Easy Sleazy è il nuovo singolo di Mick Jagger che sta spopolando in rete

Un pezzo dedicato al lockdown, un pezzo di speranza, ma c'è molto più realismo di quanto non sembri


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C’è un signore di quasi 80 anni che scivola agilmente sul lockdown e la pandemia se la vive a modo suo. Non è italiano ma del mondo e dallo scorso settembre sta in Sicilia, che visita in lungo e in largo, dove e come gli pare: musei, magioni, manieri, ospite sempre di qualche notabile – lui stesso risiede in un castello, ospite di nobili amici, come un personaggio di Tomasi di Lampedusa – e soprattutto ristoranti, tanti ristoranti, e taverne, e trattorie. Lui entra, come niente fosse, in selezionata compagnia, a volte preannunciato da una vaga telefonata, “prenotate per quattro”, lui entra, si siede e al gestore gli piglia un colpo. Perché quel maturo signore, maturo non pare per niente; però è un baronetto, si chiama sir Mick Jagger e se a questo punto della storia vi state chiedendo perché lui possa fottersene dei diktat di Conte, di Draghi, di Speranza e del CTS, beh, allora vuol dire che non avete capito niente. Mick essendo la rockstar più rockstar di tutti i tempi (e il tempo, si sa, è dalla sua parte, anche se non aspetta nessuno).
E, tra una gita e una mangiata, ops!, sir Mick l’ha fatto di nuovo. Un anno fa usciva coi compari di band, i Rolling Stones, con un singolo inaspettatissimo, “Living In A Ghost Town”, dedicato al primo coprifuoco globale della storia: tempi cupi ma ancora stralunati, nessuno poteva crederci e gli Stones cantavano di uno straniamento, di una città disertata, “tutto era bello prima, poi siamo stati rinchiusi e adesso sono un fantasma che vive in una città fantasma”. A distanza di un calendario, eccolo tornare Mick, ancora più a sorpresa, però questa volta da solo: poche ore fa ha invaso la rete un singolo che è tutto Jagger fin dal titolo, volgarotto e ammiccante, “Easy Sleazy”: si parla ancora di questa malattia del mondo ma adesso i versi sono diversi, sono la presa d’atto di qualcosa che è accaduto, qualcosa di terribile che però non ci ha piegato, che ci vede decisi ad uscirne, il prima possibile, sia pure ammaccati fuori e dentro.
È un pezzullo interessante per svariati motivi. Inciso a distanza, naturalmente, col solo contributo di Dave Grohl, uno che con l’epoca di Mick non dovrebbe entrarci, uno che arriva dal grunge, e invece Jagger lo ha messo a suonare tutto, batteria, basso e chitarra – l’altra ce la mette lui; è un rock canonico, nelle corde del leader di una storica rock and roll band, però tirato, rumoroso, caotico al limite del punk: in rete i commenti si sprecano, chi lo associa ai Sex Pistols, chi ai Ramones, chi a un provino degli Stones del periodo “Some Girls”, si sa come vanno queste cose, uno ci sente quello che vuole. Fino a un certo punto. Prodotto da Matt Clifford, che con gli Stones traffica da lunga data, è effettivamente un brano ruvidissimo, con un ritornello accattivante, d’accordo, ma sorprendente per la furia che sprigiona; a maggior ragione in un rocker prossimo agli 80, che imbraccia la chitarra e, col suo proverbiale ghigno, rilegge con indomabile sarcasmo quest’anno di straordinaria follia: “L’abbiamo preso sul mento/I numeri erano così cupi”. Altrove si accenna ad “anteprime virtuali, finti applausi”, di come funziona l’economia su internet, con un lampo davvero geniale – “devi fregare Peter se vuoi pagare Paul” -, e “se vuoi scrivere una melodia ti conviene zoomare”, cioè confrontarti su una piattaforma in streaming. Tutta l’alienazione per immagini, flash rapidissimi, “libri da checca mi insegnano a cucinare, troppa tv mi sta lobotomizzando, ingrasserò, prenderò un altro drink e poi pulirò il lavabo della cucina, la notte sarà solo un ricordo che devi ricordarti di dimenticare”.
Visioni agrodolcemente alienate sotto un tappeto di frastuono martellante. Fino alla sintetica visione, smaliziata, cinica, di una rockstar: “mentre mi spara il vaccino Bill Gates è nel mio flusso sanguigno, è controllo mentale, la terra è piatta e gelata e non si riscalda mai, il secondo avvento tarda, ci sono alieni nel deep state”. Mick parla di un pezzo di speranza, alla fine, ma c’è molto più realismo di quanto non sembri a un primo ascolto. Non diventerà un classico, anche perché l’onesto Grohl fa il suo lavoro, che è limitato, e mancano i graffi inconfondibili di Keith Richards e Ron Wood, ma è la conferma di un demone che non si spegne: Mick non si limita a perlustrare la sua Sicilia, tira fuori rabbia in forma di canzone e lo fa con nonchalance, senz’altra ambizione che dire la sua. Il disco nuovo della band tarda da 16 anni e sarà difficile che il gruppo, a pandemia sconfitta, possa tornare a esibirsi, almeno su larga scala, con uno dei loro mastodontici tour: a quel punto avranno tutti 80 anni più o meno suonati, solo il Covid poteva fermare i Rolling Stones. Forse. Ma i Rolling Stones non si fermano e, in ordine sparso, continuano a tirare fuori lava di suono ribadendo lo status di immortali e per giunta in un modo affatto convincente. Magari Keith bollerà “Easy Sleazy” con uno dei suoi commenti sprezzanti, ma in fondo sarà contento pure lui: loro non sono come tutti gli altri e non chiuderanno come gli altri, loro non finiranno mai e tutto, anche un buen retiro in Sicilia, serve a confermarlo. Tutto cambia perché niente cambi: a vedere Mick Jagger saltare e sbraitare come un ossesso nel video di “Easy Sleazy” par di tornare al 1971 e dintorni ma nessuno, proprio nessuno potrebbe immaginare che questo capellone di 59 chili è un baronetto di quasi 80 anni, padre di 8 figli, per limitarsi a quelli noti, l’ultimo di 5 anni, unito ad una compagna 34enne, con un patrimonio di 1 miliardo di dollari, gradito ospite di aristocratici siciliani.