La Ragazza Con Il Braccialetto, raccontare l’adolescenza e i suoi misteri

Una diciottenne è imputata per l’omicidio dell’amica del cuore. Il courtroom drama di Stéphane Demoustier descrive l’ambiguità del reale e l'incapacità della società di comprendere le nuove generazioni. Da oggi al cinema

La Ragazza Con Il Braccialetto

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La ragazza con il braccialetto è Lise (Melissa Guers), diciottenne accusata di avere due anni prima ucciso l’amica del cuore Flora. Il braccialetto è quello elettronico che indossa alla caviglia da quando, dopo i primi mesi di carcere, è stata riassegnata alla famiglia in attesa del processo. Il film di Stéphane Demoustier del 2019, vincitore del premio César nel 2021 per la sceneggiatura non originale, adattamento di una pellicola argentina del 2018, Acusada (con riflessi del caso Amanda Knox), è un courtroom drama incentrato sull’accurata disamina del dibattimento, lungo il filo delle dichiarazioni di esperti e familiari, domande e arringhe di pubblico ministero e avvocata della difesa, la presentazione delle prove. Tra queste un video, presunta causa scatenante del contrasto tra le amiche e quindi movente dell’omicidio, che Flora aveva postato sui social network, ritraente un atto sessuale praticato da Lisa a un comune amico.

È una delle rivelazioni di cui, non senza imbarazzo, deve venire a conoscenza il padre di Lise, Bruno (Roschdy Zem), che dopo aver testimoniato di aver avuto sempre un rapporto franco e trasparente con la figlia, è costretto ad ammettere a sé stesso che, evidentemente, le cose non stavano proprio così (“Sembrava stessero parlando di un’altra persona”). La madre Céline (Chiara Mastroianni) invece, forse temendo di non reggere alla prova, sceglie di non presenziare alle udienze.

Non ci si attenda colpi di scena e rivelazioni sconvolgenti da La Ragazza Con Il Braccialetto. Stéphane Demoustier, il cui primo film, Terre Battue (2014), era stato sostenuto e prodotto dai fratelli Dardenne, propende per un cinema dallo stile controllato e raziocinante, che punta a uno scandaglio accorto sulla realtà contemporanea, i rapporti familiari, gli stili di vita delle (misteriose) nuove generazioni. Il meccanismo processuale, costruito espressamente per stabilire la presunta verità, pare il dispositivo più idoneo al conseguimento di questo obiettivo.

Non esistono però scorciatoie e risposte semplici: l’anatomopatologo può risalire con esattezza all’ora in cui è stato commesso l’assassinio, stabilire dall’inclinazione delle ferite inferte se l’omicida sia destro o mancino. Eppure tutto ciò scalfisce solo la superficie, gli elementi oggettivi ed esteriori del caso. Le ragioni soggiacenti restano più oscure. Perché poco evidenti, e solo presunte sulla base di stereotipi e sentito dire ai quali ci appigliamo per addomesticare la realtà, sono le autentiche motivazioni dei comportamenti sociali, soprattutto dei più giovani.

Lisa resta un enigma, non reagisce secondo le aspettative della giura che, magari, per poterla dichiarare innocente la pretenderebbe sconvolta, contrita, empatica. Invece la diciottenne resta per quasi tutto il tempo, anche nel privato coi genitori, scostante, ritrosa fino al mutismo. Quando il pubblico ministero (Anaïs Demoustier, sorella del regista) la incalza chiedendole come abbia potuto avere un rapporto sessuale senza provare nulla per il partner, Lisa ribatte sottolineando che non stava facendo l’amore ma dandosi reciprocamente piacere con un’altra persona. E se la scarsa intensità emotiva di un atto intimo risulta scioccante per una persona di altra generazione, è del tutto naturale per lei. Come è naturale minacciare “ti ucciderò” – a Flora, dopo il fattaccio del video – senza intenderlo davvero, allo stesso modo in cui, aggiunge, “tra amici diciamo ti amo, tutti lo dicono”.

La Ragazza Con Il Braccialetto è un’immersione formalmente sorvegliatissima dentro il mondo come (non) lo conosciamo. Il processo diventa il luogo in cui, attraverso l’unico strumento apparentemente affidabile concesso, ossia la parola, si cerca di riordinare la complessità e l’ambiguità del reale dentro una cornice comprensibile, che ci fornisca un libretto delle istruzioni efficace per gestirla. Naturalmente, ciò è impossibile. Si può giungere a una verità dibattimentale, sintetizzata nella sentenza emessa dalla giuria. Ma la verità che ci sta più a cuore resta inattingibile. Questo vale per la società nel suo complesso e per i genitori di Lisa – e anche per lei stessa, assai più fragile di quanto appaia.

Perciò La Ragazza Con Il Braccialetto è privo di impennate melodrammatiche. Perché non esplicita i conflitti né sublima tensioni ed interrogativi tramite lo scarico emotivamente tranquillizzante di testimonianze al calor bianco e prove decisive che sbucano fuori all’improvviso. Demoustier fotografa una realtà virata sui blu e i grigi di un mondo freddo e spento, che mimano un ordine e un distacco che non corrispondono al vero. Al contrario, pur organizzato intorno a un cerimoniale rigidissimo, il tribunale ha pareti di un rosso acceso, a sottolineare come in quello spazio apparentemente rigoroso, regno della parola razionalizzante, siano in gioco le passioni più intime, talvolta scabrose e innominabili, degli esseri umani. Passioni che, oltretutto, siamo costretti a reimparare a ogni salto di generazione, per non rischiare di chiuderci in pregiudizi che ci condurrebbero a emettere sentenze frettolose e sbagliate.