Morgan canta De André in una rivisitazione del Cantico Dei Drogati

Morgan rivisita il Cantico Dei Drogati di Fabrizio De André, un vero e proprio atto d'amore verso la musica e una genuflessione per il cantautore genovese

morgan canta de andré

Photo by Roberto Gimmi/Flickr


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Quando Morgan canta De André ci si accorge che mettersi in bocca le parole di Faber no, non è cosa da tutti. La passione di Marco Castoldi per il cantautore genovese è cosa nota, e ogni volta che il frontman dei Bluvertigo sceglie di interpretare uno dei suoi brani monumentali ci mette sempre un po’ di suo.

Lo ha fatto, Morgan, nell’ultimo lancio social dalla sua pagina Instagram. La traccia è inclusa nell’Audiolibro, il progetto “audiobiografico” di Castoldi che sa sempre sorprendere il pubblico spalancando le sue viscere per offrirsi in pasto al web, un mondo che egli stesso ha vantato essere una grande enciclopedia a cielo aperto. Lo sa bene, Morgan, quanto sia famelico il mondo dell’Internet e per questo non fa che saziarlo con la sua arte.

A questo giro Morgan canta De André e sceglie Cantico Dei Drogati, traccia di apertura del capolavoro Tutti Morimmo A Stento (1968), il concept album sulla morte come eccellenza creativa che contiene monumenti sonori come Inverno, Ballata Degli Impiccati e Girotondo. Come è solito fare, Morgan autoproduce la traccia e la lancia sui social – non sulle piattaforme streaming – scegliendo la via grezza della divulgazione, ma anche la più popolare e meno macchinosa.

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Il risultato è un brano con un arrangiamento che darebbe gioia non solo a Fabrizio De André, ma anche a Fabio Frizzi e Lucio Fulci: suoni cupi e profondi, con il clavicembalo che scandisce il tappeto atmosferico dei sintetizzatori, le percussioni appena accennate che mantengono la luce soffusa per non fare tanto strepito, la voce di un uomo che canta la paura e il dolore.

Quando Morgan canta De André l’ologramma del cantautore genovese si materializza per dirci che è ancora presente, che non ci è concesso dimenticare il grande monumento musicale che ha lasciato a un pubblico ancora fortunato, anche se troppo solo senza di lui.