alla voce rap, alla voce indie, è essere fuori dal tempo, possiamo parlarne anche se tutto questo ha lo stesso appeal che può avere chi si presenta a un primo appuntamento con i calzetti di spugna bianchi sui mocassini neri, a meno che non sia Michael Jackson, e i capelli pettinati con la riga da una parte, e comunque i canoni non li determina certo un comunicato stampa o una risposta data a cazzo da Manuel Agnelli durante una conferenza stampa di un programma televisivo, che con la musica e la musica d’autore ha niente a che vedere, se non incidentalmente, fatevene una ragione.

È forse seguendo questa analisi dei fatti, la musica d’autore non è un genere, ma un contenitore di artisti e musica che attingono a più generi, che i giudici di X Factor, Dio santo dimmi tu che mondo è mai questo nel quale io mi devo trovare a parlarne anche fuori dallo spazio simpatico delle “pagelle padre e figlia” che da anni scrivo con mia figlia Lucia, che proprio nell’anno in cui anche il talent ideato da Simon Cowell si presentava in Italia con lo slogan “senza più generi”, intendendo però generi sessuali, la scelta fatta a monte era quella di toglie le categorie “under uomo”, “under donna” e a seguire “over 25” e “band”, il claim preso dai Nirvava, “Come as You Are”, di colpo, puf, dal cast dei concorrenti di X Factor scompaiono artiste che fanno parte di un altro genere, quello femminile (non fatemi riaprire anche questo discorso, sapete tutti di come io abbia a più riprese canonizzato il genere del cantautorato femminile, a sua volta macrogenere che raccoglie artiste che si muovono in generi musicali codificati differenti, forti di una volontà di essere libere e fuori dal mercato dettato proprio dall’essere emarginate dal sistema musica, vedi alla voce patriarcato). Certo, ce ne sono due, dirà il solito sapientino col ditino alzato, una delle quali anche con buon chance di vittoria finale, parlo di Mika Paris, che ha dietro un tot di impresari, discografici e scout come non ne vedevo da una vita, l’altra Vale LP è autrice delle edizioni Sugar, quindi a sua volta piuttosto “protetta”, ma su dodici artisti, tra i quali anche diverse band, tutte composte da maschietti, è una percentuale davvero minima, irrisoria. Nei fatti, proprio nell’anno in cui si parlava di fluidità e non binariato, di generi da abbattere, perché in qualche modo legati a un passato passato, X Factor sciorina un cast quasi totalmente maschile, alla faccia dell’inclusività, così come il Club Tenco, che ha premiato per la prima volta il più anti-Tenco della musica italiana, Mogol, non a caso lì a dare del “fioraio” a Rambaldi ai microfoni di Mariella Venegoni, e ha sbandierato a più riprese il voler abbattere gli steccati tra canzone d’autore e una generica canzone senza aggettivi, ha visto la rappresentante più chiara di questo cambiamento, quella Madame insignita da ben due Targhe Tenco, assente dell’ultima ora, forse perché a una millennial del Premio Tenco frega meno di vedersi per la seconda volta Squid Game sul tablet. Un fallimento da qualsiasi punto si voglia guardare alla cosa, anche in virtù di una duplice uniformità di intenti da parte di due realtà che, sulla carta, dovrebbero essere distantissime, e che mai come oggi si dimostrano loro sì fuori dal tempo, come un cinquantenne che volesse dirsi giovane solo usando parole prese dal gergo giovanile, come il Supergiovane di Elio e le Storie Tese interpretato da Mangoni, o un giovane che per stare sul pezzo si abbassa a mettere in piazza i fatti propri, per altro spesso ingigantendo situazioni di marginalità, vedi l’anno scorso Blind, o sputtanando rapporti di famiglia pur di rendersi protagonisti di non si sa quale situazione borderline, pur di aderire a una narrazione assolutamente alla moda come quella incorniciata in quel triste “Come as You Are”. Chi l’avrebbe mai detto, il Club Tenco a fare i modaioli e X Factor a praticare il patriarcato, il mondo non finisce mai di stupirci.