“La musica è il meglio” e Frank Zappa è il meglio della musica

Il prossimo 18 giugno uscirà "Zappa '88: The Last U.S. Show", l'ultimo show americano del grande artista statunitense


INTERAZIONI: 726

Nel 1988 Frank Zappa era già malato, non lo sapeva ma lo sospettava, il cancro scavava la prostata e lui era sempre più umorale, insofferente e questo si riversava nella sua produzione, giunta ad un livello di polemica politica inusitato. Arrivò al punto da lanciare la propria candidatura a presidente degli Stati Uniti, una boutade, probabilmente, ma chissà. L’uomo era capace di questo ed altro e nella sua continuità concettuale tutto si legava con tutto e la musica si legava alla dimensione sociale ed esistenziale. A suggello dell’epilogo sul palco, la Zappa Family, ormai ridotta ai figli – e neanche tutti – dopo la dipartita della moglie Gail, fa uscire il prossimo 18 giugno “L’ultimo show americano di Zappa”, titolo fuorviante perché trattasi più esattamente di un fior da fiore di quel tour, ambizioso ma disgraziato al punto che Frank si vide costretto ad annullare i successivi spettacoli in madrepatria, rimettendoci qualcosa come 400.000 dollari, per concentrarsi sulla tranche europea, che tuttavia non sortì esito migliore: la formazione si dissolverà inesorabilmente a Genova, e quella sarà davvero l’ultima volta per il Mago terribile.
Non è che ci siano poi queste grandi novità. Ma, si sa, per lo zappofilo puro tutto è imperdibile e allora disponiamoci in religiosa attesa ad accogliere quest’altra epifania, che schiera almeno il controverso Beatles medley, composto da versioni irriverenti di “Norwegian Wood”, “Lucy In the Sky With Diamonds” e “Strawberry Fields Forever”, oltre ad “I Am The Walrus”, per restare in territori liverpooliani; il resto comprende tra l’altro la Marcia Reale dalla “Historie du Soldat” di Stravinski, il tema dal concerto per piano n.3 di Bartok, il Bolero di Ravel per la cui esecuzione Zappa aveva ottenuto l’esclusiva dagli eredi. Tutto era dentro tutto e nessuno ha mai saputo diluire le musiche nella musica, davvero senza confini, armonizzando i generi fino ad annullarli, a creare un sovragenere del tutto particolare. Certo, bisognava conoscere la musica col rigore di un compositore e di un musicologo, altro specifico che fa di Zappa un unicum impossibile non si dica da replicare, ma anche solo da avvicinare.
“Zappa: The Last U.S. Tour” infila trentuno trace suddivise in due CD o 4 vinili (o in edizione digitale), dove si spazia fra l’opera omnia zappiana, da “Who Needs The Peace Corps?” fino a “When The Lies’ So Big”. Musica raffinatissima per un attacco frontale, definitivo al potere in tutte le sue apparizioni, da quello politico, statuale ai ciarlatani religiosi – è il periodo della demolizione dei predicatori alla Jimmy Swaggart, santone evangelista con tanto di programma televisivo, fustigatore del degrado morale ignominiosamente beccato con una prostituta, e figuriamoci se Frank poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di cucinarselo alla brace.
Siamo, si diceva, alla fine degli anni Ottanta, all’ultima delle infinite stagioni della musica infinita di Frank Zappa. Gli album realizzati in questo passo sono tutti documenti dell’ultimo tour, prematuramente imploso per dissidi interni alla band (il batterista Chad Wackerman, il bassista Scott Thunes, vera pietra dello scandalo ma protetto dal Leader, il percussionista Ed Mann, il tastierista Bobby Martin, i chitarristi Mike Keneally e Ike Willis, più tromba, trombone, clarinetto, sassofono), una delle migliori mai avute da Zappa, come recita anche il titolo di uno dei dischi del periodo. Se “Broadway the Hard Way” spicca per i suoi contenuti politicamente corrivi, il successivo doppio “The Best Band You Never Heard in Your Life” è più focalizzato su un registro grottesco, con molte cover, mentre “Make a Jazz Noise Here brilla” per i suoi lunghi sperimentalismi strumentali. Oltre ad una sconfinata serie di bootleg, “ufficiali” e non. È il canto del cigno. “Non puoi più fare questo sul palco” è il titolo, atrocemente autoironico, della nuova raccolta di 12 album disseminati fino al 1992, con testimonianze live che abbracciano l’intera carriera, e con parecchi inediti. Presto si viene a sapere del tumore, della corsa contro il tempo, delle ultime escursioni in Europa, degli impegni rimandati o cancellati, delle ultime, strazianti maratone in studio per coronare i dischi ancora in sospeso. “Ti ho telefonato per dirti che non posso venire, perché sto morendo”.
Zappa affronta la sua fine con grande coraggio, con immensa dignità, e il rigore, la serietà sul lavoro non vengono mai meno. Quanto a questo, la sua era un’etica protestante, tipicamente americana. La sua faccia si gonfia e si scava, lui la copre con una lunga barba bianca, da eremita. Si sta congedando da quel mondo che non ha mai smesso di scuotere, sbatacchiare, e accendere, ed eccitare, e scudisciare, e divertire, ed irritare, ed incantare, e detestare, e amare per tutta la vita. E la sua vita è stata una sinfonia, un’unica, grandiosa, bizzosa, bizzarra, ininterrotta sinfonia. Che continua ancora oggi, perché ci sono due universi paralleli. Sono perfettamente identici, ma si può solo passare dall’uno all’altro, una sola volta: non c’è ritorno. O passi tutta la vita ignorando chi era Frank Zappa, oppure un bel giorno inciampi in lui, e allora, senza saperlo, sei già passato nell’altro universo. Il suo universo.
E a quel punto niente più ti pare uguale, anche se tutto sembra identico. Non puoi più fare finta di nulla. Non puoi più fare a meno di quella musica, della sua poetica crudeltà, e ti scopri meno forte, meno bravo di quello che credevi, qualsiasi cosa su sia intento a fare. Non puoi più fare a meno della droga di quel Genio nemico di tutte le droghe. Sei contaminato e scopri, a tue spese, che “la musica è il meglio”, e che Zappa è il meglio della musica. Scopri anche altre cose, per esempio che si può essere terribili, autoritari, autorevoli anche facendo i buffoni; che la superbia va guadagnata; che il mestiere di comporre è qualcosa di molto vicino ad una missione, ha in sé l’autocombustione del sacro; ma ti rendi conto, soprattutto, che, qualsiasi cosa tu faccia, non arriverai mai ad essere Zappa, perché lui “è più duro di tuo marito” e il marito in questione sei tu