Le Storie vere di Sanpa, Stefano di Coriano: facevo il cameriere a casa di Vincenzo, lì ho servito da Pannella al Principe d’Inghilterra

#sonovivograzieavincenzo: Vincenzo accolse tutta la nostra famiglia, i miei genitori e nove fratelli, oggi mio fratello è vivo e io ho una posizione grazie a lui


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Ciao Stefano, dove sei oggi?
Io abito a Coriano (Rimini, ndr), vicino alla Comunità, vicino Sanpa. Ho sempre abitato qua da quando sono stato a San Patrignano.
Quanti anni hai?
Ho 44 anni.
A che età sei entrato?
A 18 anni. Sono entrato a San Patrignano perché c’era mio fratello con problemi di tossicodipendenza davvero molto seri. Ho vissuto lì e quando sono entrato mi sono messo subito al servizio della Comunità. Io non avevo problemi di tossicodipendenza grazie a Dio ma ho vissuto in pieno il problema di mio fratello. A San Patrignano lavorai al servizio di Vincenzo Muccioli, a casa sua, lavoravo come cameriere. Vincenzo l’ho vissuto in prima persona, da vicino. Quando sono arrivato Vincenzo mi chiamò per nome, io non sapevo chi fosse. Io pensai ‘Chi è questo?’ e qualcuno mi disse ‘Guarda che quello è Vincenzo Muccioli’. Lui conosceva tutti, aveva foto di tutti i ragazzi, dalle foto si ricordava di tutte le persone e dei loro nomi.
Dicci di tuo fratello, quanti anni aveva?
Quando è entrato circa 20 anni. Aveva avuto problemi di tossicodipendenza dall’età di 13 anni, fino a 20-21 anni quando poi è entrato a San Patrignano. Aveva fatto richiesta quando dal carcere, l’avevano preso con delle sostanze, io ero piccolino, l’hanno arrestato. Ha fatto lui personalmente la richiesta, per andare a curarsi, per fare tutto il percorso. Dopo un po’ di anni che era lì, aveva chiesto a Vincenzo di riunire la mia famiglia. Anche altri due miei fratelli erano in un centro di accoglienza. Ed è stato così, Vincenzo ha acconsentito. E così i miei genitori e tutti noi nove fratelli eravamo lì a San Patrignano, in casette familiari. Ricordo che io ero l’unico che era rimasto fuori. Non sapevo praticamente dove andare. Vincenzo accolse anche me e così son rimasto 18 anni a San Patrignano.
Che facevi?
La mia mansione principale era fare il cameriere a casa di Vincenzo, poi stavo anche coi Chimici perché mio fratello stava nel settore Chimici. Mi sono subito inserito bene, anche per ringraziare chi mi accoglieva. Era il minimo che potessi fare, dare un aiuto.

Com’era la tua giornata tipica a casa Muccioli?
Mi occupavo dei servizi, quando arrivavano gli ospiti, anche illustri, i politici, aiutavo in sala. Facevo il cameriere. Quando non ero in servizio qualche volta stavo a casa con i figli di Moratti, al tempo avevano già il computer tipo Playstation! Durante la giornata ero sempre in Comunità. Andavo a cavallo, andavo al canile.
Ti ricordi qualche ospite di Vincenzo?
Sì, il primo che ho servito è stato Marco Pannella, poi Scalfaro, poi dei ministri, ricordo quello della Sanità, De Lorenzo, ma anche Sgarbi… di ospiti ne arrivavano tanti. Il principe d’Inghilterra, e poi i cantanti…
Ne ricordi qualcuno?
Come no, Bobby Solo che aveva il figlio che stava lì in Comunità. Edoardo Bennato è venuto a trovarci e a fare un concerto, e… tanti altri.
Cosa ricordi delle tue giornate con Vincenzo?
Io ho avuto anche discussioni con Vincenzo, sempre come padre e figlio. Era successo ad esempio che una ragazza venne da me nella casetta e ci aveva provato, voleva far sesso in parole povere. Io mi sono tirato indietro, primo perché rispettavo Muccioli e secondo perché avevo già conosciuto la mia fidanzata che poi è diventata mia moglie, sono 25 anni che stiamo insieme. Qualcuno aveva portato voce a Vincenzo che aveva visto una ragazza uscire dalla mia casetta di sera. Sai passavano 2 anni prima che potevi uscire con una ragazza con il consenso di Vincenzo Muccioli e c’erano delle belle gnocche dentro e ti poteva capitare uno sguardo. Ma dovevi fare un po’ come i frati francescani. Camminavi con gli occhi per terra. Quando succedeva qualcosa Vincenzo ti prendeva in sala davanti a tutti e ti faceva un cicchetto, un ciocco. Quelli te li ricordavi a vita. Io ne ho visti diversi di cicchetti. Allora parlai con lui e gli raccontai la cosa, lui aveva consultato anche la ragazza che gli disse la verità, era la figlia di una responsabile e aveva confermato, non era una tossicodipendente. Quindi ci siamo chiariti. Ci ero rimasto anche un po’ male, non avrei voluto prendere un cicchetto senza aver fatto nulla. Ne avevo visti di cicchetti in sala. I famosi ciocchi. Per me era educativo. Pensa che una volta abbiamo mangiato pesce per quasi una settimana perché uno aveva detto: ‘Il pesce io non lo mangio, che se lo mangi Vincenzo!’. Bene, abbiamo mangiato merluzzo per una settimana intera, mattina, pomeriggio e sera.
Tuo fratello poi ce l’ha fatta?
Sì. Mio fratello ha preso anche gli schiaffoni in Comunità e li ha presi anche dai responsabili. Quel famoso Mandingo del reparto punitivo che poi non era punitivo. Mio fratello è stato legato, e grazie a Dio. Se non lo legavano loro avrei chiesto a mia madre di farlo. Mio fratello era uno di quei tossicodipendenti che col cavolo che ne usciva se non lo legavi. Ricordo che mio padre l’ha legato due mesi a letto e lui dopo è tornato a farsi! Solo a San Patrignano mio fratello è riuscito a uscirne fuori. A San Patrignano ti curavano senza medicinali. Forse era un po’ duro, ok, ma mio fratello ne è venuto fuori.
Se mi dovessi trovare nella stessa situazione farei lo stesso con mio figlio. Certo ci sono stati ragazzi che ce l’hanno fatta anche da soli eh. Ma non tutti vivono l’astinenza nella stessa maniera. Mio fratello quando andava in astinenza, se ti racconto cos’ha combinato, cosa ha fatto in casa tu ti metti le mani nei capelli.
Ad esempio?
Rubava in casa, si vendeva le cose, portava via le TV, faceva di tutto e di più, urlava, dava di matto. Due volte ho dovuto buttargli i secchi d’acqua fredda in faccia e chiamare l’ambulanza, era per terra con la schiuma alla bocca per overdose. Lo trovai io lì per terra nel bagno. Io sono papà di 4 figli adesso. Sono assolutamente contro la violenza ma a volte uno schiaffo può anche insegnare qualcosa. In Comunità non ho mai avuto uno schiaffo ma ho avuto tante di quelle piccole punizioni che mi hanno fatto bene, mi hanno fatto pensare.
Pensi che tuo fratello oggi sia vivo grazie a Vincenzo?
Assolutamente sì. Senza dubbio. E se io oggi sono arrivato a farmi una mia posizione, e mio fratello anche, lo dobbiamo sempre a Vincenzo. Ma chi accoglieva una famiglia con 9 figli? Vincenzo ci ha accolto tutti. Là ho cominciato a studiare. Fare il cameriere a casa di Vincenzo mi ha fatto prendere un po’ la passione, ho cominciato anche a studiare da cameriere. Vincenzo e Gianmarco Moratti hanno pagato gli studi a me e a mio fratello, al professionale alberghiero.
E poi un giorno sei andato via…
Si, lì ci sono rimasto male. Quando Vincenzo mi disse ‘Non puoi rimanere’ ci sono rimasto male, non potevo lavorare fuori e fare avanti e indietro rimanendo a San Patrignano. Però ho anche capito che c’erano delle regole. Ma io avrei voluto rimanere. Vincenzo mi disse: ‘O stai qui o vai fuori a lavorare’. Andai a lavorare in un albergo a Riccione, con l’alloggio, dormivo in albergo. 
Che periodo era?
Era 3-4 mesi prima del processo Maranzano. Lì dentro c’era ancora tutta la mia famiglia, io andavo a trovarli. La situazione era drammatica, c’era indifferenza anche da parte dei ragazzi, si respirava tanta sfiducia nei confronti di Vincenzo. Un ragazzo, Moreno si chiamava, non so se c’è più, aveva problemi di Aids, era di Milano. Disse ‘Io vado via perché non mi fido più di Vincenzo’. Si sentivano traditi. Molti ragazzi l’hanno visto come un tradimento da parte sua perché ha difeso la Macelleria, lui avrebbe dovuto andare subito contro quei ragazzi. Se so che il mio vicino di casa ha fatto qualcosa del genere, bisogna scegliere subito da che parte stare. Vincenzo ha tenuto nascosto questa cosa per paura di tradire tutti gli altri. Non è facile nella situazione in cui stava lui. Era complicato, non era facile prendere quella decisione. Questo forse non tutti l’hanno capito e molti se ne sono andati, ma dove poi? Tutti quelli che sono andati via li ho trovati alla stazione, per strada, di nuovo nella droga. Vincenzo ha fatto errori anche gravi, ma per me li ha fatti per difendere i suoi figli. Si perché la mia personale idea è che Vincenzo lì dentro era come un padre di famiglia. Quando c’ero io c’erano 2.700 persone non come ora che sono quattro gatti. Immagina 2.700 anime, disperate, ognuno con la voglia di riscattarsi. Per capirci, nel paesino dove sono io oggi siamo in 1.500 e succede sempre qualche casino, figurarsi a San Patrignano dove non c’erano semplici cristiani ma tutta gente che combatteva con la tossicodipendenza, tutti incazzati neri col mondo.
La Macelleria era conosciuta come reparto più tosto ed è vero. Ma poteva valere lo stesso anche per la Scuderia. Se tu metti una testa, perdonatemi il termine, di cazzo, dalla Macelleria alla Scuderia, allora quella diventerebbe agli occhi degli altri il reparto punitivo. Purtroppo nella Macelleria c’era questo qui che aveva una sua visione…
Perché quelli della serie SanPa di Netflix sono venuti da te?
Perché sono stato chiamato da uno di San Patrignano che ha fatto il mio nome. Gli ho raccontato tutto anche nei dettagli. Gli ho raccontato di cosa pensavo di certi Responsabili, di Delogu, l’autista personale di Vincenzo, che chiamavano ‘il Figo’.
Perché non ti hanno messo nella serie Stefano?
Boh, secondo me perché ho raccontato troppe cose positive.

Cosa ricordi di Vincenzo, tu che vivevi praticamente in casa sua.
Il suo abbraccio. Quando abbracciavo Vincenzo Muccioli sentivo un’energia positiva e una protezione paterna, non riuscivo ad abbracciarlo perché aveva un pancione di circonferenza un metro e ottanta! (ride, ndr). Però questa voce che aveva, queste sue carezze. Tanta positività. Ho conosciuto un ragazzo che mi raccontava che Vincenzo faceva le sedute spiritiche, io ho un libricino di Vincenzo dove dentro ci sono scritte delle cose bellissime secondo me, in cui lui parla di spiritualità. Sai, io una seduta spiritica non la farei mai perché avrei il terrore. E poi mi ricordo di un quadro in casa sua con un gatto nero e io quando passavo davanti a quel quadro mi venivano i brividi. Era nella sala d’attesa. Non so perché lo aveva, non ho mai chiesto. Questo quadro so anche che è stato poi venduto per molti soldi. 
Ti viene in mente un aneddoto particolare?
Si, vi racconto questa cosa del cavallo, non so se l’avete mai sentita. Un giorno c’era un cavallo da abbattere perché era zoppo, ma anziché abbattere il cavallo zoppo è stato abbattuto un purosangue! Quella sera Vincenzo entrò in sala, e da qui si capisce bene anche un po’ la persona, e disse a tutti: ‘Mi raccomando godetevi queste bistecche perché ognuna vale 100.000 lire!’. Quello era un cavallo che valeva miliardi di lire.
Ma perché tu e tutti abbracciavate Vincenzo?
Quando era in Jeep era difficile incontrarlo ma in casa, quando finivo e me ne andavo me lo abbracciavo sempre, forse anche per la mancanza di un padre che non ce l’ho sempre avuto vicino. Ma lo abbracciavo anche senza dirgli nulla, me l’abbracciavo e basta, e anche i miei fratelli più piccoli lo facevano. Ho delle fotografie dei miei fratelli piccoli di 6-7 anni tutti intorno a lui, abbracciati a lui. Quando abbracciavo Vincenzo andavo via a un metro da terra. Mi sentivo forte. L’ultimo abbraccio è stato quello alla sbarra, quando sono andato via. È stato un abbraccio un po’ più lungo. Sarei rimasto tutta la vita, ma dovevo andare via. Ho sentito proprio quel distacco come se non l’avrei più rivisto, e dopo poco tempo lui è morto e… non l’ho più visto.

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